Oltre la chiesa di
S. Biagio, la più antica, Cittiglio ebbe parecchie altre chiese e Cappelle,
delle quali alcune sono ancora esistenti, altre furono distrutte. La fede dei
nostri antenati e l’opera di culto erano così vive che si può dire che ogni
gruppo di case volesse la sua chiesa o almeno la sua cappelletta. Fu così che
sorsero l’antica chiesa di S. Giulio, ora adibita ad uso profano ed in parte
distrutta, che fu dalla metà del Quattrocento al 1789 chiesa parrocchiale, le
chiesette di S. Silvestro e quella primitiva di S. Maria in Palanzana, di S.
Bernardo in Vararo, di S. Rocco alle Fracce, di S. Carlo dei Lovini e di S.
Antonio.
Durante la visita
del vescovo Andrea Ferrari nel 1892 in Valcuvia viene proposto ai parroci un
questionario che permette di focalizzare la situazione religiosa e sociale sul
finire dell’Ottocento. Il vescovo visita Cittiglio il 13 maggio e lo stesso
giorno si reca anche a Vararo; in questo periodo il parroco di Cittiglio è Don
Ferdinando Vanini, poco più che cinquantenne e fratello del Canonico della
Cattedrale di Como Don Vittorio, mentre a Vararo c'è il giovane prete Don
Gaetano Ronchi, fratello del Parroco di Brenta.
Il disagio nel
raggiungere Vararo viene rilevato anche in questa occasione; nonostante ci
siano nella vallata altri paesi distaccati dai centri abitati come Vararo,
questo è il solo che si raggiunge con un cammino di un’ora e mezza prendendo la
mulattiera che costeggiava il torrente San Giulio, da Cittiglio, oppure l’altra
mulattiera da Laveno.
Dal questionario
abbiamo anche notizie circa le pie associazioni esistenti in Cittiglio. Le pie
associazioni derivavano forse dalle antiche confraternite medioevali, soppresse
in epoca napoleonica. Queste furono modificate e sottoposte a rigoroso
controllo, prendendo il nome di confraternita del SS. Sacramento. In tutte le
parrocchie esistevano la confraternita del SS. Sacramento e un certo numero di
pie associazioni; a Cittiglio erano: Opera Pia Comunione Ripartitrice, Opera
Pia S. Infanzia e la società del Carmelo.
LA CHIESA DI SAN BIAGIO
Due pubblicazioni,
una in "Almanacco della provincia di Como" del 1848, di Perpenti e
l'altra del Volontè in "Varese Antica" parlano dei ritrovamenti a
Cittiglio di due iscrizioni romane, l'una che serviva da soglia alla chiesa di
San Biagio, l’altra sul muro di una stalla nella frazione omonima. Queste
iscrizioni in marmo, che ora si trovano al Museo Giovio di Como, parlano di
quadrumviri romani che probabilmente avevano scelto Cittiglio come luogo di
villeggiatura.
Le due iscrizioni
dicevano:
D
M
T. STATI - T - F -
PRISCI
IIII VIR
- I - H - COMO
F - G - B
e:
IVIR - I
- D - COMO
Il fatto che una
di queste iscrizioni romane si trovava tra il materiale di costruzione della
chiesa è d’indirizzo sull'antichità di questa, poiché, col propagarsi del
cristianesimo, i templi pagani venivano abbattuti, per ricavare il materiale
per nuove costruzioni, o trasformati, per adibirli al culto della nuova fede.
Sappiamo che il
cristianesimo si diffuse tra noi verso il V e VI secolo, specialmente in
seguito all’opera dei Santi fratelli Giulio prete e Giuliano diacono; si può
intuire che la chiesa sia stata costruita in seguito alla predicazione dei SS.
Giulio e Giuliano, e poi rifatta nello stile dell’attuale campanile nell’XI
secolo.
La chiesa di San
Biagio
E' certo che la chiesa di San Biagio fu l'antica
parrocchiale di Cittiglio e ciò risulta in modo sicuro da un istrumento del 27
aprile 1421 (citato da Giacinto Turazza, cenni storici, Como 1927). Lo
strumento porta in fronte il titolo: chiesa parrocchiale dei SS. Andrea
apostolo e Biagio in Cittiglio, ed è un atto di consegna dei beni posti nel
territorio di Cittiglio fatta dalla comunità alla chiesa dei SS. Andrea e
Biagio e per essa al Rev. Antonio Parravicini, a quel tempo beneficiario della
medesima. La popolazione, composta da piccoli proprietari terrieri, aveva
creato al suo Curato in S. Biagio il beneficio costituito da oltre cento
appezzamenti di terreno, parecchi dei quali a Vararo, che dipendeva in quel
periodo dalla parrocchiale di Cittiglio.
Prima di questo
già esisteva da un pezzo la chiesa, non solo, ma anche una curazia, ossia un
sacerdote che ufficiava la chiesa, a favore del quale andò costituendosi lungo
i tempi il beneficio di cui parla l’atto del 1421. Questo sacerdote dipendeva
dalla plebana di Cuvio e forse in qualche epoca fu un Canonico della
Collegiata, poiché, per ragione di lontananza dalla Pieve di alcune chiese,
queste furono provvedute di sacerdote con pieni poteri nella cura delle anime.
E' in questo secolo che la chiesa passò nelle mani dei Castel Besozzo, una
nobile famiglia besozzese, che ne fece un’importante abbazia per tutto il
circondario.
Nell’inventario
della Collegiata di S. Lorenzo in Cuvio si trova accennata all’11 giugno 1235
una notifica fatta per il Rev. Curato di Cittiglio a favore della chiesa di S.
Lorenzo; da questa nota appare che già nel 1235 esisteva un Curato a Cittiglio
e un beneficio, sul colle San Biagio, dove si trovava una fortezza della
famiglia nobile omonima, i Sanbiagio.
L’altare della chiesa
di San Biagio
Fin verso il XIV
secolo Cittiglio, come pure Gemonio, Brenta, Cabiaglio, Cassano e Cunardo fu
una Rettoria. Costituitosi poi il beneficio esso si staccò formalmente dalla
matrice di Canonica e formò parrocchia ma non si conosce l’epoca precisa.
Lo stile della
chiesa di S. Biagio risale all’XI secolo, al periodo romanico dal carattere più
arcaico, che nella nostra zona è caratterizzato dalle modeste dimensioni, dalla
canna liscia della torre campanaria priva di decorazioni, forata al piano della
cella da strette bifore con capitello a stampella e coperto da un tetto
appuntito; insieme alla chiesa dei SS. Primo e Feliciano di Leggiuno,
costituiscono gli esemplari più antichi del varesotto.
I primi documenti
che riguardano la chiesa di San Biagio sono del 1235, mentre si pensa che il
campanile risalga addirittura all’anno 1000. Quest’ultimo si colloca sul lato
sud/est della chiesetta; è alto 12 metri circa e abbellito da tre aperture a
bifora. La chiesa è costituita da una sola aula, con soffitto a quattro
capriate. Sul lato est un tempo era collocato l’altare, ma nel 1600 venne
spostato nella zona ovest, dov’è tuttora. Recenti lavori hanno rivelato,
infatti, la presenza dell’antico portone d’ingresso proprio in questo lato. Dal
punto di vista pittorico è da notare l’affresco sopra l’attuale ingresso (il
volo del profeta Elia) e sulla sommità della parete est della sacrestia,
entrambi dell’alto medioevo. Sopra l’altare invece una tela del 1600 raffigura
Maria e il Bambino con alcuni angeli, San Biagio Vescovo e Sant’Andrea
Apostolo.
Nel corso dei
secoli la chiesa di San Biagio è stata opera di restauri e interventi di
conservazione che proseguono tutt’oggi; oltre al rifacimento del tetto hanno
subito interventi il portone, il pavimento, l’ambone, l’altare e gli affreschi.
Oggi nella chiesa
si celebra settimanalmente una messa e viene aperta al pubblico solo in
determinati momenti, come ricorrenze o feste popolari.
LA CHIESA DI SAN GIULIO
Il Turazza nel suo
opuscolo su Cittiglio scriveva che "esaminato ciò che resta di
quell’antica chiesa, cioè la volta a crociera senza cordoni della navata
meridionale, una colonna che forse era sostegno dell’arco del presbiterio, la
base quadrata, lo spessore dei muri e la struttura del campanile possiamo
argomentare che era una costruzione della metà del quattrocento. In quel poco
che resta di essa si scorge il carattere dello stil nuovo che abbandona le arditezze del gotico e ritenta, con
diversi criteri, le vie classiche; mi figuro che i bravi costruttori di
Cittiglio, discendenti dai famosi Maestri Comacini che ornarono queste valli
con i loro belli edifici chiesastici (S. Pietro in Gemonio e S Ilario in
Bedero) abbiano riposto ogni cura nella costruzione della loro chiesa di S.
Giulio, Cittiglio ebbe così un più ampio e decoroso edificio sacro ed è
intuitivo che allora la cura parrocchiale da S. Biagio fu trasferita alla nuova
chiesa di S. Giulio".
Il luogo dove sorgeva
l’ex Parrocchiale di San Giulio
L'antica chiesa
era dedicata a San Giulio in onore del Santo che si adoperò nel IV secolo
all’evangelizzazione di queste zone e che, secondo la tradizione locale, passò
da Cittiglio nel suo cammino verso Orta.
Della chiesa si
hanno notizie da relazioni redatte in occasioni di visite pastorali dei Vescovi
e dall’archivio Comunale, in uno di essi, risalente al 1577, si legge che i
proprietari terrieri di Cittiglio avevano lo iuspatronato sulla chiesa di San
Giulio, con il conseguente diritto di eleggere il parroco.
La prima notizia
che abbiamo di questa chiesa è la descrizione della visita fatta dal Vescovo
Volpi nel 1571 e poi, quasi uguale del Niguarda (1592). "E' dedicata a San
Giulio prete ed è costruita in tre navi con tre altari di fronte a ciascuna
nave; ha grande campanile con due campane. Sopra l’altare maggiore, un
tabernacolo convenientemente decorato in oro nel quale si conserva il
Santissimo soltanto nel tempo delle Comunioni essendo la chiesa isolata e
malsicura".
La manutenzione di
questa chiesa dovette però essere stata molto trascurata, come appare dalle
annotazioni delle visite dei Vescovi, ed a poco a poco venne abbandonata.
Era sorta intanto
una bella figliale, la chiesa di S. Maria in Parenzana, la quale godette il
favore della nobile famiglia dei Lovini e nella quale ormai si tenevano tutte
le funzioni, ad eccezione dei battesimi, della comunione pasquale e delle
processioni, che ancora muovevano dalla S. Giulio.
Nel 1696 il
parroco nob. Carlo Lovini dichiara che la fabbrica di S. Giulio è vecchia e
fatta all’antica.
Nel 1713 il
Vescovo Olgiati, arrivato a Cittiglio nella sera del primo agosto, a cavallo di
una mula, fece una breve visita nella chiesa parrocchiale e pernottò nella casa
dei nobili Lovini. La mattina seguente visitò la chiesa di S. Maria, della quale
scrisse note lodative, ma della S. Giulio non lascio né osservazioni né ordini.
In un documento del 1788, il Bovara, ministro del culto a
Milano sotto l'Imperatore austriaco Giuseppe II, in ottemperanza alle leggi
dell’Imperatore, chiedeva che fosse eletta a parrocchiale Santa Maria, perché
San Giulio era troppo piccola e per di più posta fuori dal centro del paese e
quindi raggiungibile con un certo disagio da parte della popolazione. Per
ordine del Vescovo Mugiasca di Como Santa Maria fu designata nuova parrocchiale
dal 16 dicembre 1788, fino a quella data tale titolo spettava all’antica chiesa
di San Giulio, che fu alienata e volta ad uso profano.
La vecchia chiesa,
con l’unita casa parrocchiale, fu deliberata alla pubblica asta nell’aprile
1789 al sig. G. Battista Zoppis per il prezzo di lire imperiali 3730, della
quali tremila furono impiegate nell’acquisto della casa detta de' Giorgini di
proprietà dei fratelli Imperatori di Milano, e le altre 730 per le riparazioni
alla detta casa, affinché servisse da nuova abitazione al Parroco di Cittiglio.
Tutti gli arredi
sacri della vecchia San Giulio furono lì trasportati, furono svuotati persino i
sepolcri e le ossa vennero riposte nel cimitero che si trovava nei pressi della
chiesa stessa.
LA CHIESA DI SANTA MARIA IN PARANZANA
Nella località
dov'è ora la parrocchiale che nelle antiche carte è chiamata Palanzana, o
Parazzana, verso la metà del 1500 si trovano due chiesette vicine, una detta di
San Silvestro e l’altra di Santa Maria.
Della chiesetta di
S. Silvestro si sa che in quell’epoca era già antica e si trovava in cattive
condizioni statiche, col tetto cadente, senza porte, con un misero altare e
senza campana. Venne demolita quando si trattò di costruire la nuova
parrocchia.
Una tradizione,
raccolta dal Parroco Gaetano Zinzer e comunicata al Vescovo Mugiasca nel 1780,
narra che in questo luogo esisteva un antico pilone con un affresco
rappresentante la SS. Vergine col Bambino; pregando dinanzi a questa effige una
pastorella sordomuta ottenne in grazia l’uso della parola. Si dice che i
parenti per gratitudine abbiano eretto la chiesetta, della quale il ricordato
pilone con la venerata Immagine divenne la fronte dell’altare centrale e che a
quest’opera concorse largamente la pietà dei fedeli mossi da altre grazie
ricevute.
Fin qui la
tradizione.
Nel 1571 la chiesa
esisteva ed era già cadente. Nei documenti delle visite pastorali di
quell’epoca ci viene descritta così: "La chiesa della B. Vergine Maria in
Palanzana è antica con tre altari; in una nicchia dell’Altare maggiore è
dipinta l’effigie di Maria. Ha un confessionale, vasca per l’acqua benedetta e
sopra la porta maggiore ha due pilastri che sostengono una piccola
campana".
Aveva un legato di
venti brente che nel cinquecento veniva pagato dai Verganti e poi dagli eredi
dei Giacobini di Cittiglio.
La chiesa
Parrocchiale di San Giulio (ex Santa Maria)
Nel 1571 il
Vescovo di Como Gian Antonio Volpi e nel 1578 il Visitatore Apostolico Mons.
Bonomi, viste le cattive condizioni delle tre chiese di S. Giulio, che era
allora parrocchia, di S. Maria e di S. Silvestro, ordinarono che fossero
restaurate; ma l’ordine non venne eseguito, forse perché i restauri di tre
chiese superavano le possibilità e perché gli animi erano divisi propendendo
alcuni per i restauri alla parrocchiale di S. Giulio, altri a S. Maria.
Nel 1592 il
Vescovo Niguarda nella sua Visita osserva che la chiesa di S. Maria è assai in
cattivo stato e prescrive che sia restaurata e nella S. Silvestro proibisce di
celebrare.
Nel 1599 Mons.
Filippo Archinti si mostra più deciso e dichiara che sarebbe buona cosa
demolire le due vicine chiesette di S. Maria e di S. Silvestro e adoperare il
materiale per la chiesa matrice di S. Giulio, che ne ha gran bisogno. Intanto
ordina che quella di S. Maria sia restaurata altrimenti, scrive: "il
Curato di Cittiglio dia relazione al sig. Prevosto di Cuvio di quello che può
fare il Comune, perché delibereremo, conformemente alle deliberazioni loro, che
cosa si debba fare della detta chiesa".
L’intimazione di Mons. Archinti fruttò la concordia degli
animi sul gentile pensiero di costruire una vasta chiesa nella quale fosse
conservata l’Immagine di Maria, già venerata sotto il titolo di Madonna delle
Grazie. Infatti, conforme alla presa decisione, nei primi anni del 1600
comincia la costruzione della bella fabbrica (l’attuale), nella quale fu
trasportato il dipinto murale della Madonna.
In spirito di
unione troviamo nella costruzione congiunti i fattivi incoraggiamenti di
consecutivi parroci di Cittiglio, che furono Ludovico Cassini, nativo di
Brenta, dal 1580 al 1618 e Giovanni Antonio Quadrio nativo di Ponte, dal '18 al
'31; troviamo l’unanime, affettuoso, spontaneo sforzo del popolo, il sapiente
lavoro dei muratori locali e vi troviamo anche la cooperazione di tre famiglie
facoltose domiciliate in luogo.
A questo proposito
il Turazza trova nell’Archivio della Curia di Como una nota che ci offre molta
luce non solo per la costruzione della Santa Maria, ma anche per quelle opere
d’arte che in seguito vennero a decorarla. La nota dice: "Quando si stava
deliberando sulla erigenda chiesa, e ne era tracciato il perimetro, furono
elette due delle primarie e benestanti famiglie della comunità, i Pisciota ed i
Da San Biagio, alle quali fu demandato l’incarico di sopravegliare alla
fabbrica e perciò furono chiamati fabbricieri. Nel contempo una famiglia del
nobile casato dei De Luinis, dalla
fornacia di Caravate si trasportò in Cittiglio alle Fracce e tosto domandò ed
ottenne di associarsi agli assistenti della fabbrica che si stava erigendo;
questa famiglia cooperò non solo con elargizioni per il compimento dell’opera,
ma in seguito anche con ogni sollecitudine per adornarla".
Nel 1627 il
Vescovo Carfino, nella sua prima Visita, trova la nuova chiesa di S. Maria e se
ne compiace; ma osserva che è mal coperta e con poca gronda; perciò esorta che
"adesso che si sta ancora lavorando si provveda di ripararla e aggiustarla
in modo che si possa mantenere a lungo nel tempo".
Allora questa
chiesa, in forza di un legato di Messa quotidiana disposto dal sig. Camillo
Luvini, aveva per cappellano un Don Nicola Botta, il quale aveva l’obbligo di
coadiuvare il Curato di S. Giulio nella cura delle anime, nelle funzioni e
specialmente per la Dottrina Cristiana.
Nel 1643 lo stesso
Vescovo trova la chiesa finita e scrive: "La chiesa di S. Maria è
costruita a volta, elegantissima e degna piuttosto di una città che di un
villaggio". Era così ammirato del bell’edificio che ordina: "La sacra
torre ossia il campanile che si sta costruendo con grande spesa, venga elevato,
così che non oscuri la struttura della chiesa".
Il campanile visto da
Villa Corti
In quest’occasione
il Vescovo erige in Santa Maria la Confraternita sotto l’invocazione della B.
Vergine, che tosto verrà unita all’Arciconfraternita del Carmelo e poi con la
Confraternita del Santissimo e della Dottrina già erette in S. Giulio.
Nel 1696 il
Vescovo Bonesana lasciava scritto che l’oratorio della Madonna del Carmelo
(così si chiamava la chiesa di S. Maria, esistendo ancora la parrocchiale di S.
Giulio) è di grande devozione, vi concorrono molte persone e che la festa si fa
alla Purificazione il 2 febbraio".
L’interno e l’altare
Il 4 giugno del
1702 lo stesso Mons. Bonesana visita questa chiesa e la descrizione che ne fa è
importantissima: "è di forma elegante, fatta a volta, bene illuminata,
recentemente decorata, così che presenta in ogni sua parte la magnificenza e il
decoro". Dichiara che ha cinque cappelle... che la cappella a destra è
dedicata alla Madonna del Carmelo, con statua nella nicchia chiusa da vetrata.
Vicino a questa cappella osserva un altariolo che presenta sulla parete
l’immagine della stessa SS. Vergine, coperta da vetri.
In questa visita
il Vescovo trova delle novità artistiche che descrive: "L’altare maggiore,
che ha al posto dell’icona, un tabenacolo di legno grande, indorato,
elegantemente lavorato" poi ammira ancora: "presso la cappella della
Madonna, il pulpito elegantissime incisus,
ossia intagliato elegantissimamente".
L’organo
La chiesa di San
Giulio è costruita secondo lo stile barocco; nel 1703 fu costruito il pronao
d’ingresso, sorretto da due coppie di colonne binate.
Nel 1713 quando
viene il Vescovo Olgiati vi trova anche l’organo sopra l’ingresso, con una
cantoria ottimamente lavorata. Quest’opera è a cinque campate; ai lati quattro
statue sorreggono le cornici, figure di angeli mettono in risalto la statua
della Madonna, posta sopra la cassa d’organo, tutto è circondato da fiori
intagliati a rilievo.
Sono le opere
d’arte che ancora oggi si ammirano nella chiesa di S. Maria di Cittiglio, che
furono compite fra il 1702 ed il 1713, caratteristiche di quell’inizio del
settecento, quando il barocco si ingentiliva e, pur perdendo in grandiosità, guadagnava
in eleganza con stile eminentemente decorativo.
La cantoria, il
pulpito, rappresentante la Presentazione al Tempio di Gesù, e l’altare sono
tutte opere dell’intagliatore varesino Bernardino Castelli, da Velate, che li
modella secondo i principi del Settecento.
Grazie a Vincenzo
Mascioni nel 1907 la trasmissione meccanica dell’organo viene sostituita dalla
più pratica e moderna trasmissione pneumatica - tubolare, che consente inoltre
una dislocazione più libera della consolle,
ossia le tastiere e i comandi dei registri. Questi sono portati sul lato destro
permettendo maggiore comodità per l’accompagnamento delle funzioni liturgiche,
visto che prima di allora l’esecutore era costretto in posizione centrale,
davanti alle canne, e di spalle all’altare.
Assai
probabilmente queste opere sono dovute alla munificenza dei Luini; ciò si
argomenta dal fatto che dal 1676 al 1708 fu Parroco di Cittiglio il nob. Carlo
Cesare Luini di Camillo II, e nello stesso anno gli succedette il nipote Anton
Vittorio che fu Parroco fino al 1775.
Nella chiesa si
ammira ancora il quadro della B. Vergine, forse l’antichissimo rifatto da
ignoto ma valente pennello e altri quadri della Scuola del Procaccini.
Il pulpito
Nel 1907 veniva
sistemata la facciata con un disegno dell’architetto Luca Beltrami e nel primo
dopoguerra, intorno al 1925, abbiamo alcuni rilevanti interventi sul
monumentale altare maggiore, in quanto si trovava in precarie condizioni,
necessitando di un restauro. Don Adolfo Molteni affida i ritocchi ai fratelli
Onorato e Fortunato Ferrari di Ponte di Legno, che lo riportarono agli antichi
splendori. La chiesa ha un grande campanile con otto campane. Nel 1934 don
Molteni fece erigere un’imponente croce di marmo accanto all’ingresso della
chiesa parrocchiale, a ricordo del XIX centenario della redenzione.
Il campanile, alto
circa 27 metri, si trova a nord/est e ha otto campane.
Negli ultimi anni
la chiesa di San Giulio prete è stata vittima di alcuni furti che l’hanno
privata delle sei tele della scuola del Procaccini che si trovavano ai lati
dell’altare, di varie statue, sempre sull’altare e dei quindici quadretti in
legno rappresentanti la Via Crucis, ora sostituiti da nuovi fatti dal falegname
Caporali.
LA CHIESA DI SAN BERNARDO (VARARO)
La chiesa di San Bernardo di Vararo faceva
parte della Pieve di San Lorenzo di Cuvio, centro religioso di tutta la valle.
La presenza di una
chiesa e di un sacerdote stabile a Vararo è documentata dalla relazione
lasciataci dal Vescovo Niguarda, durante la sua visita pastorale ai paesi
valcuviani nell’anno 1592. Nella descrizione la chiesa veniva indicata come
cappella, essa possedeva un piccolo campanile con una sola campana, era dotata
di un battistero, di un confessionale e di un’acquasantiera.
Già risultava a
Vararo un cappellano residente di nome Bernardo Ariolo, nativo del paese; la
sussistenza del sacerdote era assicurata in parte dagli abitanti e in parte dal
presbitero (prevosto) Geronimo della Pieve di S. Lorenzo. Da un punto di vista
ecclesiastico, invece, la comunità di Vararo dipendeva dalla parrocchia di San
Giulio a Cittiglio.
La chiesa di San
Bernardo
La presenza di un
sacerdote stabile non doveva essere però continuativa, visto che la comunità
inoltrò, in data 10 luglio 1755, la richiesta al Vescovo di Como al fine di
elevare la loro chiesa da cappella a parrocchia, appoggiati dal canonico
Antonio Pelozzi. La richiesta fu accolta e con documento recante la data 22
luglio 1778, poiché la nomina spettava alla Comunità di Vararo, si procedette
all’elezione secondo la procedura di quel tempo per le comunità cui spettava
questo diritto.
Dopo gli immancabili dibattiti e gli errori burocratici, la
vicenda si protrasse fino a concludersi il 16 novembre 1778, quando si giunse
all’elezione del parroco Rev. Salvatore Pozzi.
L’antica cappella
di San Bernardo descritta dal Niguarda alla fine del '700 versava in uno stato
deplorevole e decadente. Gli abitanti di Vararo pertanto inviarono in data 9
novembre 1794 una richiesta di caritatevole soccorso alla Regia Conferenza
Governativa, per rimediare alle imminenti rovine della rispettiva chiesa
parrocchiale. Qualche anno dopo, nel 1796, come si apprende dal Monti, per
ordine del Mons. Rovelli, fu possibile procedere all’edificazione della nuova chiesa,
giunta, nella sua primitiva forma, sino a noi.
La chiesetta di
San Bernardo sorge su un piccolo poggio, in posizione periferica rispetto
all’abitato di Vararo e, per la sua semplicità architettonica, si inserisce
bene nell’ambiente circostante.
Il portico e il
campanile
L’edificio, ad una
sola navata, si conclude con una piccola abside semicircolare; sul lato nord si
eleva un campanile di modeste dimensioni, a pianta quadrata e a fusto liscio,
con una sola apertura (monofora), accorpato alla costruzione stessa. La
facciata, intonacata, come il resto dell’edificio, è arricchita da un protiro
sorretto da due colonne (protiro).
Sopra il portale è
visibile un affresco raffigurante San Bernardo, risalente al 1870 circa, di
buona fattura.
Recentemente, sul
lato a sud all’esterno, è stato eseguito un affresco ad opera del pittore
cittigliese Renato Giorgini. Il sagrato e il lato sud sono delimitati da un
basso muro dal quale si intravedono la valle sottostante, formata dal torrente
San Giulio e dai suoi affluenti, e il monte Sasso del Ferro.
La chiesa,
ultimamente restaurata, anche alle pareti affrescate, si presenta attualmente
abbastanza fedele alla veste originaria.
L’interno riflette
l’impostazione della sua origine settecentesca, presentando una decorazione
sobria che tende a mettere in evidenza le modanature delle strutture
architettoniche portanti. Tale decorazione è stata rinnovata nel 1986 dal già
citato Giorgini.
In due lunette,
poste ai lati dell’altare su cui capeggia la statua di Maria Ausiliatrice, sono
collocate le statue di San Bernardo e San Giuseppe col Bambino.
Sul lato destro
della navata si aprono una piccola cappella, la sagrestia e i locali ora
utilizzati, in occasione della festa di San Bernardo, per le offerte al Santo e
che una volta era la casa del Reverendo.
La chiesa è stata
utilizzata nel 1978 come ambientazione del film "Tigre contro tigre",
una commedia ad episodi in cui Renato Pozzetto, interpreta il prete di un
paesino di montagna.
LA CAPPELLA DI SAN ROCCO
E' una cappella
campestre alle Fracce, che probabilmente fu costruita in occasione della peste
che nel 1630 desolò il paese. Ora è stata mutata in elegante cappellina
funeraria della famiglia dei Luvini, ma la località conserva ancora la denominazione
di S. Rocco, e per questo titolo è tuttora stazione delle Rogazioni.
L’ORATORIO DI SAN CARLO
Questo era la
cappella privata della casa signorile dei Luini, non si sa quando costruita. Si
sa soltanto che in data 13 maggio 1774 il dott. Ercole Camillo Luvini ottiene
da Papa Clemente XIV un Breve per la celebrazione di due Messe settimanali in
quest’oratorio di famiglia.
In una nota del
1894 alla visita del Vescovo Niguarda si legge che era in sfacelo. Poi fu usato
da ripostiglio.
Nel 1904,
nell’occasione della venuta delle Suore di Brescia, Ancelle della Carità,
chiamate per l'assistenza dell’ospedale, per cura del Parroco Vanini, veniva
ritornato al culto e restaurato.
I restauri furono
continuati specialmente tra il 1910 e 1920 per opera di quell’anima generosa
che fu Madre Costanza Fogagnolo, ed ora si presenta ben decorato e tenuto, con
un bell’altare in cui si conserva il SS. Sacramento.
All’iniziativa del
Parroco Ferdinando Vanini si deve, nel 1884, l’Asilo Infantile, uno dei primi
della valle, che nel 1904 fu affidato alle amorose cure delle Rev.de Ancelle
della Carità.
LA CAPPELLA DI SAN ANTONIO
Si tratta della
cappella posta a Cittiglio alto, in quella che è nota oggi come Villa
Ripamonti. Questa cappella che è ancora in buono stato di manutenzione fu
eretta dal sig. Desiderio Perabò, marito di Cecilia Luvini fu Galeazzo, che la
dotò con un legato di due Messe.
Più tardi per le
leggi di soppressione i beni e gli oneri passarono alla Deputazione Provinciale
di Como. Da parecchi anni non è più adibita al culto.