Nel periodo dell’Impero Romano Cittiglio non era un punto di
passaggio importante delle strade romane, anche se certamente la strada che da
Angera (Stationa) portava al Lago di Lugano, e quindi ai valichi alpini, appena
superata Gemonio si divideva permettendo di raggiungere anche la sponda
orientale del Lago Maggiore fino a Laveno, passando quindi per Cittiglio. Come
abbiamo già detto Cittiglio era probabilmente un luogo di villeggiatura e non
doveva offrire ai romani altro che il paesaggio prealpino, essendo
economicamente carente di risorse per quel che riguardava il commercio. Laveno
rimaneva un po' ai margini delle strade principali, anche se poteva contare
però sulla via d’acqua offerta dal lago.
Nel Medio Evo la
situazione rimane pressoché invariata ma con il consolidarsi di Varese al
centro della via che unisce il Lago Maggiore agli altri laghi prealpini,
soprattutto a quello di Como, Cittiglio vede rafforzarsi la sua posizione al
crocevia tra Milano - Europa e i laghi appunto. Questo nuovo percorso,
sviluppatosi in seguito all’evolversi del commercio, permette il veloce
sviluppo dei paesi che incontra.


La rete viaria
principale fra Verbano e Lario nel tardo Impero e nell’alta età medioevale
Cittiglio continua
il suo lento sviluppo basato sull’agricoltura mentre nascono nuovi quartieri
sparsi a nord del torrente Boesio, lungo i corsi d’acqua secondari. I prodotti
principali del territorio di Cittiglio erano galletta, legna ed i vini del
Ronco del Sasso e della Pianella.
A metà del XVII
secolo esistono quattro mulini, uno lungo il corso del torrente San Giulio, gli
altri tre, come il primo, pur prendendo acqua dal Boesio non si trovano lungo
il suo corso ma sfruttano due canali costruiti appositamente per ottenere una
forza motrice più moderata ed evitare potenza del fiume durante le piene.
Dalle mappe del
Catasto Teresiano abbiamo l’esatta ubicazione di questi mulini:

Il mulino ad una
ruota di Spazzino Giovanni sul torrente San Giulio

Mappale 1019 con
mulino di tre ruote di proprietà di Lovino Don Cesare e fratello Don Camillo

Mulino a due ruote
con casa di abitazione della famiglia Lovino

Mulino di Mosca
Giovanni, Battista Domenico e Antonio
Durante il XIX secolo si assiste ad una
rinascita dell’attività molitoria, in parte dovuta ai fervori della società
preindustriale, e in parte dovuta ai vantaggi ottenuti con l’abolizione di
alcune tasse e proibizioni circa il libero commercio delle granaglie.
Le innovazioni
industriali e l’entusiasmo per i progressi della tecnica prendono piede anche
nella nostra valle; la forza motrice dell’acqua viene ora sfruttata anche per
meccanizzare lavori artigianali antichissimi, come quello del fabbro o del
falegname. Ai mulini si aggiungono poi altri "manufatti ad acqua"
come filande, torciture di cotone e fabbriche di carta; una filanda era
presente a Cittiglio, come ci fa sapere il Lajoli, ma di questa non ci sono
altri documenti a riguardo.
Ancora dal Lajoli
sappiamo che Cittiglio, nel 1876, le acque del Boesio davano movimento a tre
mulini per le granaglie e ad una sega di legnami d’opera, di proprietà del
signor Carlo Fidanza, che, derivato il legname dalle montagne svizzere, lo
trasportava per via acquea fino al porto di Laveno; fino alla costruzione della
linea ferroviaria Laveno-Varese il trasporto avvenne sull’acqua, dopo si
preferì utilizzare la nuova strada ferrata. La segheria era la trasformazione
del mulino a tre ruote dei fratelli Lovino.
Il mulino che si
trovava ai piedi di San Biagio, quello di Mosca Giovanni, Battista Domenico e
Antonio, subì la medesima trasformazione, diventando anch’esso sega da legname
ad acqua.
Esaminando le
carte del Catasto Teresiano e del Cessato Catasto Lombardo i tracciati
secondari, che collegano i vari nuclei del paese, non variano di molto e sono
del tutto simili a quelli esistenti tuttora. Le nuove vie, come la strada
provinciale Laveno-Varese, affiancata dalla ferrovia, e quella per Luino, non
mutano granché i rapporti interni del paese, rimanendo ai margini dell’abitato.
Questo discorso non è più valido oggi perché l’espansione ha portato ad
edificare soprattutto sul tracciato Varese-Laveno, riconoscendolo come arteria
principale di comunicazione; lungo il suo percorso si sono sviluppate, oltre
alle varie attività commerciali, le istituzioni statali come il palazzo
comunale, l’ufficio postale e la scuola. Queste erano prima concentrate al
crocevia di quelle che ora sono via Laveno, via Roma e via Alpi. In via Roma,
ai civici 33 e 35, era la sede dell’ufficio postale, fino ai primi anni del
Novecento, e della Cassa di Risparmio del Dazio; ai civici 1, 3, 5 e 7 la
tradizione vuole che sia stata l’antica sede di un monastero, è certo però che
questo complesso era il municipio all’istituzione del comune di Cittiglio ed
ospitava inoltre le scuole ed una gendarmeria munita di carceri. Concentrate
tutte intorno c’erano varie attività come negozi, osterie, il forno del
panettiere, la macelleria ed il macello, alternate alle corti rustiche
caratterizzate da "lobbie" riconoscibili tutt’oggi.
Nel periodo
precedente la messa in funzione delle ferrovie la Valcuvia era comunque
collegata al resto della Lombardia mediante un regolare servizio di diligenze.
Le diligenze delle Imperiali Regie Messaggerie facevano un percorso di andata e
ritorno fra Milano, Varese e Laveno. Il servizio di "velocifero",
istituito nel 1834, trasportava giornalmente posta, pacchi e persone; il
servizio postale era però limitato ai giorni di lunedì, mercoledì e venerdì; la
domenica era attivo solo il tratto Milano-Saronno-Varese. Queste diligenze
utilizzavano la strada postale transitando per Gemonio e Cittiglio; a Milano la
sede era nella Corsia Broletto al numero civico 1753, a Varese si appoggiava
all’albergo della Stella. A Varese poi si poteva proseguire per Milano o per
Como.
Un altro
collegamento tra Valcuvia e Milano per il trasporto di merci era affidato nel
1824 al corriere Trezzi; nel 1850 altri corrieri, Sortorio e Tonetta,
percorrevano la Valcuvia per giungere a Milano.
Queste strade
erano la postale Varese-Laveno, tronco finale della strada da Milano detta già
allora "Varesina", e la provinciale Cittiglio-Luino, detta anche
della "Valcuvia", che si staccava dalla postale a Cittiglio.
La postale toccava
Gavirate, S. Andrea, S. Pietro di Gemonio e Cittiglio, aveva larghezza di 7,5
metri ed era delimitata da paracarri posti alla distanza di sei metri circa
l’uno dall’altro.
La provinciale
Cittiglio-Luino aveva larghezza variabile tra 4,2 e 6,5 metri, era anch'essa
delimitata da paracarri ed attraversava gli abitati di Brenta e Cassano;
arrivava a Luino valicando il fiume Tresa, alla confluenza col fiume
Margorabbia.
Queste strade
erano state costruite con una buona massicciata su cui periodicamente si
provvedeva a spandere opportune quantità di ghiaia; nell’attraversamento dei
paesi erano invece selciate.
La manutenzione
era affidata ad appaltatori privati Attorno al 1850 troviamo un Trolli Marco
appaltatore della manutenzione per il tratto S. Pietro-Cittiglio della postale
ed un Giuseppe Buzzi, comasco di Borgo Vico, per la provinciale della Valcuvia.
La provinciale
Varese-Laveno fu completata nel 1844, con il completamento del tratto da
Sant’Andrea a Cittiglio, in particolare con la rimozione del vecchio ponte sul
Boesio prossimo a Cittiglio; dopo l’unità d’Italia invece si procedette con i
lavori per la ferrovia.
LA FERROVIA VARESE-LAVENO
Nel 1881 la
Provincia di Como presentava al Ministero dei Lavori Pubblici due progetti
esecutivi, elaborati dall’Ing. Campiglio, e datati rispettivamente 8 gennaio e
8 febbraio 1881, ed approvati con nota del Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici del 12 febbraio dello stesso anno, relativi alla costruzione di due
strade ferrate, una sul tracciato Como-Varese-Laveno e l’altra sul tracciato
Saronno - Malnate, confluente nella prima.
La Convenzione tra
i Rappresentanti della Provincia di Como e i funzionari dello Stato venne
ratificata in data 26 gennaio 1882, ed approvata con Regio Decreto n° 670 del
16 febbraio dello stesso anno.

La stazione negli
anni trenta
La Provincia di
Como delegò alla neo-costituita "Soc. An. Ferrovie Provinciali Comasche",
con Convenzione del 16 novembre 1882, la costruzione delle nuove linee, il cui
completamento avrebbe dovuto avvenire entro sette anni.
In realtà il
compimento delle due opere avvenne con notevole anticipo sui tempi previsti,
tanto che il 14 agosto del 1884 poteva essere aperta al traffico la Saronno -
Malnate e il 5 luglio del 1885 la Como - Varese - Laveno.
Un’altra
Convenzione del 27 luglio 1888 incorpora la linea passante per Cittiglio nella
rete delle Ferrovie Nord.
Il tracciato è
caratterizzato da curve molto strette, da frequenti contropendenze e limita
l'effettuazione di convogli a forte composizione per via della limitata
lunghezza dei binari d’incrocio.
Il suo passaggio
in Cittiglio rimane tuttora tangente al presidio ospedaliero, già esistente
dall’Ottocento, e porta al paese, oltre che una via celere in direzione di
Milano, l’opportunità per lo sviluppo del commercio. L’economia fino a quel
momento era basata sull’agricoltura.
Dato l’arrivo a
Cittiglio della ferrovia, il baricentro del paese si sposta fino al piazzale
della stazione dove sorgono un mulino e un ristorante; la segheria del Fidanza
era collegata alla stazione da un binario che tutt’oggi si può vedere sul ponte
che la divide dal Parco Giochi della stazione.

Il 14 gennaio del
1941 le FNM presentavano domanda alle competenti Autorità proponendo
un’ulteriore estensione dell’elettrificazione della rete - 100 Km in tutto -
per i tronchi Varese - Saronno - Laveno (Km 51,10 di cui 24,31 a doppio
binario), Malnate - Grandate (Km 17,87), Meda - Asso (Km 26,97). Gli eventi
bellici furono causa del rinvio della messa in opera di questa innovazione così
che l’esercizio a trazione elettrica sulla Varese - Laveno veniva attivata l’11
Aprile del 1951.
IL DIBATTITO SULLA STRADA LUINO-CITTIGLIO
Dopo gli aiuti
dati a Garibaldi e ai Cacciatori delle Alpi la Valcuvia si attendeva molto dai
governi della neonata Italia in tema di viabilità e trasporti. La legge del 23
luglio 1881 prevedeva una serie di nuove strade e ferrovie da costruire,
essendo, di fatto, la condizione indispensabile per attuare l’Unità del Paese.
Una di queste strade previste era la Laveno-Luino, ma non era precisato il suo
tracciato; da questa mancanza ebbe vita un dibattito interminabile tra chi
preferiva la via "lacuale", diciassette chilometri di difficile
realizzazione a servizio di una decina di paesi, e la strada
"interna", lunga venticinque chilometri, dei quali i primi cinque
(Laveno-Cittiglio) già esistente ed a servizio di almeno quindici paesi.
La stampa locale
segue ogni passo della lotta a corsi e ricorsi che vede coinvolte anche le più
alte istituzioni giuridiche statali.
Su "Cronaca
Prealpina" di sabato 26 novembre fu esposta la discussione per la strada
Cittiglio-Luino al Consiglio provinciale che pronuncia l’approvazione dei
progetti per i tronchi primo e secondo della strada di serie Cittiglio-Luino,
eseguiti dall’ing. Fiumiani; si approvano inoltre la sostituzione dei ponti
Rancina e Cantevria e l’allargamento e la sistemazione del passaggio per
Brenta; respinge invece l’offerta del Comune di Cassano Valcuvia inerente al
passaggio della strada per motivi di ordine economico.
L’incompletezza
del progetto, nel suo passaggio per Brenta, e la somma necessaria per operare
nei lavori (non ancora definitiva e stimata attorno alle seicentomila lire)
alzarono una discussione, appoggiata da Lucchini e Marchelli e contrastata da
Pellegrini, per il rinvio di tale approvazione. Il Consiglio decise comunque di
favorire la via della Valcuvia per unire il Medio Verbano Orientale con Luino,
visto che l’altra possibilità (la via lungo il lago, Laveno-Pino) sarebbe
comunque venuta a costare poco più di un milione.
Le condizioni
della viabilità in Valcuvia erano veramente pessime anche per via di nubifragi
e della scarsa attenzione alla manutenzione da parte dell’ufficio tecnico della
Provincia e d’altra parte era doverosa anche una strada che costeggiasse il
lago; il 15 novembre del 1900 il Consiglio provinciale annuncia che le strade
Luino-Maccagno e Cittiglio-Luino saranno ultimate entro il 1903 e
successivamente anche il tratto Maccagno-Pino.
LA TRAMVIA CITTIGLIO-MOLINO D' ANNA
In Valcuvia, un
comitato riunitosi nel 1907 per ottenere vie di comunicazione più celeri e
consone alle esigenze studiò tre tramvie:
- una longitudinale di congiunzione alle due ferrovie
esistenti, la Laveno-Varese-Milano a Cittiglio e la Varese-Luino a Bosco
Valtravaglia;
- una linea che partendo dal centro della valle portasse al
Brinzio, dove si diceva dovesse arrivare una linea della SVIE;
- un’altra linea che partendo da Canonica di Cuvio risaliva
la parte della Valcuvia per portarsi ancora a Brinzio.
Il comitato, dopo
numerose adunanze e senza trascurare nulla delle tre ipotesi, scelse il primo
tracciato, da esercitare come tramvia a vapore ritenendo che la trazione
elettrica non convenisse per un servizio a scarsa frequenza. Contemporaneamente
si interessò la SVIE a dare il suo concorso tecnico per la realizzazione della
linea, da costruirsi con il medesimo scartamento della ferrovia della Valganna.
La concessione per
sessanta anni della costruzione e dell’esercizio della tramvia a vapore da
Cittiglio a Molino d’Anna (Bosco Valtravaglia) con il sussidio chilometrico
dello Stato di 2000 lire per la durata di cinquanta anni, fu accordata alla
Società Anonima Tramvie Valcuvia (SATV) con convenzione stipulata il 16
dicembre 1912 e approvata con Regio Decreto n° 176 del 9 febbraio 1913, con
scadenza 9 febbraio 1973.
La trazione è
prevista a vapore ma con domanda del 22 marzo 1913 la società, a firma del
proprio presidente, l’ingegnere Enrico Peregrini, chiede l’autorizzazione a
sostituire la trazione con quella elettrica proponendo come assuntrice
dell’esercizio la "Società Varesina per Imprese Elettriche", come da
atto del notaio Zanzi di Varese del 20 marzo 1913.
La SAVT riconobbe
la convenienza di esercitare la costruenda tramvia con trazione elettrica, che
meglio di quella a vapore si prestava ad un servizio veloce e moderno, tanto
più che la linea si sarebbe allacciata, a Molino d’Anna, con la ferrovia
elettrica Bettole di Varese-Luino; pertanto, nel sottoporre all’approvazione
governativa il progetto esecutivo della tramvia, redatto dall’ing. Guglielmo
Rigono, la società valcuviana chiese di essere autorizzata ad adottare la
trazione elettrica, proponendo in pari tempo di affidare l’esercizio della
linea alla SVIE.
Il 5 maggio 1914
iniziano le prove delle vetture sulla Tramvia della Valcuvia: Cittiglio-Molino
d’Anna (Bosco Valtravaglia). Alle 9:30 su un’automotrice guidata dal
manovratore Frattini, prendono posto il direttore cavaliere ufficiale ingegner
Luttazzi, l’ingegner Brezzi, il nuovo presidente della SATV l’ingegnere
Giovanni Peregrini e altri tecnici. Sotto una pioggia torrenziale una folla
festante salutava il suo passaggio.
Il decreto
ministeriale autorizza l’apertura al pubblico esercizio della tramvia a datare
dal 15 giugno 1914 "subordinatamente al completamento delle opere di
difesa sulla sponda destra del Margorabbia, presso l’officina della tramvia a
Molino d’Anna.
Domenica 14 giugno
1914 alle ore 10:45 precise, parte il primo treno composto da due vetture
imbandierate e dopo pochi minuti il secondo treno composto anch’esso da due
vetture. Il viaggio è breve ma straordinariamente pittoresco e trionfale.
La tramvia della
Valcuvia, lunga km 13,700, aveva inizio dal piazzale esterno della stazione di
Cittiglio, sulla ferrovia FNM Varese-Laveno, seguiva per metri 400 la strada
comunale di accesso alla stazione stessa, poi si portava sulla strada
provinciale Cittiglio-Luino, che percorreva sul lato destro senza mai
attraversarla o abbandonarla fino al km 13,400; di qui, proseguendo un
rettilineo, entrava in sede propria e attraversava il fiume Margorabbia su un
ponte di cemento armato a due luci di 12 metri ciascuna, per poi raggiungere la
ferrovia di Valganna e raccordarsi con questa in località Molino d’Anna.
Dopo che Varese,
il 2 gennaio 1927, divenne capoluogo di provincia e allargò il territorio
comunale aspirando a nuove mete, giunsero i travagliati anni della grande crisi
che colpì tutti i settori dell'economia. I servizi di trasporto della SVIE al
contrario di quanto avvenne per molte altre aziende, accusarono solo lievi
contrazioni di traffico: fece eccezione la tramvia della Valcuvia che continuò
ad esercitare con nove coppie di tram. I dati di traffico videro però un
progressivo calare del trasporto delle persone dal 1930 fino alla II guerra
mondiale, dopo di che questo tornò pressappoco sui valori medi precedenti; le
quantità di merci trasportate invece non subirono un calo vistoso fino al 1947
(fatta eccezione per il 1933) quando scesero molto al di sotto dei valori
minimi precedentemente censiti.
Le merci che
trasportava la tramvia della Valcuvia erano soprattutto balle per la ditta
Fratelli Calcaterra ed il carbone per la Torcitura di Canonica, che giungevano
dalle Ferrovie Nord Milano nell’immediato dopoguerra.


Casale
Canonica


Cuveglio Cavona


Rancio Cantevria Bosco
Valtravaglia

Molino d’Anna
La tramvia era
usata da molti turisti per recarsi a Luino, dove a Bosco Valtravaglia vi era la
coincidenza con la linea Varese-Luino. Il biglietto costava venti centesimi di
lire ed era di colore bianco; il tragitto si percorreva all’incirca in venti
minuti.
Il Comune di
Varese nel 1948 non accordò il proprio benestare alla proposta della SVIT di
modificare il percorso delle linee tramviarie. Così dall’ottobre del 1949 al
dicembre dell’anno successivo si attuò quel programma di trasformazione in
autolinee delle vie tramviarie dalle quali, fu scritto, la città "acquistò
una nuova caratteristica di progresso con effettivo miglioramento del
servizio".
Scomparvero così
le "vecchie e oramai traballanti vetture" che per una lunga serie di
lustri avevano pur reso un prezioso servizio. Così la tramvia della Valcuvia
scomparve il 30 novembre 1949 con un’amarezza tale che in quel periodo si
levarono lamentele sulla decisione; restava evidente il fatto però che
l’esercizio fosse da risanare.
Oggi l’ex tramvia
è stata sostituita da un servizio automobilistico e lungo il tracciato vi sono
ancora le sue fermate ad uso del bus, tranne alcune in cui si svolgono piccole
attività commerciali.
LA STRADA PER VARARO
La realizzazione
di una strada rotabile che unisse Vararo con uno dei due centri più vicini
(Laveno o Cittiglio) era da tempo auspicata dagli abitanti di Vararo, che
sempre più avvertivano il disagio dell’isolamento causato dalla mancanza di una
via di comunicazione che favorisse gli scambi ed aumentasse le possibilità per
un commercio maggiormente competitivo. Il disagio dell’isolamento, sempre
lamentato dai vararesi, veniva messo in evidenza anche dalla stampa, quando,
nella "Cronaca Prealpina" del 16 e 17 maggio del 1892, un articolo
dal titolo "Il Vescovo di Como in un
paesino quasi inaccessibile" che parla della difficoltà di Mons.
Ferrari, Vescovo di Como, nel raggiungere Vararo.
Il 10 dicembre
1905, Il Nuovo Ideale riportava un
breve articolo firmato da un cittadino di Vararo: Giuseppe De Taddeo; esso
faceva presente che il giorno 23 dicembre sarebbero giunti sul luogo
l’ingegnere del Genio Civile di Como e i rappresentanti del Governo e della
Provincia, i quali già avevano minutamente studiato le possibilità per una
strada carrozzabile che unisse Vararo ai paesi vicini.
Appena terminate
le pratiche necessarie, a mezzo di un referendum comunale, si sarebbe stabilito
definitivamente quale percorso seguire. Prevalse l’opinione di collegare Vararo
con Cittiglio e tale progetto fu indicato come "Strada di accesso alla
stazione ferroviaria di Cittiglio".
Nel Consiglio comunale
in data 6 ottobre 1907 il progetto sembrava già ben avviato come risulta da una
lettera allora inviata dal progettista ing. Emilio Fumagalli di Laveno. Con
questa lettera l’ingegnere informa l’amministrazione che lo studio della strada
era quasi ultimato.
In tale seduta il
Consiglio definiva anche le modalità di pagamento da effettuarsi solo dopo la
definitiva approvazione da parte dell’Autorità competente. Quanto deciso in
quella data e nelle sedute consiliari successive fu però spesso fonte di
ripensamenti, di dure contestazioni ed inutili discussioni da parte dei
consiglieri e dei vararesi.
Lo stesso ing.
Fumagalli, dopo numerosi scambi epistolari dal tono sempre più acceso, per lo
più a richiedere il pagamento del suo lavoro, decise infine di passare alle vie
legali.
Le lettere si
sovrapposero alle lettere, le delibere consiliari si fecero sempre più
frequenti e prolisse; non mancarono interpellanze in sede provinciale ma tutto
ciò non produsse nessun risultato positivo.
Le discussioni
continuarono ancora animate, perentorie richieste si alternarono a nuove
dilazioni ma l’ingegnere non apportò mai le dovute modifiche richieste dal
Genio Civile di Como.

Il tratto finale che
giunge a Vararo
Si giunse intanto
al 1915, quando il Sindaco di Laveno, vista l'intricata situazione senza
sbocco, prese egli stesso l’iniziativa e in data 21 ottobre propose un convegno
da tenersi a Laveno il 9 novembre, per studiare le possibilità di costituire un
consorzio per la costruzione della strada Laveno-Vararo, impegnandosi
eventualmente a concorrere "in equa misura alle spese già sostenute e da
sostenere da Vararo stesso per il progetto già redatto per la strada
Vararo-Cittiglio e assumere inoltre una parte della spesa per la costruenda
strada Vararo-Laveno in ragione della sua importanza.
L’8 novembre 1915
il Consiglio comunale di Vararo si riunì in seduta per esaminare la nuova
proposta ma si espresse negativamente adducendo come motivazioni la presenza
per tale direzione della mulattiera; l’esistenza di un progetto già avviato e
l’effettiva necessità di una via di comunicazione tra il paese e Cittiglio
obbligò Vararo a questa scelta in quanto i due paesi erano legati da numerosi
rapporti: dal consorzio esattoriale, dal medico condotto e soprattutto
dall’ospedale.
Finalmente, dopo
tante discussioni, la soluzione arrivò improvvisa ed inaspettata: saranno i
militari a costruire, per ragioni belliche, la tanto sospirata strada che
giungerà fino al passo di Cuvignone.
Gli abitanti di
Vararo salutarono con gioia l’avvento della nuova strada ma le discussioni e i
dissidi tra il Comune e il progettista si protrassero ancora a lungo, per la
ferma intenzione di quest’ultimo di portare avanti la precedente causa al fine
di ottenere il pagamento del suo lavoro. La controversia si concluderà soltanto
il 7 luglio1921 ed il Consiglio definirà, in tale data, il pagamento al
Fumagalli stabilito in lire 1750 a definitiva chiusura dell’incresciosa e
lunghissima vertenza.
Nell’anno 1917 la
strada è divenuta una realtà, resteranno però a lungo aperti i problemi per la
sua manutenzione dovuti alla trascuratezza e al disinteresse da parte delle
autorità competenti. Numerose furono le proteste e i richiami del Consiglio
comunale di Vararo negli anni immediatamente successivi alla costruzione.
Questa situazione
dovette però durare sino alla data della sua asfaltatura, avvenuta a cavallo
tra la fine degli anni '50 e '60, a conclusione di una lunghissima e complicata
storia di una strada vivamente sofferta, soprattutto da parte dei vararesi.
I SENTIERI
PIZZONI DI LAVENO: (CASERE - PASSO DI CUVIGNONE)
Il tempo di percorrenza del sentiero è di circa due ore per
una lunghezza di circa cinque Km. Tutto il tratto è segnalato da una traccia
giallo-verde (Anulare Valcuviano); Partendo dalle Casere, seguendo una piccola
strada di bosco s’intraprende un sentiero in salita che porta al Passo Barbè.
Giunti in cima si può ammirare uno splendido paesaggio da entrambi i versanti,
con un percorso di saliscendi fino al Monte Teggia, punto di massima altezza
(1103 m. sopra il livello del mare). La fine del percorso conduce al Passo
Cuvignone.Attraverso questo panoramico sentiero è possibile osservare Lepri,
Scoiattoli, Volpi e uccelli rapaci e se si è fortunati la sera o la mattina presto
ci si può imbattere in Cervi o Mufloni. Lungo il tragitto si possono scorgere
molte specie botaniche come la Betulla, la Ginestra, il Nocciolo, il Ginepro,
la Scilla, la Genzianella e l’Achillea. In località Casere e Vararo ci sono
punti di ristoro dove è possibile trovare posteggi per le auto. Interessante è
il vecchio nucleo abitativo di Vararo, tipico paesino di montagna dove
l’architettura originale è rimasta pressoché intatta.
PIZZONI DI LAVENO (PERCORSO ALTERNATIVO): CASERE-MONTE CROCIONE
Il tempo di percorrenza è di due ore circa. Uscendo dal
centro abitato di Vararo, attraverso una piccola strada, si giunge alla Val
Busegia da dove un panoramico sentiero raggiunge la vetta del Monte Crocione
(1117 m. sul livello del mare).Dalla cima seguendo un breve sentiero in discesa
ci si ricongiunge all’Anulare Valcuviano.
PASSO DI CUVIGNONE: (POZZOPIANO - AGA)
Il tempo di percorrenza è di due ore circa, per una
lunghezza di otto chilometri. Dalla rotabile Vararo-Cuvignone, prima del passo,
s’imbocca una strada di bosco che conduce alla Cormeta (1050 m.) da qui inizia
il sentiero che porta alla piana di Pozzopiano.Il percorso passa attraverso
ampie piantagioni di conifere realizzate dal Corpo Forestale dello Stato e
giunge dopo una via ripida al vecchio nucleo abitativo di Aga, una piccola
frazione di Casalzuigno caratterizzata da rustiche costruzioni contadine. Oltre
le vecchie architetture, è possibile osservare un ricco manto vegetale
costituito da molte specie protette come Orchidee selvatiche, Ciclamini, Anemoni
e Gigli.
GEMONIO-BRENTA-CITTIGLIO
Il tempo di percorrenza è di due ore circa e la lunghezza è
di otto Km. Da Gemonio (Via Bolzano) si prende una strada campestre che
attraverso le località Runch de Maza e lughezzun conduce alla piana dei
Luveditt. Il sentiero, di facile percorrenza, continua con un corso sinuoso tra
prati e zone boschive per poi dirigersi verso valle dove si trova il fiume
Boesio.Raggiunto il fiume si arriva nel paese di Brenta e di qui al Santuario
di S. Quirico. Oltrepassato l’edificio religioso si giunge in Località Cascine
nel comune di Cittiglio, da qui è possibile riprendere la strada asfaltata che
conduce a Vararo.E’ possibile trovare dei punti di ristoro e posteggio per
l’auto a Gemonio, Brenta e Cittiglio, i comuni che sono interessati al
percorso. Lungo il corso del fiume Boesio si può osservare il Ranuncolo d’acqua
e alcune specie ittiche come la Trota fario.
LE CASCATE DI CITTIGLIO (SAN GIULIO)
Le tre cascate di Cittiglio, raggiungibili da un sentiero
che parte dalla parte antica del borgo, sono formate dal torrente S. Giulio e
poste a quote comprese tra i 324 e i 474 metri d’altezza in un ambiente
naturale boschivo di suggestiva bellezza. Il percorso del torrente, prima di
raggiungere il paese, si snoda attraverso linee tortuose, che invitano l’acqua
a salti improvvisi e prorompenti. Il paesaggio montano che avvolge il corso del
torrente, presenta una folta vegetazione, formata principalmente da faggi, pini
e castagni, i cui frutti sono di richiamo per molte persone durante i mesi di
settembre e ottobre. E’ possibile visitare questi luoghi e vedere le cascate,
partendo da Cittiglio e muovendosi a piedi lungo un sentiero, ben indicato e
pulito, che sale fino a raggiungere le cascate. Vi è uno spazio adibito a zona
pic-nic, con tavoli e prati, per poter vivere dei momenti di relax immersi nel
verde naturale che solo poche zone riescono ad offrire. Per raggiungere la
prima cascata, il sentiero è abbastanza largo e “comodo” e si percorre in circa
dieci minuti partendo dalla zona pic-nic. Più ripido invece è quello che
conduce alla seconda e alla terza cascata, anche se il meticoloso lavoro degli
alpini ha facilitato la salita rispetto a qualche tempo fa. Il tempo necessario
per raggiungere la seconda cascata è di circa trenta minuti, e qualche'uno in
più per arrivare alla terza.
CITTIGLIO-S. BIAGIO-S. CLEMENTE-MOMBELLO-CAPO DI SOTTO
Il tempo di percorrenza è di due ore e mezza e la lunghezza
del tragitto è di otto Km. Il sentiero comincia da San Biagio, antica frazione
di Cittiglio, nota per la presenza di una chiesetta risalente al XIII Secolo.
Dopo il centro di San Biagio, si intraprende una piccola strada fino ad
arrivare alla frazione Vignola dove è possibile osservare una vecchia fornace
in disuso; da questo punto inizia il sentiero che attraverso i boschi giunge
sino al Santuario di San Clemente, costruzione religiosa dedicata all’omonimo
Santo e risalente al XIII Secolo. Il luogo è molto panoramico con una vista
spettacolare sul lago Maggiore, scendendo si arriva al centro abitato di San
Clemente, dove sono presenti vecchi cascinali, da qui si scende lungo il Monte
Sangiano fino alla località Capo di Sotto che fa parte di Laveno Mombello. Il
percorso fa parte dell’Anulare Valcuviano (traccia giallo-verde), vi sono
particolari specie arboree, come l’Olmo campestre e il Carpino e si possono
avvistare uccelli rapaci. Punti di ristoro sono presenti a Cittiglio e
Mombello, dove è anche possibile posteggiare.
CITTIGLIO-FONTANACCIA-CUJAGA-CASERE-LAVENO
Il tempo di percorrenza è di circa tre ore per una lunghezza
di otto Km. Percorrendo la Via Laveno del Comune di Cittiglio si giunge in
località Ghetto, dove si imbocca, sul lato destro, una strada campestre che
arriva alla Fontanaccia. A questo punto ci si trova su un ripido sentiero, modificato
in parte in strada forestale, che conduce alla Cujaga. Vicino a questo luogo è
possibile ammirare un maestoso masso erratico che viene chiamato in dialetto
“Sass dul Margoz” per il vento spaventoso che soffia sul Lago Maggiore nei
giorni di brutto tempo. Dopo la Cujaga, una strada di bosco entra tra le
faggete sino ad arrivare al Sassale. Dopo questa zona rocciosa si raggiunge un
altro Masso erratico “Ul Sass du la Poma” e da qui si raggiungono le Casere. Si
raggiungerà il paese di Laveno attraverso la strada mulattiera.
IL SENTIERO DEI PUZITT
Il tempo di percorrenza è di trenta minuti. Dalle Cascine di
Cittiglio, attraversando prati e pascoli si giunge alla località dei Puzitt,
dove è possibile ammirare splendidi boschi di Castagni. Da qui è facilmente
raggiungibile la strada asfaltata Cittiglio-Vararo-Cuvignone.