GARIBALDI E IL REGNO D' ITALIA
LA BATTAGLIA DI LAVENO
Nel 1859 in
Lombardia, a poco più di dieci anni dai moti del ben noto 1848, si ritorna a
parlare di guerra d’indipendenza.
In Valcuvia
ritroviamo ancora, come nel 1848, il Generale Giuseppe Garibaldi che ora ha il
compito, nella strategia militare dell’esercito franco-piemontese, di penetrare
nella Lombardia settentrionale e di farvi insorgere la popolazione.
Garibaldi è al
comando di un corpo speciale che ha preso il nome di Cacciatori delle Alpi,
3500 volontari, suddiviso in tre reggimenti: il I comandato dal Tenente
Colonnello Enrico Cosenz, il II dal Tenente Colonnello Giacomo Medici ed il III
dal Tenente Colonnello Nicola Ardoino. Ogni reggimento contava circa 1100
uomini ed era diviso in due brigate di quattro compagnie.
Le ostilità per i
Cacciatori delle Alpi si aprono con lo sbarco di Garibaldi a Sesto Calende, con
attraversamento del fiume Ticino, nella notte tra il 22 ed il 23 maggio.
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Targa dedicata a Giuseppe Garibaldi (via Roma 55) |
Nella notte tra il
30 ed il 31 maggio 1859 Garibaldi, reduce dalla battaglia di Varese, nonché
dalla vittoria di S. Fermo del 27 maggio, tenta di assaltare il forte austriaco
di Laveno, che restava in forze alle spalle delle truppe garibaldine. Prima
dell’arrivo di Garibaldi un contingente agli ordini di Nino Bixio, allora
Maggiore, fu inviato in avanscoperta verso Laveno ed il 25 maggio entrò in
Gemonio, spingendosi fino a Mombello e Cerro.
Arrivato a Cittiglio il 30 maggio del 1859 Garibaldi
stabilisce il Quartier Generale e dispone le truppe in maniera da presidiare le
strade della Valcuvia e di Varese. Il III reggimento occupa Gemonio e Azzio in
contatto con il secondo a Brenta e con postazioni dietro fracce, mentre il I
era rimasto tra Cittiglio e San Biagio nella zona dell’allora cimitero,
l’attuale Parco della Rimembranze (Cimitero dei Caduti), anch’esso in contatto
col secondo reggimento.
Lo scontro di
Laveno avvenne la notte tra il 30 ed il 31 maggio ed ebbe esito negativo perché
l’attacco fu organizzato troppo di fretta e, giudicando dagli eventi, senza
troppe conoscenze del nemico e per altre sfortunate circostanze.
L’assalto fu
portato con gli uomini di sole tre compagnie, circa 350, sottovalutando le
potenzialità del nemico; la pioggia dirotta che creò difficoltà, gli ordini che
risultarono poco precisi, l’attacco tardivo e fiacco da parte delle barche di
Bixio e Simonetta e lo sbagliare strada di un reparto che non poté partecipare
all’attacco fecero in modo che gli austriaci riuscirono a mantenere il
controllo del forte. Nonostante ciò un manipolo di circa trenta garibaldini,
guidato dal Capitano Landi, riuscì ugualmente a raggiungere le mura del forte
castello, ma, decimati, dovettero ritirarsi, lasciando sul campo anche diversi
feriti.
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Il forte di Laveno Mombello |
Scampato l’attacco,
gli austriaci bombardarono Laveno il giorno dopo, quale ritorsione per l’aiuto
dato a Garibaldi.
Fallito quell’attacco,
il Generale Garibaldi, si ritira, arretrando le sue truppe sulle posizioni di
partenza e comunque in modo da controllare sempre tutte le strade. A Gemonio
quindi si ritira il III reggimento, a Cittiglio una parte del I reggimento ed i
carabinieri genovesi, al Quartier Generale, a S. Biagio il resto del I
reggimento e l’ambulanza, a Brenta il II reggimento.
Il 31 maggio
Garibaldi visita i feriti ricoverati all’Ospedale di Cittiglio e si appresta a
partire verso Gavirate. Poi, probabilmente consigliato o avvertito di tener la
strada dei monti, ordina ai suoi di spostarsi a Cuvio per la via di Gemonio.
Qui lascia un piccolo reparto di guide a cavallo con l’incarico di sorvegliare
la strada di Varese e di Angera. Il II, condotto da Medici, oltrepassa Cuvio e
si porta a Cassano Valcuvia.
Da Cuvio, il
giorno seguente, dopo aver tenuto un discorso ai patrioti, si porta verso
Varese utilizzando la via di Cabiaglio e Brinzio posti alla base del Campo dei
Fiori, di qui andrà verso Como.
A Cuvio restano
alcuni soldati feriti con una piccola scorta; i feriti sono ricoverati e curati
in casa Zanchi, ora Fano. Di questo passaggio in Valcuvia abbiamo traccia dagli
scritti di Achille Jemoli, patriota gemoniese.
I ringraziamenti
di Garibaldi per gli aiuti ricevuti dai valcuviani giungono in forma epistolare
-datata Modena, 5 novembre 1859- inviata ai Deputati Comunali della Valcuvia
con la quale ringrazia per l'aiuto datogli sia nel 1848 sia nel 1859; Garibaldi
sarà ancora a Cuvio nel 1862, durante un giro di propaganda per la raccolta di
fondi per una progettata spedizione su Roma.
Da: terra e gente
GARIBALDINI ASSISTITI ALL' OSPEDALE DI CITTIGLIO NEL 1859
Nella ritirata
delle truppe, dopo il fallito attacco al munito forte di Laveno, i soldati
feriti furono trasportati e curati a Cuvio dal Dottor Sangalli e dal Dottor
Zoppis.
Il Dottor Massimo
Sangalli, nasce a Cittiglio il 27 novembre 1812, proprio in quella casa Luini
che poi diventerà Ospedale; si laurea all’università di Pavia nel 1836 e sarà
il primo direttore dell’Ospedale di Cittiglio, lì chiamato dal nobile Luini che
aveva disposto l’istituzione di quell’opera già nel 1804, con proprio
testamento. Sangalli resterà al servizio dell’Ospedale dal 1838 al 1899, come
ricorda una lapide posta nel porticato dell’ospedale; muore a Gemonio, dove
abitava, il 7 aprile dello stesso 1899.
I militari,
ricoverati e dimessi lo stesso giorno -31 maggio- sono sei, tre soldati e tre
ufficiali, ed appartengono all’ottava ed alla terza compagnia dei Cacciatori delle
Alpi; in cinque presentano una "ferita da fuoco", un soldato semplice
invece una "ferita da punta".
Altri, quei
soldati rimasti prigionieri nello sciagurato attacco, sono ricoverati
successivamente, il 9 giugno, quando ormai gli austriaci hanno lasciato la
zona; questi presentano "ferita da taglio" (un soldato, Mapelli
Stanislao) e "ferita da fuoco" gli altri quattro, tra i quali c'è il
Sottotenente Gastaldi Pacifico; saranno dimessi in seguito a giugno e luglio.
Stato nominativo dei militari dei Cacciatori delle Alpi ricoverati all'
Ospedale di Cittiglio:
ricoverati dal 31-5-59 al 31-5-59:
Landi Vincenzo (Capitano, 8° compagnia), ferita da fuoco
alla regione lombare.
Spegazzini Pietro (Capitano, 3° compagnia), ferita da fuoco
alla gamba destra.
Sprovieri Francesco (Tenente, 8° compagnia), ferita da fuoco
al braccio sinistro.
Golini Angelo (Soldato, 8° compagnia), ferita da punta al
costato destro.
Gesotti Luigi (Soldato, 8° compagnia), ferita da fuoco alla
spalla.
Moderati Giuseppe (Soldato, 8° compagnia), ferita da fuoco.
Questi furono portati prima a Cuvio, poi ad Arona.
ricoverati il 9-6-59:
Gastaldi Luigi (Sottotenente, 8° compagnia), ferita da
fuoco. Uscita: 28-7-59.
Galli Antonio (Soldato, 3° compagnia), ferita da fuoco alla
gamba destra. Uscita: 7-7-59.
Mapelli Stanislao (Soldato, 8° compagnia), ferita da taglio
alla gamba destra. Uscita: 18-6-59.
Fantuzzi Luigi (Soldato, 8° compagnia), ferita da fuoco al
braccio destro, poi amputato. Uscita: ?
Zambrelli Luigi (Soldato, 8° compagnia), ferita da fuoco al
braccio destro. Uscita: ?
ricoverato l' 11-9-59:
Ronzoni Francesco (Soldato, 8° compagnia), congestione
cerebrale. Uscita 27-9-59.
ricoverato il 26-9-59:
Bontempi Alessandro (Soldato, 9° compagnia 3° batt. 5°
regg.), ferita da fuoco. Uscita: ?
Questo elenco deriva da una lettera -21
settembre 1889- indirizzata al Dottor Sangalli di Gemonio da parte di un altro
medico, il Dottor Carlo Campiglio. Aiutato forse dai ricordi di qualche
testimone, egli integra il documento in possesso dell’Ospedale riportando la
localizzazione delle ferite e correggendo dei nomi che risultavano errati;
Sprovieri, Gesotti e Moderati per quel documento erano Sprovieri, Ipsotti e
Modorati.
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Lapide del Pullè al Forte di Laveno Mombello |
Nel 1879 Campiglio
viene nominato medico-chirurgo all'Ospedale di Cittiglio quale supplente al
Sangalli. Alla morte del Sangalli gli subentra nella carica di direttore, fino
al 1901, allorché si ritira. Campiglio, nato a Comabbio nel 1850, era medico
condotto di Cittiglio, Caravate, Vararo e Brenta, dove viveva e venne sepolto
alla sua morte il 16-2-1918.
Agostino Bertani,
medico e patriota durante tutto il periodo insurrezionista, fornisce un elenco
dei feriti dello scontro di Laveno. Un altro elenco si trova su una lapide
commemorativa apposta su una facciata della torre sul colle Castello per merito
del Conte Francesco Pullè, proprietario di quei luoghi a fine Ottocento. La
lapide del Pullè riporta solo nomi di feriti e non dei morti forse perché era
allora valida l’opinione del Dottor Bertani che i garibaldini non avevano
riportato morti nelle loro fila; in realtà il Carrano, che partecipa a quella
campagna, nelle sue memorie, datate 1860, parla di cinque o sei morti e di
diciotto feriti tra gli assalitori garibaldini e Rina Corti, in due libretti
editi nel 1907 e 1908, scrive pure di cinque o sei morti facendo anche qualche
nome: il ventenne Carlo Sala, un Venanzi bergamasco, un Vismara di Milano ed un
paio d’ignoti. Gli austriaci non fecero mai sapere il numero dei loro morti.
Dei feriti non tutti furono portati all’Ospedale di
Cittiglio e pare che alcuni di questi siano stati curati a Mombello in una casa
privata, infatti, dai vari elenchi dei feriti, che non passano per l’Ospedale,
mancano: Galli Giuseppe, Galeotti Noè, Maspero Alessandro, Lazzati Giovanni,
Pierboni Raffaele, Muzzetti Battista e Pini Andrea (Bertani); Conti Paolo e
Ravina Clemente (lapide del Pullè). Il Ravina però era stato ferito durante una
scaramuccia avvenuta forse a Sant’Andrea tra una squadra di 150 Cacciatori
delle Alpi mandati in avanscoperta e partiti da Varese. I due feriti dello
scontro, uno era il Ravina, vengono ricoverati all’Ospedale di Varese.
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Francesco Sprovieri |
Lo Sprovieri, nato ad Acri presso Cosenza nel 1826, già
presente nella campagna del 1848, si meriterà come Cacciatore delle Alpi in
questa campagna del 1859 una medaglia d’argento al valore. Sarà ancora con
Garibaldi nella spedizione dei Mille, comanderà poi nel 1866 un reggimento di
volontari garibaldini meritandosi altre onorificenze. Nel 1888 è promosso
colonnello; nominato senatore del regno nel 1891 dopo essere stato per varie
legislature in Parlamento come deputato. Muore a Roma nel febbraio del 1900.
Molti dei garibaldini qui citati sono tra i meritevoli di ricompense militari
per quella campagna: Landi Vincenzo avrà la Croce di Cavaliere; Spegazzini
Pietro, Gastaldi Pacifico, Sprovieri Francesco e Strambio Luigi avranno la
Medaglia d’oro al Valor Militare; Landi Vincenzo e Sproviero Francesco, già
menzionati, avranno anche una menzione onorevole, equivalente ad un’attuale
Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Il 5 giugno 1859
gli austriaci abbandonano Varese ed il varesotto mentre cinque gendarmi
austriaci di stanza a Laveno si arrendono consegnandosi alle autorità comunali
di Gemonio, mentre altri seicento austriaci di stanza al forte, il giorno 9
giugno, via lago raggiungono Locarno e poi Bellinzona dove trovano rifugio,
disarmati.
Le cronache di
quegli anni risorgimentali ci ricordano che il 17 luglio, sempre del 1859,
transita sulle nostre strade Vittorio Emanuele II; proviene da Varese e, in
carrozza, si porta a Laveno, dove si imbarca sul piroscafo S. Bernardino per
recarsi ad Arona, tra i festeggiamenti della popolazione e delle neonate
amministrazioni comunali.
Da: terra e gente