Chiese (1100-1700)


   Oltre la chiesa di S. Biagio, la più antica, Cittiglio ebbe parecchie altre chiese e Cappelle, delle quali alcune sono ancora esistenti, altre furono distrutte. La fede dei nostri antenati e l’opera di culto erano così vive che si può dire che ogni gruppo di case volesse la sua chiesa o almeno la sua cappelletta. Fu così che sorsero l’antica chiesa di S. Giulio, ora adibita ad uso profano ed in parte distrutta, che fu dalla metà del Quattrocento al 1789 chiesa parrocchiale, le chiesette di S. Silvestro e quella primitiva di S. Maria in Palanzana, di S. Bernardo in Vararo, di S. Rocco alle Fracce, di S. Carlo dei Lovini e di S. Antonio.
   Durante la visita del vescovo Andrea Ferrari nel 1892 in Valcuvia viene proposto ai parroci un questionario che permette di focalizzare la situazione religiosa e sociale sul finire dell’Ottocento. Il vescovo visita Cittiglio il 13 maggio e lo stesso giorno si reca anche a Vararo; in questo periodo il parroco di Cittiglio è Don Ferdinando Vanini, poco più che cinquantenne e fratello del Canonico della Cattedrale di Como Don Vittorio, mentre a Vararo c'è il giovane prete Don Gaetano Ronchi, fratello del Parroco di Brenta.
   Il disagio nel raggiungere Vararo viene rilevato anche in questa occasione; nonostante ci siano nella vallata altri paesi distaccati dai centri abitati come Vararo, questo è il solo che si raggiunge con un cammino di un’ora e mezza prendendo la mulattiera che costeggiava il torrente San Giulio, da Cittiglio, oppure l’altra mulattiera da Laveno.
   Dal questionario abbiamo anche notizie circa le pie associazioni esistenti in Cittiglio. Le pie associazioni derivavano forse dalle antiche confraternite medioevali, soppresse in epoca napoleonica. Queste furono modificate e sottoposte a rigoroso controllo, prendendo il nome di confraternita del SS. Sacramento. In tutte le parrocchie esistevano la confraternita del SS. Sacramento e un certo numero di pie associazioni; a Cittiglio erano: Opera Pia Comunione Ripartitrice, Opera Pia S. Infanzia e la società del Carmelo.

LA CHIESA DI SAN BIAGIO

   Due pubblicazioni, una in "Almanacco della provincia di Como" del 1848, di Perpenti e l'altra del Volontè in "Varese Antica" parlano dei ritrovamenti a Cittiglio di due iscrizioni romane, l'una che serviva da soglia alla chiesa di San Biagio, l’altra sul muro di una stalla nella frazione omonima. Queste iscrizioni in marmo, che ora si trovano al Museo Giovio di Como, parlano di quadrumviri romani che probabilmente avevano scelto Cittiglio come luogo di villeggiatura.
   Le due iscrizioni dicevano:
          D                                              M
T.   STATI       - T       -             F - PRISCI
    IIII  VIR         -  I       -          H - COMO
                   F       -   G      -         B
e:
   IVIR -     I      -     D    -       COMO

   Il fatto che una di queste iscrizioni romane si trovava tra il materiale di costruzione della chiesa è d’indirizzo sull'antichità di questa, poiché, col propagarsi del cristianesimo, i templi pagani venivano abbattuti, per ricavare il materiale per nuove costruzioni, o trasformati, per adibirli al culto della nuova fede.
   Sappiamo che il cristianesimo si diffuse tra noi verso il V e VI secolo, specialmente in seguito all’opera dei Santi fratelli Giulio prete e Giuliano diacono; si può intuire che la chiesa sia stata costruita in seguito alla predicazione dei SS. Giulio e Giuliano, e poi rifatta nello stile dell’attuale campanile nell’XI secolo.

  
La chiesa di San Biagio

E' certo che la chiesa di San Biagio fu l'antica parrocchiale di Cittiglio e ciò risulta in modo sicuro da un istrumento del 27 aprile 1421 (citato da Giacinto Turazza, cenni storici, Como 1927). Lo strumento porta in fronte il titolo: chiesa parrocchiale dei SS. Andrea apostolo e Biagio in Cittiglio, ed è un atto di consegna dei beni posti nel territorio di Cittiglio fatta dalla comunità alla chiesa dei SS. Andrea e Biagio e per essa al Rev. Antonio Parravicini, a quel tempo beneficiario della medesima. La popolazione, composta da piccoli proprietari terrieri, aveva creato al suo Curato in S. Biagio il beneficio costituito da oltre cento appezzamenti di terreno, parecchi dei quali a Vararo, che dipendeva in quel periodo dalla parrocchiale di Cittiglio.
   Prima di questo già esisteva da un pezzo la chiesa, non solo, ma anche una curazia, ossia un sacerdote che ufficiava la chiesa, a favore del quale andò costituendosi lungo i tempi il beneficio di cui parla l’atto del 1421. Questo sacerdote dipendeva dalla plebana di Cuvio e forse in qualche epoca fu un Canonico della Collegiata, poiché, per ragione di lontananza dalla Pieve di alcune chiese, queste furono provvedute di sacerdote con pieni poteri nella cura delle anime. E' in questo secolo che la chiesa passò nelle mani dei Castel Besozzo, una nobile famiglia besozzese, che ne fece un’importante abbazia per tutto il circondario.
   Nell’inventario della Collegiata di S. Lorenzo in Cuvio si trova accennata all’11 giugno 1235 una notifica fatta per il Rev. Curato di Cittiglio a favore della chiesa di S. Lorenzo; da questa nota appare che già nel 1235 esisteva un Curato a Cittiglio e un beneficio, sul colle San Biagio, dove si trovava una fortezza della famiglia nobile omonima, i Sanbiagio.

 
L’altare della chiesa di San Biagio

 Fin verso il XIV secolo Cittiglio, come pure Gemonio, Brenta, Cabiaglio, Cassano e Cunardo fu una Rettoria. Costituitosi poi il beneficio esso si staccò formalmente dalla matrice di Canonica e formò parrocchia ma non si conosce l’epoca precisa. 
 Lo stile della chiesa di S. Biagio risale all’XI secolo, al periodo romanico dal carattere più arcaico, che nella nostra zona è caratterizzato dalle modeste dimensioni, dalla canna liscia della torre campanaria priva di decorazioni, forata al piano della cella da strette bifore con capitello a stampella e coperto da un tetto appuntito; insieme alla chiesa dei SS. Primo e Feliciano di Leggiuno, costituiscono gli esemplari più antichi del varesotto.
   I primi documenti che riguardano la chiesa di San Biagio sono del 1235, mentre si pensa che il campanile risalga addirittura all’anno 1000. Quest’ultimo si colloca sul lato sud/est della chiesetta; è alto 12 metri circa e abbellito da tre aperture a bifora. La chiesa è costituita da una sola aula, con soffitto a quattro capriate. Sul lato est un tempo era collocato l’altare, ma nel 1600 venne spostato nella zona ovest, dov’è tuttora. Recenti lavori hanno rivelato, infatti, la presenza dell’antico portone d’ingresso proprio in questo lato. Dal punto di vista pittorico è da notare l’affresco sopra l’attuale ingresso (il volo del profeta Elia) e sulla sommità della parete est della sacrestia, entrambi dell’alto medioevo. Sopra l’altare invece una tela del 1600 raffigura Maria e il Bambino con alcuni angeli, San Biagio Vescovo e Sant’Andrea Apostolo.
   Nel corso dei secoli la chiesa di San Biagio è stata opera di restauri e interventi di conservazione che proseguono tutt’oggi; oltre al rifacimento del tetto hanno subito interventi il portone, il pavimento, l’ambone, l’altare e gli affreschi.
   Oggi nella chiesa si celebra settimanalmente una messa e viene aperta al pubblico solo in determinati momenti, come ricorrenze o feste popolari.

LA CHIESA DI SAN GIULIO

   Il Turazza nel suo opuscolo su Cittiglio scriveva che "esaminato ciò che resta di quell’antica chiesa, cioè la volta a crociera senza cordoni della navata meridionale, una colonna che forse era sostegno dell’arco del presbiterio, la base quadrata, lo spessore dei muri e la struttura del campanile possiamo argomentare che era una costruzione della metà del quattrocento. In quel poco che resta di essa si scorge il carattere dello stil nuovo che abbandona le arditezze del gotico e ritenta, con diversi criteri, le vie classiche; mi figuro che i bravi costruttori di Cittiglio, discendenti dai famosi Maestri Comacini che ornarono queste valli con i loro belli edifici chiesastici (S. Pietro in Gemonio e S Ilario in Bedero) abbiano riposto ogni cura nella costruzione della loro chiesa di S. Giulio, Cittiglio ebbe così un più ampio e decoroso edificio sacro ed è intuitivo che allora la cura parrocchiale da S. Biagio fu trasferita alla nuova chiesa di S. Giulio".

Il luogo dove sorgeva l’ex Parrocchiale di San Giulio

   L'antica chiesa era dedicata a San Giulio in onore del Santo che si adoperò nel IV secolo all’evangelizzazione di queste zone e che, secondo la tradizione locale, passò da Cittiglio nel suo cammino verso Orta.
   Della chiesa si hanno notizie da relazioni redatte in occasioni di visite pastorali dei Vescovi e dall’archivio Comunale, in uno di essi, risalente al 1577, si legge che i proprietari terrieri di Cittiglio avevano lo iuspatronato sulla chiesa di San Giulio, con il conseguente diritto di eleggere il parroco.
   La prima notizia che abbiamo di questa chiesa è la descrizione della visita fatta dal Vescovo Volpi nel 1571 e poi, quasi uguale del Niguarda (1592). "E' dedicata a San Giulio prete ed è costruita in tre navi con tre altari di fronte a ciascuna nave; ha grande campanile con due campane. Sopra l’altare maggiore, un tabernacolo convenientemente decorato in oro nel quale si conserva il Santissimo soltanto nel tempo delle Comunioni essendo la chiesa isolata e malsicura".
   La manutenzione di questa chiesa dovette però essere stata molto trascurata, come appare dalle annotazioni delle visite dei Vescovi, ed a poco a poco venne abbandonata.
   Era sorta intanto una bella figliale, la chiesa di S. Maria in Parenzana, la quale godette il favore della nobile famiglia dei Lovini e nella quale ormai si tenevano tutte le funzioni, ad eccezione dei battesimi, della comunione pasquale e delle processioni, che ancora muovevano dalla S. Giulio.
   Nel 1696 il parroco nob. Carlo Lovini dichiara che la fabbrica di S. Giulio è vecchia e fatta all’antica.
   Nel 1713 il Vescovo Olgiati, arrivato a Cittiglio nella sera del primo agosto, a cavallo di una mula, fece una breve visita nella chiesa parrocchiale e pernottò nella casa dei nobili Lovini. La mattina seguente visitò la chiesa di S. Maria, della quale scrisse note lodative, ma della S. Giulio non lascio né osservazioni né ordini.
In un documento del 1788, il Bovara, ministro del culto a Milano sotto l'Imperatore austriaco Giuseppe II, in ottemperanza alle leggi dell’Imperatore, chiedeva che fosse eletta a parrocchiale Santa Maria, perché San Giulio era troppo piccola e per di più posta fuori dal centro del paese e quindi raggiungibile con un certo disagio da parte della popolazione. Per ordine del Vescovo Mugiasca di Como Santa Maria fu designata nuova parrocchiale dal 16 dicembre 1788, fino a quella data tale titolo spettava all’antica chiesa di San Giulio, che fu alienata e volta ad uso profano.
   La vecchia chiesa, con l’unita casa parrocchiale, fu deliberata alla pubblica asta nell’aprile 1789 al sig. G. Battista Zoppis per il prezzo di lire imperiali 3730, della quali tremila furono impiegate nell’acquisto della casa detta de' Giorgini di proprietà dei fratelli Imperatori di Milano, e le altre 730 per le riparazioni alla detta casa, affinché servisse da nuova abitazione al Parroco di Cittiglio.
   Tutti gli arredi sacri della vecchia San Giulio furono lì trasportati, furono svuotati persino i sepolcri e le ossa vennero riposte nel cimitero che si trovava nei pressi della chiesa stessa.

LA CHIESA DI SANTA MARIA IN PARANZANA


   Nella località dov'è ora la parrocchiale che nelle antiche carte è chiamata Palanzana, o Parazzana, verso la metà del 1500 si trovano due chiesette vicine, una detta di San Silvestro e l’altra di Santa Maria.
   Della chiesetta di S. Silvestro si sa che in quell’epoca era già antica e si trovava in cattive condizioni statiche, col tetto cadente, senza porte, con un misero altare e senza campana. Venne demolita quando si trattò di costruire la nuova parrocchia.
   Una tradizione, raccolta dal Parroco Gaetano Zinzer e comunicata al Vescovo Mugiasca nel 1780, narra che in questo luogo esisteva un antico pilone con un affresco rappresentante la SS. Vergine col Bambino; pregando dinanzi a questa effige una pastorella sordomuta ottenne in grazia l’uso della parola. Si dice che i parenti per gratitudine abbiano eretto la chiesetta, della quale il ricordato pilone con la venerata Immagine divenne la fronte dell’altare centrale e che a quest’opera concorse largamente la pietà dei fedeli mossi da altre grazie ricevute.
   Fin qui la tradizione.
   Nel 1571 la chiesa esisteva ed era già cadente. Nei documenti delle visite pastorali di quell’epoca ci viene descritta così: "La chiesa della B. Vergine Maria in Palanzana è antica con tre altari; in una nicchia dell’Altare maggiore è dipinta l’effigie di Maria. Ha un confessionale, vasca per l’acqua benedetta e sopra la porta maggiore ha due pilastri che sostengono una piccola campana".
   Aveva un legato di venti brente che nel cinquecento veniva pagato dai Verganti e poi dagli eredi dei Giacobini di Cittiglio.

  
La chiesa Parrocchiale di San Giulio (ex Santa Maria)

   Nel 1571 il Vescovo di Como Gian Antonio Volpi e nel 1578 il Visitatore Apostolico Mons. Bonomi, viste le cattive condizioni delle tre chiese di S. Giulio, che era allora parrocchia, di S. Maria e di S. Silvestro, ordinarono che fossero restaurate; ma l’ordine non venne eseguito, forse perché i restauri di tre chiese superavano le possibilità e perché gli animi erano divisi propendendo alcuni per i restauri alla parrocchiale di S. Giulio, altri a S. Maria.
   Nel 1592 il Vescovo Niguarda nella sua Visita osserva che la chiesa di S. Maria è assai in cattivo stato e prescrive che sia restaurata e nella S. Silvestro proibisce di celebrare.
   Nel 1599 Mons. Filippo Archinti si mostra più deciso e dichiara che sarebbe buona cosa demolire le due vicine chiesette di S. Maria e di S. Silvestro e adoperare il materiale per la chiesa matrice di S. Giulio, che ne ha gran bisogno. Intanto ordina che quella di S. Maria sia restaurata altrimenti, scrive: "il Curato di Cittiglio dia relazione al sig. Prevosto di Cuvio di quello che può fare il Comune, perché delibereremo, conformemente alle deliberazioni loro, che cosa si debba fare della detta chiesa".
L’intimazione di Mons. Archinti fruttò la concordia degli animi sul gentile pensiero di costruire una vasta chiesa nella quale fosse conservata l’Immagine di Maria, già venerata sotto il titolo di Madonna delle Grazie. Infatti, conforme alla presa decisione, nei primi anni del 1600 comincia la costruzione della bella fabbrica (l’attuale), nella quale fu trasportato il dipinto murale della Madonna.
   In spirito di unione troviamo nella costruzione congiunti i fattivi incoraggiamenti di consecutivi parroci di Cittiglio, che furono Ludovico Cassini, nativo di Brenta, dal 1580 al 1618 e Giovanni Antonio Quadrio nativo di Ponte, dal '18 al '31; troviamo l’unanime, affettuoso, spontaneo sforzo del popolo, il sapiente lavoro dei muratori locali e vi troviamo anche la cooperazione di tre famiglie facoltose domiciliate in luogo.
   A questo proposito il Turazza trova nell’Archivio della Curia di Como una nota che ci offre molta luce non solo per la costruzione della Santa Maria, ma anche per quelle opere d’arte che in seguito vennero a decorarla. La nota dice: "Quando si stava deliberando sulla erigenda chiesa, e ne era tracciato il perimetro, furono elette due delle primarie e benestanti famiglie della comunità, i Pisciota ed i Da San Biagio, alle quali fu demandato l’incarico di sopravegliare alla fabbrica e perciò furono chiamati fabbricieri. Nel contempo una famiglia del nobile casato dei De Luinis, dalla fornacia di Caravate si trasportò in Cittiglio alle Fracce e tosto domandò ed ottenne di associarsi agli assistenti della fabbrica che si stava erigendo; questa famiglia cooperò non solo con elargizioni per il compimento dell’opera, ma in seguito anche con ogni sollecitudine per adornarla".
   Nel 1627 il Vescovo Carfino, nella sua prima Visita, trova la nuova chiesa di S. Maria e se ne compiace; ma osserva che è mal coperta e con poca gronda; perciò esorta che "adesso che si sta ancora lavorando si provveda di ripararla e aggiustarla in modo che si possa mantenere a lungo nel tempo".
   Allora questa chiesa, in forza di un legato di Messa quotidiana disposto dal sig. Camillo Luvini, aveva per cappellano un Don Nicola Botta, il quale aveva l’obbligo di coadiuvare il Curato di S. Giulio nella cura delle anime, nelle funzioni e specialmente per la Dottrina Cristiana.
   Nel 1643 lo stesso Vescovo trova la chiesa finita e scrive: "La chiesa di S. Maria è costruita a volta, elegantissima e degna piuttosto di una città che di un villaggio". Era così ammirato del bell’edificio che ordina: "La sacra torre ossia il campanile che si sta costruendo con grande spesa, venga elevato, così che non oscuri la struttura della chiesa".
Il campanile visto da Villa Corti

   In quest’occasione il Vescovo erige in Santa Maria la Confraternita sotto l’invocazione della B. Vergine, che tosto verrà unita all’Arciconfraternita del Carmelo e poi con la Confraternita del Santissimo e della Dottrina già erette in S. Giulio.
   Nel 1696 il Vescovo Bonesana lasciava scritto che l’oratorio della Madonna del Carmelo (così si chiamava la chiesa di S. Maria, esistendo ancora la parrocchiale di S. Giulio) è di grande devozione, vi concorrono molte persone e che la festa si fa alla Purificazione il 2 febbraio".

L’interno e l’altare

  Il 4 giugno del 1702 lo stesso Mons. Bonesana visita questa chiesa e la descrizione che ne fa è importantissima: "è di forma elegante, fatta a volta, bene illuminata, recentemente decorata, così che presenta in ogni sua parte la magnificenza e il decoro". Dichiara che ha cinque cappelle... che la cappella a destra è dedicata alla Madonna del Carmelo, con statua nella nicchia chiusa da vetrata. Vicino a questa cappella osserva un altariolo che presenta sulla parete l’immagine della stessa SS. Vergine, coperta da vetri.
   In questa visita il Vescovo trova delle novità artistiche che descrive: "L’altare maggiore, che ha al posto dell’icona, un tabenacolo di legno grande, indorato, elegantemente lavorato" poi ammira ancora: "presso la cappella della Madonna, il pulpito elegantissime incisus, ossia intagliato elegantissimamente".

L’organo

   La chiesa di San Giulio è costruita secondo lo stile barocco; nel 1703 fu costruito il pronao d’ingresso, sorretto da due coppie di colonne binate.
   Nel 1713 quando viene il Vescovo Olgiati vi trova anche l’organo sopra l’ingresso, con una cantoria ottimamente lavorata. Quest’opera è a cinque campate; ai lati quattro statue sorreggono le cornici, figure di angeli mettono in risalto la statua della Madonna, posta sopra la cassa d’organo, tutto è circondato da fiori intagliati a rilievo.
   Sono le opere d’arte che ancora oggi si ammirano nella chiesa di S. Maria di Cittiglio, che furono compite fra il 1702 ed il 1713, caratteristiche di quell’inizio del settecento, quando il barocco si ingentiliva e, pur perdendo in grandiosità, guadagnava in eleganza con stile eminentemente decorativo.
   La cantoria, il pulpito, rappresentante la Presentazione al Tempio di Gesù, e l’altare sono tutte opere dell’intagliatore varesino Bernardino Castelli, da Velate, che li modella secondo i principi del Settecento.
   Grazie a Vincenzo Mascioni nel 1907 la trasmissione meccanica dell’organo viene sostituita dalla più pratica e moderna trasmissione pneumatica - tubolare, che consente inoltre una dislocazione più libera della consolle, ossia le tastiere e i comandi dei registri. Questi sono portati sul lato destro permettendo maggiore comodità per l’accompagnamento delle funzioni liturgiche, visto che prima di allora l’esecutore era costretto in posizione centrale, davanti alle canne, e di spalle all’altare.
   Assai probabilmente queste opere sono dovute alla munificenza dei Luini; ciò si argomenta dal fatto che dal 1676 al 1708 fu Parroco di Cittiglio il nob. Carlo Cesare Luini di Camillo II, e nello stesso anno gli succedette il nipote Anton Vittorio che fu Parroco fino al 1775.
   Nella chiesa si ammira ancora il quadro della B. Vergine, forse l’antichissimo rifatto da ignoto ma valente pennello e altri quadri della Scuola del Procaccini.

Il pulpito

   Nel 1907 veniva sistemata la facciata con un disegno dell’architetto Luca Beltrami e nel primo dopoguerra, intorno al 1925, abbiamo alcuni rilevanti interventi sul monumentale altare maggiore, in quanto si trovava in precarie condizioni, necessitando di un restauro. Don Adolfo Molteni affida i ritocchi ai fratelli Onorato e Fortunato Ferrari di Ponte di Legno, che lo riportarono agli antichi splendori. La chiesa ha un grande campanile con otto campane. Nel 1934 don Molteni fece erigere un’imponente croce di marmo accanto all’ingresso della chiesa parrocchiale, a ricordo del XIX centenario della redenzione.
   Il campanile, alto circa 27 metri, si trova a nord/est e ha otto campane.
   Negli ultimi anni la chiesa di San Giulio prete è stata vittima di alcuni furti che l’hanno privata delle sei tele della scuola del Procaccini che si trovavano ai lati dell’altare, di varie statue, sempre sull’altare e dei quindici quadretti in legno rappresentanti la Via Crucis, ora sostituiti da nuovi fatti dal falegname Caporali.

LA CHIESA DI SAN BERNARDO (VARARO)

   La chiesa di San Bernardo di Vararo faceva parte della Pieve di San Lorenzo di Cuvio, centro religioso di tutta la valle.
   La presenza di una chiesa e di un sacerdote stabile a Vararo è documentata dalla relazione lasciataci dal Vescovo Niguarda, durante la sua visita pastorale ai paesi valcuviani nell’anno 1592. Nella descrizione la chiesa veniva indicata come cappella, essa possedeva un piccolo campanile con una sola campana, era dotata di un battistero, di un confessionale e di un’acquasantiera.
   Già risultava a Vararo un cappellano residente di nome Bernardo Ariolo, nativo del paese; la sussistenza del sacerdote era assicurata in parte dagli abitanti e in parte dal presbitero (prevosto) Geronimo della Pieve di S. Lorenzo. Da un punto di vista ecclesiastico, invece, la comunità di Vararo dipendeva dalla parrocchia di San Giulio a Cittiglio.

La chiesa di San Bernardo

   La presenza di un sacerdote stabile non doveva essere però continuativa, visto che la comunità inoltrò, in data 10 luglio 1755, la richiesta al Vescovo di Como al fine di elevare la loro chiesa da cappella a parrocchia, appoggiati dal canonico Antonio Pelozzi. La richiesta fu accolta e con documento recante la data 22 luglio 1778, poiché la nomina spettava alla Comunità di Vararo, si procedette all’elezione secondo la procedura di quel tempo per le comunità cui spettava questo diritto.
Dopo gli immancabili dibattiti e gli errori burocratici, la vicenda si protrasse fino a concludersi il 16 novembre 1778, quando si giunse all’elezione del parroco Rev. Salvatore Pozzi.
   L’antica cappella di San Bernardo descritta dal Niguarda alla fine del '700 versava in uno stato deplorevole e decadente. Gli abitanti di Vararo pertanto inviarono in data 9 novembre 1794 una richiesta di caritatevole soccorso alla Regia Conferenza Governativa, per rimediare alle imminenti rovine della rispettiva chiesa parrocchiale. Qualche anno dopo, nel 1796, come si apprende dal Monti, per ordine del Mons. Rovelli, fu possibile procedere all’edificazione della nuova chiesa, giunta, nella sua primitiva forma, sino a noi.
   La chiesetta di San Bernardo sorge su un piccolo poggio, in posizione periferica rispetto all’abitato di Vararo e, per la sua semplicità architettonica, si inserisce bene nell’ambiente circostante.

  
Il portico e il campanile

   L’edificio, ad una sola navata, si conclude con una piccola abside semicircolare; sul lato nord si eleva un campanile di modeste dimensioni, a pianta quadrata e a fusto liscio, con una sola apertura (monofora), accorpato alla costruzione stessa. La facciata, intonacata, come il resto dell’edificio, è arricchita da un protiro sorretto da due colonne (protiro).
   Sopra il portale è visibile un affresco raffigurante San Bernardo, risalente al 1870 circa, di buona fattura.
   Recentemente, sul lato a sud all’esterno, è stato eseguito un affresco ad opera del pittore cittigliese Renato Giorgini. Il sagrato e il lato sud sono delimitati da un basso muro dal quale si intravedono la valle sottostante, formata dal torrente San Giulio e dai suoi affluenti, e il monte Sasso del Ferro.
   La chiesa, ultimamente restaurata, anche alle pareti affrescate, si presenta attualmente abbastanza fedele alla veste originaria.
   L’interno riflette l’impostazione della sua origine settecentesca, presentando una decorazione sobria che tende a mettere in evidenza le modanature delle strutture architettoniche portanti. Tale decorazione è stata rinnovata nel 1986 dal già citato Giorgini.
   In due lunette, poste ai lati dell’altare su cui capeggia la statua di Maria Ausiliatrice, sono collocate le statue di San Bernardo e San Giuseppe col Bambino.
   Sul lato destro della navata si aprono una piccola cappella, la sagrestia e i locali ora utilizzati, in occasione della festa di San Bernardo, per le offerte al Santo e che una volta era la casa del Reverendo.
   La chiesa è stata utilizzata nel 1978 come ambientazione del film "Tigre contro tigre", una commedia ad episodi in cui Renato Pozzetto, interpreta il prete di un paesino di montagna.

LA CAPPELLA DI SAN ROCCO

   E' una cappella campestre alle Fracce, che probabilmente fu costruita in occasione della peste che nel 1630 desolò il paese. Ora è stata mutata in elegante cappellina funeraria della famiglia dei Luvini, ma la località conserva ancora la denominazione di S. Rocco, e per questo titolo è tuttora stazione delle Rogazioni.

La Cappelletta di San Rocco

L’ORATORIO DI SAN CARLO

   Questo era la cappella privata della casa signorile dei Luini, non si sa quando costruita. Si sa soltanto che in data 13 maggio 1774 il dott. Ercole Camillo Luvini ottiene da Papa Clemente XIV un Breve per la celebrazione di due Messe settimanali in quest’oratorio di famiglia.
   In una nota del 1894 alla visita del Vescovo Niguarda si legge che era in sfacelo. Poi fu usato da ripostiglio.
   Nel 1904, nell’occasione della venuta delle Suore di Brescia, Ancelle della Carità, chiamate per l'assistenza dell’ospedale, per cura del Parroco Vanini, veniva ritornato al culto e restaurato.
   I restauri furono continuati specialmente tra il 1910 e 1920 per opera di quell’anima generosa che fu Madre Costanza Fogagnolo, ed ora si presenta ben decorato e tenuto, con un bell’altare in cui si conserva il SS. Sacramento.
   All’iniziativa del Parroco Ferdinando Vanini si deve, nel 1884, l’Asilo Infantile, uno dei primi della valle, che nel 1904 fu affidato alle amorose cure delle Rev.de Ancelle della Carità.

LA CAPPELLA DI SAN ANTONIO


   Si tratta della cappella posta a Cittiglio alto, in quella che è nota oggi come Villa Ripamonti. Questa cappella che è ancora in buono stato di manutenzione fu eretta dal sig. Desiderio Perabò, marito di Cecilia Luvini fu Galeazzo, che la dotò con un legato di due Messe.
   Più tardi per le leggi di soppressione i beni e gli oneri passarono alla Deputazione Provinciale di Como. Da parecchi anni non è più adibita al culto.