Primi documenti (1121)

Cittiglio è un borgo d’antica origine, come luogo abitato risale all’epoca romana. L. Perpenti, nell’Almanacco della Provincia di Como del 1840, parla di due iscrizioni romane scoperte nel paese, una serviva da soglia alla chiesa di San Biagio l’altra nel muro di una stalla nella frazione omonima. Queste iscrizioni di marmo, che ora si trovano al museo Giovio a Como, parlano di quadrumviri romani che esercitavano diritto a Como e che molto probabilmente avevano scelto Cittiglio come luogo di villeggiatura. Per quanto concerne le fonti documentarie ne troviamo già a partire dal Medioevo.
   Cittiglio è nominato già in carte del 1121 d.C. come CITILLI (riportato dal Maranesi). Nel 1162 come CITTILIO (riportato dal Rota); in una pergamena di questo periodo è riportata una questione fra l’Arciprete Landolfo della Madonna del Monte da una parte ed i Consoli di Velate e delle vicinanze dall’altra per il godimento di un certo bosco detto Gaggio. In essa viene citato come testimone un Guifredo, console allora di Cittiglio. Da questa pergamena si deduce che Cittiglio, come tutta la valle, apparteneva

Panorama di Cittiglio ('800)

 al contado di Seprio, di cui seguì le sorti nelle molte guerre, e che come quasi tutti i paesi valcuviani si reggeva a comune indipendente con i suoi sindaci e consoli.
   Si apprende da una monografia del Turazza che nel 1156 un Ugo De Cittilli era tra i consoli della Repubblica Milanese; un diploma imperiale di Federico I di Svevia (Federico Barbarossa), datato 11 febbraio 1159, riconferma al Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia la Curia di Cistella; ancora un breve recordacionis dell’Agosto 1174 attesta la presenza di un presbiter Ugo, beneficialis ecclesie sanctii Iulii de Citilio; infine una ostentio et parificatio del Giugno 1235 prova e localizza l’esistenza di un castrum in località S. Biagio.
   L’atto del 1174 prova che a Cittiglio fosse organizzata una comunità’ rurale che continuerà’ fino alle riforme Teresiane (1700 circa). Il comune era retto da una “vicinia” ossia un organo composto da tutti i capi famiglia, che si radunava ogni domenica dopo la messa davanti alla chiesa. L’amministrazione era gestita da un Console, un Sindaco e un Cancelliere e, dai primi decenni del 1700 da sei Deputati; ogni carica comunale veniva rinnovata annualmente. Le famiglie più importanti del paese furono i “de Morsiolo”, “ de Citilio” e da ultimo i Luvini, fondatori dell’opera Pia Luvini, nonché futuro ospedale di Cittiglio.
   Sotto l'anno 1243, in un atto peritale per la misurazione estima di beni in Ternate, appartenenti al Monastero di S. Ambrogio in Milano, cita, come testimone, un dominius - signore - Enrico da Cittiglio.
   In documenti del 1295-'98 papa Bonifacio VIII indice una decima papale per far fronte alle disastrose finanze vaticane. Vengono chiamati a pagare le tasse anche il prevosto ed i canonici di S. Lorenzo di Cuvio e gli altri religiosi sparsi nella valle. A Cittiglio sono Guillelmus cappellanus e Lonselmus clericus.
   Nel 1450 veniva poi infeudato con tutta la valle da Francesco I Sforza ai Cotta.
   Nel 1535 Cittiglio appartiene al ducato di Milano e troviamo un mastro Giovanni Greglie da Cittiglio, che con la squadra di Biumo giura fedeltà a Carlo V, secondo l’obbligo imposto.
   Nel 1927 tramite decreto regio n.2443 furono annessi i comuni di Brenta e Vararo. Mentre Brenta ritornò autonomo nel secondo dopoguerra, Vararo fa ancora oggi parte del territorio comunale.
   Documenti su Vararo esistono invece già dall’anno 846 d.C., un permesso concesso da tale nobile Arembarto, vassallo dell’imperatore, al custode della Chiesa di SS. Primo e Feliciano di Leggiuno, di far pascolare le sue pecore in "selva nostra"  sul monte a Vararo o Monteggia (... in silvas nostras in monte nostro in Varai sen Montecla). Nel 1081 altri documenti attestano l’esistenza di un loco e fiume Varade (Vararo).

Vararo (primi '900)

   Vararo, paesino collocato sul ciglio della dorsale montana dei Pizzoni, ebbe particolare importanza nei secoli XVIII e XIX. Proprio in quegli anni infatti, il nucleo abitativo ebbe un notevole sviluppo. L’aumento degli abitanti determinò condizioni di vita più difficoltose, tanto che alcuni decisero di emigrare stagionalmente per la Francia e la Svizzera.
   Le case erano semplici, costruite con materiale come il sasso e mattoni, abbellite da rustici cortili. Solitamente sull’aia erano collocate cucine con camino e locali per la lavorazione del latte e del formaggio (la casera), mentre al piano superiore vi erano disimpegni e stanze da letto. Altri due elementi indispensabili erano il fienile con la stalla e il portico, simbolo della riunione delle numerose famiglie. A volte si aggiungevano l’ovile, il pollaio e le latrine. Queste tipiche abitazioni rurali erano indissolubilmente legate all’attività contadina, dedita alla pastorizia e all’agricoltura. Oggi molte di queste case non esistono più e pochi sono i rustici ben conservati che caratterizzano l’aspetto alpino del paese.
   Da Vararo partono numerosi sentieri un tempo percorsi dagli abitanti del luogo ma ancora oggi disponibili per curiose passeggiate immersi nella natura. Infatti, proprio per quest’ultimo aspetto naturalistico e per la tranquillità del luogo, il paese è ancora oggi meta di diversi visitatori in cerca di pace e montagna.

Da:

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Cittiglio (Cittiglio, VA)

Le istituzioni storiche del territorio lombardo - Civita

Cittiglio (Cittiglio, VA)

Codice diplomatico della Lombardia medievale

chiesa di San Giorgio al Palazzo, Milano
*Breve* concessionis, 1156 ottobre 2, Milano. [Citilli]
chiesa di San Tommaso, Milano
Carta venditionis, 1145 febbraio, Bogno. [Citilum]
Carta venditionis, 1159 novembre, Bogno. [Citillum]
Carta commutationis, 1170 marzo [Citillum]
monastero di San Felice, Pavia
Ottonis III preceptum confirmationis, 1001 novembre 21, Ravenna. [Cistellum]
Preceptum concessionis et confirmationis, 1014, Pavia. [Cistellum]
Notitia pro securitate, 1014 maggio 7, Pavia. [Cistellum, Cisstellum]
Carta venditionis, 998 gennaio 15, Pavia. [Cistellum]
monastero di Sant'Ambrogio, Milano
Carta commutacionis, 1181 marzo 6, Brenta. [Citilli]
Carta venditionis, 1184 giugno 10, San Sepolcro di Ternate. [Citilli]
Breve recordationis terre, 1187 novembre 16. [Citilium]
Breve recordationis terre, 1187 novembre 16. [Citillum]
Breve recordationis terre, 1187 novembre 16. [Citilum]
Venditio, 1189 aprile 16, Comabbio. [Citilli]
Carta venditionis, 1189 agosto 9 e novembre 10, Comabbio. [Citillium]
Cartula venditionis, 1192 agosto 15, Comabbio. [Citillium]
Venditio, 1192 agosto 15, Comabbio. [Citillium]

 

comune del ducato di Milano
sec. XVI - 1757

I rapporti tra le comunità rurali e i comuni medioevali hanno presentato, all’interno degli stessi confini del ducato milanese, caratteri profondamente diversi da zona a zona, secondo il variare, da una parte, degli elementi costitutivi della comunità, cioè territorio, popolazione, ordinamento, e, dall’altra, dalle origini e dalla posizione assunta dal comune.
Da ciò è disceso che gli ordinamenti delle comunità della pianura o della fascia collinare del ducato, dove si impose fin da alta epoca la grande signoria fondiaria e dove più forti si affermarono gli interessi economici dei ceti cittadini, si distinguono nettamente da quelli delle comunità montane e pedemontane. Il significato del termine stesso di comune, considerando le comunità dell’area montana, è stato molto diverso da quello che il medesimo termine assunse presso la comunità rurale del piano e presso le comunità dei borghi più importanti e delle città.
Per la nascita del fenomeno comunale, nei termini particolari dell’epoca medioevale, furono necessarie varie componenti economiche, sociali e politiche. Elemento catalizzatore fu senz’altro la comunione attiva di interessi che si creò fra tutti coloro che, rustici e nobiles, erano (a diverso titolo e in varie misure) soggetti a un determinato signore, e che per presentare le proprie rivendicazioni di diritti avevano bisogno di esprimere una rappresentanza comune, unica o distinta in rusticana e nobiliare.
Nel periodo medioevale, la qualifica più comune per le località comprese nelle varie pievi milanesi (come risulta, a esempio, dal “liber notitiae” di Goffredo da Bussero) era quella di “vicus”, impiegata a designare i villaggi, gli insediamenti che risultavano da un agglomerato di abitazioni vicine. Altre qualifiche, come “fundus”, “locus”, “locus et fundus”, “vicus et fundus” erano probabilmente usate come sinonimi, per indicare appezzamenti definiti di terreni con i relativi insediamenti familiari.
Nei confini dei contadi milanesi, il sistema comunale iniziò una chiara evoluzione e un progressivo consolidamento nel corso del XIII secolo, quando lo spirito di indipendenza del comune di Milano influenzò e stimolò anche nelle campagne la ricerca di autonomia dai vincoli feudali e di forme più larghe di autogestione. La frammentarietà della documentazione disponibile, tuttavia, costituisce un limite a questo tipo di ricerca. Sul cammino dell’emancipazione delle comunità locali, s’innestavano nuove e sfuggenti realtà: la politica difensiva dei feudatari, l’articolazione della popolazione in nobiles, cives e rustici con differenti legami e interessi diversi, la difficile democrazia interna della comunità, resa effettiva dalla possibilità di elezione dei propri rappresentanti, ma subordinata alla volubile situazione del comune cittadino, la stentata ricerca di equilibrio tra tributi locali, cittadini e feudali, ai quali le comunità rustiche erano sottoposte.
Pur con rare eccezioni, l’estensione dei terreni appartenenti alle comunità comprese nel territorio dei contadi milanesi fu sempre esigua, e non tale, comunque, da poter costituire la base di sviluppo per la stessa istituzione comunale, come avvenne nella fascia prealpina dello stesso ducato. I consorzi comunali sorsero piuttosto come associazioni o compagini (“universitates”) di possessori e rustici locali, che contrattavano con il signore del luogo i limiti entro cui intendere la propria soggezione. La crescita del comune coincise con il declino del sistema curtense, che appare largamente testimoniato, a esempio nel territorio del contado della Martesana, fin dal X secolo.
In tutto il territorio dei contadi milanesi la grande proprietà, laica o ecclesiastica, condizionò sempre, dal medioevo alla fine dell’età moderna, lo sviluppo e l’azione dell’istituzione comunale.
Tra i primi ufficiali eletti dalle università si ritrovavano consoli, campari, porcari, degani, gastaldi: da tali nomine (attestate con più frequenza dal XIII secolo) si può desumere come il comune rurale mirasse in primo luogo all’autonoma gestione dell’economia sviluppata al proprio interno e all’indipendenza dei propri rappresentanti (consoli). I vincoli signorili rimasero tuttavia forti, in non limitati casi, per tutto il XIII secolo.
Negli atti ufficiali del XIV secolo, come a esempio gli statuti delle strade e delle acque del ducato di Milano (Compartizione delle fagie 1346), apparivano compresi nelle pievi milanesi diversi luoghi e cassine, chiamati a contribuire alla manutenzione dei tratti di strada che li attraversavano. Nel periodo visconteo erano numerosi i luoghi e le cassine che “facevano comune” da sè, essendo intestatari ciascuno, all’interno della propria pieve, di una quota di tributi. Tra il XV e il XVI secolo, ma soprattutto dopo la redazione dell’estimo di Carlo V, i prospetti approntati dall’autorità centrale dello stato per le esazioni fiscali e gli estimi erano i documenti principali che consentivano di ricostruire, con sufficiente esattezza, gli elenchi dei comuni agenti con propri ufficiali (almeno console, talvolta esattore a anche cancelliere) all’interno delle pievi. Il maggior numero di comuni, talora di ridottissimo peso demografico, si ebbe nel corso del XVI secolo; dalla seconda metà del XVI secolo, ma in particolar modo con la formazione del nuovo estimo nella prima metà del XVIII secolo, si diffuse la tendenza alla concentrazione dei comuni.
Nelle pievi di pianura e collinari del ducato di Milano le strutture delle amministrazioni locali, dal loro emergere nelle fonti alla riforma teresiana del 1755, rimasero assai semplici, e per lo più regolate secondo uno schema comune.
L’assemblea pubblica degli uomini del comune, cioè di coloro che pagavano gli oneri alla camera ducale e regia (denominata convocato o adunanza, oppure indicata come consiglio generale) costituiva l’organo deliberativo, in alternativa, in taluni centri, a un consiglio di più ridotte dimensioni, formato dai rappresentanti dei maggiorenti locali. Assemblee e consigli erano convocati dal console, nella maggior parte dei casi sulla pubblica piazza, premesso il suono della campana. Le riunioni avvenivano generalmente all’inizio o alla fine di ogni anno, per il rinnovo delle cariche comunitarie e per l’approvazione della ripartizione degli oneri spettanti alla comunità; solo di rado erano nuovamente convocati, in via straordinaria, per questioni di rilevante importanza, o quando si trattava di stanziare nuovi tributi. In gran parte delle comunità delle pievi milanesi, consoli (per l’esercizio subordinato delle azioni di tutela dell’ordine pubblico e del rispetto delle norme amministrative) e sindaci (responsabili della conduzione amministrativa del comune), coadiuvati da un notaio o cancelliere, talvolta da un contabile o ragionatto, e da servitori comunali (messi) costituivano l’intero apparato esecutivo. Esattori e postari del sale, scelti con asta pubblica (incanto) e nominati dall’assemblea, si accollavano le operazioni connesse alla riscossione dei tributi diretti e indiretti. La formazione dei “capitoli” di regolamentazione dell’attività degli esattori, insieme alla formazione e approvazione dei “comparti” o “riparti” (la suddivisione, cioè, dei diversi tributi gravanti sulla popolazione del luogo), costituivano in molte piccole terre la principale preoccupazione degli amministratori. Tuttavia, entro tale schema generale, permanevano varietà di sistemi riconducibili, oltre che alla diversa ampiezza e importanza dei comuni, alla loro posizione geografica e a particolari situazioni storiche, al vario stratificarsi di consuetudini locali e di normativa emanata dal potere centrale. In molte piccole o piccolissime terre gli organi deliberativi si riducevano così, come si è accennato, a più ristretti consigli, nei quali un numero limitato di proprietari terrieri si radunava per decidere le consuete nomine comunali e per risolvere i problemi della vita locale. Il sistema di governo delle comunità nel ducato milanese, sostanzialmente ereditato dall’età medioevale, si trasmise formalmente in modo quasi immutato fino al XVIII secolo, non senza tuttavia aver accolto tendenze a un maggior irrigidimento nella composizione degli organi amministrativi locali e propensioni a un graduale atrofizzarsi della partecipazione collettiva, a favore di ridotte rappresentanze, per lo più di proprietari terrieri o loro agenti e procuratori (Superti Furga 1979).
L’organizzazione amministrativa delle comunità che componevano il territorio del ducato consolidatasi nel corso dei secoli secondo le tradizionali norme sancite dalle consuetudini può essere ancora ricostruita attraverso la documentazione raccolta in occasione delle operazioni censuarie iniziate nel secolo XVIII da Carlo VI e terminate in età teresiana. Particolarmente utili sotto questo aspetto risultano le “risposte ai 45 quesiti” fornite dai cancellieri delle comunità alla giunta del censimento, nelle quali l’organizzazione comunitaria appare strettamente intrecciata al sistema fiscale e trova la propria ragione d’essere nella compatibilità con il tortuoso e articolato sistema di ripartizione ed esazione delle imposte.
Alla metà del XVIII secolo, epoca di rilevazione dei 45 quesiti, caratteristica della vita locale era la spiccata frammentazione amministrativa. Comuni, spesso costituiti da agglomerati di poche case, e cascine si amministravano separatamente e pagavano separatamente la loro quota fiscale.
Tra gli apparati amministrativi di ogni comunità, l’organo deliberativo era l’assemblea dei capi di casa, denominata anche consiglio generale o convocato. Prerogativa dell’assemblea generale era l’approvazione dei bilanci, la ripartizione degli oneri, il rinnovo delle cariche comunitarie. Riunioni “straordinarie” erano invece indette per discutere problemi di particolare rilevanza o per far fronte a situazioni inaspettate e imprevedibili, provocate da calamità naturali, dalla guerra, dall’alloggiamento di eserciti, o ancora quando si trattava di approvare ulteriori aggravi finanziari a carico della comunità o di prendere decisioni che incidevano sul patrimonio pubblico (Superti Furga 1995).
È verosimile ritenere anche nelle comunità più piccole, di fatto prive di una vera e propria vita amministrativa, si riunissero una volta all’anno i “capi di casa” insieme agli ufficiali comunali per l’approvazione dei “riparti” relativi a spese e taglie.
Al consiglio particolare o consiglio ristretto in seno alle comunità erano demandate sia funzioni deliberative sia tutte le competenze di carattere esecutivo. Con tendenza diffusa soprattutto a partire dalla fine del XVI secolo, in non poche comunità l’attività dei consigli fu progressivamente subordinata al controllo delle persone più facoltose delle comunità, alle quali, sovente attraverso i loro agenti, a volte direttamente, era riconosciuta la possibilità di intervenire in ogni momento della vita amministrativa e di vincolare alla loro approvazione le operazioni di ripartizione dei carichi fiscali.
Per l’ordinaria gestione della vita quotidiana di ogni singola comunità prestavano servizio i consoli, normalmente scelti tra le “persone vili”. Nominati “a pubblico incanto” o secondo un ruolino di turni, i consoli ricevevano una modestissima remunerazione per svolgere compiti di polizia locale, presenziare agli arresti, notificare le confische di beni, sporgere le denunce per i reati che venivano commessi nei territori del comune. Tali denunce dovevano essere presentate al “maior magistratus” cui la comunità era giurisdizionalmente subordinata e di fronte al quale il console era tenuto, di norma ogni anno, a prestare giuramento. Presso la “banca criminale” del giudice (podestà) il console prometteva di impegnarsi a svolgere le proprie mansioni con diligenza e scrupolosa applicazione delle norme e degli statuti.
Nell’occasione la comunità corrispondeva al giusdicente una modesta somma (Superti Furga 1995).
Sindaco, cancelliere ed esattore, a volte camparo e fante, erano le cariche che completavano l’apparato comunale.
Generalmente al cancelliere spettava il compito di tenere in ordine i libri dei riparti delle imposte, i libri del bilancio comunale e tutte le pubbliche scritture. Spesso il cancelliere operava in più comunità e riceveva da ognuna uno stipendio proporzionato alle incombenze e alla mole di lavoro che doveva svolgere.
In caso di necessità la difesa degli interessi della comunità era demandata a procuratori speciali, scelti tra gli esponenti più rappresentativi della realtà locale.
Unica persona legalmente riconosciuta per la riscossione delle imposte era infine l’esattore, nominato generalmente ogni triennio. Nel momento stesso della nomina, che solitamente avveniva per asta pubblica, esattore e comunità fissavano, oralmente o per iscritto, “i patti di convenzione” che stabilivano la scadenza dei pagamenti, l’interesse sulle somme, l’onorario. L’esattore aveva l’obbligo di pagare, entro la data prefissata e senza possibilità di dilazione, le imposte dovute usando del capitale proprio; in seguito doveva provvedere alla riscossione sulla base dei riparti che gli venivano consegnati dalla comunità presso cui prestava servizio. Doveva innanzitutto esigere dai singoli contribuenti la quota corrispondente ai carichi regi e provinciali; in secondo luogo, provvedere alla esazione dei tributi per le spese locali. Per le somme che non riusciva a riscuotere l’esattore aveva la facoltà di “retrodare, ossia di imporre di nuovo la prima esazione sopra i paganti e contribuenti” (Risposte ai 45 quesiti, 1751).

Archivi
Risposte ai 45 quesiti, 1751
Risposte ai Quarantacinque quesiti della Real Giunta del Censimento, 1751, ASMi, Catasto, cartt. 3018-3025 (distretti censuari della provincia di Pavia); cartt. 3026-3042 (distretti censuari della provincia di Como); cartt. 3043-3051 (distretti censuari della provincia di Lodi); cartt. 3052-3058 (distretti censuari della provincia di Cremona); cartt. 3059-3074 (distretti censuari della provincia di Milano) .
Bibliografia
Compartizione delle fagie 1346
Gli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano fatti nel 1346, a cura di G. Porro Lambertenghi, Milano, 1856 (ristampa anastatica a cura di A. Stella, Milano, 1992).
Superti Furga 1979
I. Superti Furga, Le vicende politiche dal dominio straniero all'età napoleonica, in Storia di Monza e della Brianza, a cura di A. Bosisio, G. Vismara, vol. III, Milano, 1979.
Superti Furga 1995
I. Superti Furga, L'amministrazione locale, in Angera, città e feudo dei Borromeo, Gallarate, 1995.

 


CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

comune di Cittiglio
sec. XIV - 1757

Gli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano segnalano “El locho de Citilio” tra le località della pieve di Cuvio che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346, p. 21). Nel 1450, con istrumento in data 16 maggio del notaio Giacomo Perego, il territorio della Valcuvia, comprendente Cittiglio, venne concesso in feudo dal duca Francesco I Sforza al suo consigliere Pietro Cotta. Il feudo passò nel 1727 al conte Giulio Visconti Borromeo, con diritto del venditore, il giureconsulto Pietro Cotta, all’esazione dei diritti feudali, cioè del censo dell’imbottato, vita natural durante (Casanova 1904).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII e XVIII secolo Cittiglio risultava tra le comunità censite nella pieve di Somma (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 49).
Con decreto del 13 novembre 1730 il delegato Bottigella stabilì l’aggregazione di Vararo a Cittiglio, ma nel 1751, secondo le risposte ai 45 quesiti della II giunta del censimento, Cittiglio non risultava avere altri comuni aggregati, anche se Vararo era descritto nella sua stessa mappa catastale. Il comune era infeudato al conte Giulio Visconti Borromeo Arese, cui pagava di censo feudale 184 lire e 15 soldi.
La comunità, che comprendeva circa 350 anime collettabili e non collettabili, era sotto la giurisdizione del podestà feudale di Cuvio, al quale pagava 18 lire e 18 soldi ogni anno. Il console portava però le denunce anche al regio ufficio di Varese, cui non prestava peraltro giuramento.
Non vi era un consiglio generale, ma il sindaco, il console e il cancelliere con sei deputati si riunivano assieme ai capi famiglia, previamente avvisati, nella piazza comunale per trattare degli affari della comunità. Tutte le cariche avevano durata annuale. Il cancelliere, residente nel comune, percepiva un salario di 55 lire, oltre all’esenzione dai carichi personali, e custodiva le scritture (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3037, vol. D XVIII, Como, Valcuvia, fasc. 12).

Archivi
Estimo di Carlo V, Ducato di Milano
Estimi del ducato di Milano del 1558, con aggiornamenti fino al XVII secolo, ASCMi, Località foresi, cartt. 1-52.
Risposte ai 45 quesiti, 1751
Risposte ai Quarantacinque quesiti della Real Giunta del Censimento, 1751, ASMi, Catasto, cartt. 3018-3025 (distretti censuari della provincia di Pavia); cartt. 3026-3042 (distretti censuari della provincia di Como); cartt. 3043-3051 (distretti censuari della provincia di Lodi); cartt. 3052-3058 (distretti censuari della provincia di Cremona); cartt. 3059-3074 (distretti censuari della provincia di Milano) .
Bibliografia
Casanova 1904
E. Casanova, Dizionario feudale delle provincie componenti l'antico Stato di Milano all'epoca della cessazione del sistema feudale, Bologna, 1904.
Compartizione delle fagie 1346
Gli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano fatti nel 1346, a cura di G. Porro Lambertenghi, Milano, 1856 (ristampa anastatica a cura di A. Stella, Milano, 1992).

CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

comune di Cittiglio
1757 - 1797

Nel compartimento territoriale del 1757 Cittiglio risultava far parte della pieve di Valcuvia (editto 10 giugno 1757). Il comune entrò nel 1786 a far parte della provincia di Gallarate, con le altre località della pieve di Valcuvia, a seguito del compartimento territoriale della Lombardia austriaca, che divise il territorio lombardo in otto province (editto 26 settembre 1786 c). Nel 1787 Varese sostituì Gallarate alla guida della provincia, ma venne subito inglobata nella provincia di Milano, pur rimanendo sede dell’intendenza politica. Nel 1791, soppresse le intendenze politiche, la Valcuvia fu inserita nel distretto censuario XXXVIII della provincia di Milano (Compartimento Lombardia, 1791).
Archivi
Compartimento Lombardia, 1791
“Nuovo compartimento territoriale per l'anno 1791 correlativo a quello che vigeva dal 1760 al 1785”, ASMi, Censo p.a., cart. 280.
Legislazione
editto 10 giugno 1757
Editto portante il comparto territoriale dello Stato di Milano, 10 giugno 1757, ASMi, Codice Censuario, Milano, 1760.
editto 26 settembre 1786 c
Editto portante il compartimento territoriale della Lombardia austriaca, 26 settembre 1786, ASMi.

 

CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

comune di Cittiglio
1798 - 1809

Per effetto della legge 26 marzo 1798 di organizzazione del dipartimento del Verbano (legge 6 germinale anno VI b) il comune di Cittiglio venne inserito nel distretto di Cuvio. Soppresso il dipartimento del Verbano (legge 15 fruttidoro anno VI c), con la successiva legge 26 settembre 1798 di ripartizione territoriale dei dipartimenti d’Olona, Alto Po, Serio e Mincio (legge 5 vendemmiale anno VII), Cittiglio entrò a far parte del distretto di Laveno, inserito nel dipartimento dell’Olona. Nel compartimento territoriale del 1801 il comune fu collocato nel distretto II di Varese del dipartimento del Lario (legge 23 fiorile anno IX). Nel 1805, un ulteriore compartimento territoriale inserì Cittiglio nel cantone V di Cuvio del distretto II, di Varese, del dipartimento del Lario. Il comune, di III classe, aveva 796 abitanti (decreto 8 giugno 1805 a).
Il progetto per la concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario prevedeva l’inclusione di Cittiglio nel cantone III di Cuvio del distretto II di Varese, come comune denominativo con i comuni aggregati di Caravate ed uniti, Cittiglio, Gemonio, Vararo (Progetto di concentrazione 1807, Lario). Dopo la soppressione del cantone di Cuvio, decisa nel biennio seguente, Cittiglio venne unito al comune di Brenta, nel cantone II di Gavirate del distretto II di Varese (decreto 4 novembre 1809 b). Con il successivo compartimento territoriale del dipartimento del Lario, Cittiglio era ancora tra gli aggregati del comune di Brenta, sempre nel cantone II di Gavirate del distretto II di Varese (decreto 30 luglio 1812).

Archivi
Progetto di concentrazione 1807, Lario
“Progetto per la concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario, ritornato dal Prefetto il 30 novembre 1807”, ASMi, Censo p.m., cart. 754.
Legislazione
legge 6 germinale anno VI b
Ripartizione in distretti e comuni del dipartimento del Verbano, 26 marzo 1798, Direttorio esecutivo, "Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano nell'anno VI Repubblicano", Milano, 1798, tomo V, pp. 18-19.
legge 15 fruttidoro anno VI c
Soppressione del dipartimento del Verbano, 1 settembre 1798.
legge 5 vendemmiale anno VII
Divisione in distretti e circondari dei dipartimenti dell'Olona, Alto Po, Serio e Mincio, 26 settembre 1798, Direttorio esecutivo, "Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi ec. pubblicati in Milano nell'anno VII Repubblicano", Milano, 1798, tomo VI, pp. 11-22.
legge 23 fiorile anno IX
Divisione in dipartimenti, distretti e comuni del territorio della Repubblica Cisalpina , 13 maggio 1801, Raccolta delle leggi, proclami, ordini e avvisi pubblicati in Milano, Milano, s.d. (1801), tomo II, p. 148-173.
decreto 8 giugno 1805 a
"Decreto sull'Amministrazione pubblica, e sul Comparto territoriale del Regno", 8 giugno 1805, Napoleone, Imperatore dei francesi e Re d'Italia, "Bollettino delle leggi del Regno d'Italia. Parte prima. Dal 1 Gennaio al 30 Giugno 1805", Milano, [1805], pp. 141-304.
decreto 4 novembre 1809 b
Aggregazione dei comuni del dipartimento del Lario, 4 novembre 1809, ASCo, Fondo Prefettura, cart. 1310.
decreto 30 luglio 1812
Aggregazione dei comuni del Dipartimento del Lario, 30 luglio 1812, Eugenio Napoleone di Francia, Vice Re d'Italia, Principe di Venezia, Arcicancelliere di Stato dell'Impero Francese, ASMi, Censo p. m., cart. 754.

 

CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

comune di Cittiglio
1816 - 1859

Con l’attivazione dei comuni della provincia di Como, in base alla compartimentazione territoriale del regno lombardo-veneto (notificazione 12 febbraio 1816), il comune di Cittiglio fu inserito nel distretto XVIII di Cuvio.
Con dispaccio governativo 1827 gennaio 15 n. 40/9 fu autorizzata la sostituzione, nel comune di Cittiglio, del consiglio comunale al convocato generale (Variazioni compartimento provincia di Como, 1816-1835).
Cittiglio, comune con consiglio, fu confermato nel distretto XVIII di Cuvio in forza del successivo compartimento territoriale delle province lombarde (notificazione 1 luglio 1844).
Nel 1853 (notificazione 23 giugno 1853), Cittiglio, comune con consiglio comunale senza ufficio proprio e con una popolazione di 1110 abitanti, fu inserito nel distretto XIX di Gavirate.

Archivi
Variazioni compartimento provincia di Como, 1816-1835
“Quadro delle variazioni avvenute nel compartimento territoriale e nella amministrazione dei comuni della Provincia di Como a tutto marzo 1835 dopo la pubblicazione delle Notificazioni 12 febbrajo e 12 aprile 1816, compilato in esecuzione della Governativa Circolare 24 febbrajo 1835 n. 5907/1955”, ASMi, Censo p. m., cart. 777.
Legislazione
notificazione 12 febbraio 1816
"Compartimento territoriale della Lombardia da attivarsi col 1° maggio", 12 febbraio 1816, Imperiale regio governo di Milano, "Atti del governo di Lombardia. Parte prima. Dal 1° gennaio al 30 giugno 1816", Milano, [1816], pp. 62-176.
notificazione 1 luglio 1844
"Pubblicazione del compartimento territoriale delle provincie lombarde rettificato a seconda delle variazioni sopravvenute dopo il febbraio 1816", 1 luglio 1844, Imperiale Regio Governo, "Raccolta degli atti dei Governi di Milano e di Venezia e delle disposizioni generali emanate dalle diverse autorità in oggetti sì amministrativi che giudiziari divisa in due parti. Volume II. Parte prima. Patenti e notificazioni pubblicate dal 1° luglio al 31 dicembre 1844", Milano,1844, pp. 83-127.
notificazione 23 giugno 1853
"Compartimento territoriale della Lombardia", 23 giugno 1853, Luogotenenza Lombarda , "Bollettino provinciale degli atti di Governo per la Lombardia. Parte II. Volume unico=puntata 1-16. Anno 1853", Milano, 1853, pp. 207-293.

 

CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

comune di Cittiglio
1859 - [1971]

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Cittiglio con 1.110 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento III di Cuvio, circondario II di Varese, provincia di Como. Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 1.112 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867).
Popolazione residente nel comune: abitanti 1,141 (Censimento 1871); abitanti 1.330 (Censimento 1881); abitanti 1.330 (Censimento 1901); abitanti 1.370 (Censimento 1911); abitanti 1.425 (Censimento 1921). Nel 1924 il comune risultava incluso nel circondario di Varese della provincia di Como. In seguito alla riforma dell’ordinamento comunale disposta nel 1926 il comune veniva amministrato da un podestà. Nel 1927 il comune venne aggregato alla provincia di Varese. Nel 1927 al comune di Cittiglio vennero aggregati i soppressi comuni di Brenta e Vararo (R.D. 12 agosto 1927, n. 2443). Popolazione residente nel comune: abitanti 2.469 (Censimento 1931); abitanti 2.431 (Censimento 1936). In seguito alla riforma
dell’ordinamento comunale disposta nel 1946 il comune di Cittiglio veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Popolazione residente nel comune: abitanti 2.861 (Censimento 1951). Nel 1953 venne ricostituito il suddetto comune di Brenta (D.P.R. 9 luglio 1953, n. 575). Popolazione residente nel comune di Cittiglio: abitanti 2.417 (Censimento 1961); abitanti 3.079 (Censimento 1971). Nel 1971 il comune di Cittiglio aveva una superficie di ettari 1.150.

 

CITTIGLIO (Cittiglio, VA)

parrocchia di San Giulio
sec. XVII - [1989]

Parrocchia della diocesi di Como. Dall'inventario dell'archivio della collegiata di San Lorenzo di Canonica, in data 2 giugno 1235, risulta una notifica fatta per il curato di Cittiglio di cinque pezze di terra in paese a favore di detta collegiata: a questa data esisteva dunque un curato e un beneficio (Il romanico dietro l’angolo). Alla fine del XIII secolo risultano presenti a Cittiglio un cappellano e un chierico (Perelli Cippo 1976). Da un documento del 1421 risulta che i proprietari avevano costituito per il curato della chiesa di San Biagio, nel territorio di Cittiglio, un beneficio relativo a beni fondiari (Il romanico dietro l’angolo).
Nell'elenco del clero allegato agli atti del sinodo comense del 1565 del vescovo Gianantonio Volpi è attestata la presenza di un rettore della chiesa di San Giulio di Cittiglio "in valle Cuvii" (Sinodo Volpi 1565). Nel 1592, al tempo della visita pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda in Valcuvia, la comunità di Cittiglio contava 100 fuochi, per un totale di 500 anime, di cui 300 comunicate. Non distante dal paese sorgeva la "ecclesia parochialis", separata dalla matrice di San Lorenzo, dedicata a San Giulio confessore; gli uffici sacri erano celebrati da un rettore titolare. Nel contado di Cittiglio esistevano anche una chiesa dedicata a Santa Maria e un "sacellum" dedicato a San Silvestro in località Parezzana; la "capella seu ecclesia" di San Biagio su un colle (Visita Ninguarda 1589-1593). Nel 1651 la chiesa di San Giulio di Cittiglio è attestata come parrocchiale nella pieve e vicariato di Cuvio, territorialmente compresa nel ducato di Milano (Ecclesiae collegiatae 1651).
Nello stato di tutte le chiese parrocchiali della città e diocesi di Como, spedito nel 1773 dal vescovo Giambattista Mugiasca al governo di Milano, i redditi del parroco risultavano derivare da fondi per lire 85.10; da decime e primizie per lire 394. La parrocchia contava 773 anime (Nota parrocchie diocesi di Como, 1773). Alla parrocchia di Cittiglio fu incorporata la chiesa di San Bernardo di Vararo fino verso la metà del XVIII secolo quando fu eretta anch'essa in parrocchia (Il romanico dietro l’angolo). Nel 1788, nella pieve di Cuvio, la parrocchia di San Giulio di Cittiglio era di libera collazione. Essa contava circa 845 anime. Nel territorio della parrocchia esistevano la chiesa della Beata Vergine, e gli oratori di patronato Porta e di San Biagio di patronato della famiglia Castelbesozzi (Sistemazione parrocchie diocesi di Como, 1788). La chiesa di San Giulio di Cittiglio è attestata alla fine del XVIII secolo come parrocchia, di libera collazione, nella pieve e vicariato di Cuvio (Ecclesiae collegiatae 1794).
Nel 1892, all'epoca della visita pastorale del vescovo Andrea Ferrari, lo stato attivo del beneficio parrocchiale era di lire 600; lo stato passivo era di lire 150; il supplemento di congrua era di lire 172. Entro i confini della parrocchia di Cittiglio, di nomina vescovile, esistevano gli oratori di San Biagio, Sant'Antonio, San Carlo. Nella chiesa parrocchiale di San Giulio e della Beata Vergine Purificata si aveva la confraternita del Santissimo Sacramento, sia maschile che femminile, le società del Carmelo e del Rosario Perpetuo. Il numero dei parrocchiani era 1627 (Visita Ferrari, Vicariato di Cuvio).
La parrocchia di San Bernardo dottore di Vararo fu unita "aeque principaliter in perpetuum" alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio con decreto 12 maggio 1956 del vescovo Felice Bonomini (decreto 12 maggio 1956) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1956).
Nel corso del XX secolo la parrocchia di Cittiglio è sempre stata compresa nel vicariato foraneo di Cuvio, fino al decreto 29 gennaio 1968 per l'istituzione delle zone pastorali nella diocesi di Como, in seguito al quale fu assegnata alla zona pastorale XVI delle Valli Varesine e al vicariato di Canonica (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968); con decreto 10 aprile 1984 è stata inclusa nel vicariato B delle Valli Varesine (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984). Con decreto 16 luglio 1986 del vescovo Teresio Ferraroni la parrocchia di Vararo fu accorpata definitivamente a quella di Cittiglio (decreto 16 luglio 1986/32) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1986).

Archivi
Nota parrocchie diocesi di Como, 1773
“Censimento di tutte le parrocchie della diocesi e loro rendite”, 1773, ASDCo, sez. Miscellanea, cart. 5.
Sinodo Volpi 1565
Synodus Diocesana Comensis de anno MDLXV celebrata Reverendissimo Domino Domino Ioanne Antonio Vulpio Episcopo Comensi et Comite Praesidente, 1565, ASDCo, Visite Pastorali, Gianantonio Volpi, cart. 4.
Sistemazione parrocchie diocesi di Como, 1788
“Sistemazione parrocchie”, 1788, ASDCo, Titolo VIII, cart. 1.
Visita Ferrari, Vicariato di Cuvio
Atti della visita pastorale del vescovo Andrea Ferrari, ASDCo, Visite pastorali, Cuvio - Marchirolo - Lavena - Isola - Lenno, cart. 218, 1892-1894.
Legislazione
decreto 12 maggio 1956
Unione aeque principaliter in perpetuum della parrocchia di San Bernardo di Vararo alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio, 12 maggio 1956, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1956.
decreto 29 gennaio 1968
Istituzione delle zone pastorali, 29 gennaio 1968, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1968.
decreto 10 aprile 1984
Costituzione dei nuovi vicariati foranei, 10 aprile 1984, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1984.
decreto 16 luglio 1986/32
Accorpamento della parrocchia di San Bernardo di Vararo alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio, 16 luglio 1986, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1986.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.
Ecclesiae collegiatae 1651
Ecclesiae Collegiatae, et Parochiales, et Viceparochiales Urbis, et Suburbiorum, ac Dioecesis Comensis in Congregationes distinctae, Como, 1651, Il testo è compreso in "Ordo habendi congregationes urbanas et plebanas decretis et monitis a vicariis foraneis & aliis observandis. Nonnullisque ad Cleri utilitatem pertinentibus additis. Illustrissimi, & Reverendissimi D.D. Lazari Carafini Episcopi Comensis, et Comitis &c. Iussu Editus. Comi, Tipographia Nicolai Caprani MDCLI" (Allegato al Sinodo I, conservato in ASDCo, Atti sinodali, cart. I).
Ecclesiae collegiatae 1794
Ecclesiae collegiatae, praepositurales, parochiales, et vice parochiales urbis et suburbiorum ac dioecesis comensis, Como, 1794.
Il romanico dietro l'angolo
Il romanico dietro l'angolo. Elementi di conoscenza dell'arte romanica. La pieve di Cuvio. Canonica di Cuveglio: la chiesa di Santa Maria. Caravate: la chiesa di Sant'Agostino. Aga di Casalzuigno: la chiesa di San Bernardino, Varese, La Tipografica, s.d.
Perelli Cippo 1976
La diocesi di Como e la decima del 1295-98, a cura di R. Perelli Cippo, in «Studi di storia medioevale e di diplomatica», 1, 1976, p. 91-261.
Visita Ninguarda 1589-1593
Atti della visita pastorale diocesana di F. Feliciano Ninguarda vescovo di Como (1589-1593), ordinati e annotati dal Sac. Dott. Santo Monti e pubblicati per cura della Società Storica Comense negli anni 1892-1898, Como, Edizioni New Press, 1992, 2 v..

 

CUVIO (Cuvio, VA)

pieve di Valcuvia
sec. XIV - 1757

La pieve di Valcuvia appare citata negli statuti delle strade e delle acque del ducato di Milano, redatti nel 1346 (Compartizione delle fagie 1346). Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo, risultavano far parte della pieve le località seguenti: Arcumeggia, Accio (Azzio), Bedio (Bedero), Brenta, Brinzio, Casale, Caravate, Casalzuigno, Cassano, Varè, Cabiaglio, Caona (Cavona), Cittiglio, Cuvelio, Cuvio, Duno, Farera (Ferrera), Gemonio, Marsiago (Masciago), Orino, Rancio, Ranco, Vergobio, Zuigno (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 49).
Archivi
Estimo di Carlo V, Ducato di Milano
Estimi del ducato di Milano del 1558, con aggiornamenti fino al XVII secolo, ASCMi, Località foresi, cartt. 1-52.
Legislazione
editto 10 giugno 1757
Editto portante il comparto territoriale dello Stato di Milano, 10 giugno 1757, ASMi, Codice Censuario, Milano, 1760.
editto 26 settembre 1786 c
Editto portante il compartimento territoriale della Lombardia austriaca, 26 settembre 1786, ASMi.
Bibliografia
Compartizione delle fagie 1346
Gli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano fatti nel 1346, a cura di G. Porro Lambertenghi, Milano, 1856 (ristampa anastatica a cura di A. Stella, Milano, 1992).

VARARO (Cittiglio, VA)

comune di Vararo
sec. XV - 1757

Vararo apparteneva alla pieve di Valcuvia.
Nel 1450, con istrumento in data 16 maggio del notaio Giacomo Perego, il territorio della Valcuvia venne concesso in feudo dal duca Francesco I Sforza al suo consigliere Pietro Cotta. Il feudo passò nel 1727 al conte Giulio Visconti Borromeo, con diritto del venditore, il giureconsulto Pietro Cotta, all’esazione dei diritti feudali, cioè del censo dell’imbottato, vita natural durante (Casanova 1930).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, Vararo, comunità di circa 115 abitanti della pieve di Valcuvia, era infeudata a Giulio Visconti, cui pagava annualmente 8 lire e 4 soldi come censo feudale. Il giudice ordinario era il podestà feudale di Cuvio, C. Buzzi; ma il console del comune era obbligato anche a portare le denunce al regio ufficio di Varese, senza però prestare giuramento ad alcuna banca criminale. Il comune era stato probabilmente aggregato anticamente a Cittiglio e sarebbe stato separato successivamente. Il rapporto con Cittiglio era confermato dal pagamento di 15 lire all’anno per il censo del sale a quella comunità, che poi provvedeva ad effettuare il versamento alla regia camera. Vararo chiedeva pertanto l’assegnazione diretta del censo del sale senza dover dipendere da Cittiglio.
L’amministrazione era curata dal sindaco e dal console. La carica di sindaco veniva messa all’incanto ed era assegnata a chi facesse la maggiore oblazione a favore della comunità. Il consolato era invece attribuito mensilmente a turno ad ogni focolare. I due deputati costituivano i pubblici riparti e li comunicavano a tutti i capifamiglia. Si convocava infine il popolo in piazza e si rendevano pubblici i carichi determinati. Il sindaco svolgeva anche il lavoro del cancelliere e conservava le scritture pubbliche (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3037, vol. D XVIII, Como, Valcuvia, fasc. 20).

Nel compartimento territoriale del 1757 Vararo risultava compreso nella pieve di Valcuvia (editto 10 giugno 1757). Il comune entrò nel 1786 a far parte della provincia di Gallarate, con le altre località della pieve di Valcuvia, a seguito del compartimento territoriale della Lombardia austriaca, che divise il territorio lombardo in otto province (editto 26 settembre 1786 c). Nel 1787 Varese sostituì Gallarate alla guida della provincia, ma venne subito inglobata nella provincia di Milano, pur rimanendo sede dell’intendenza politica. Nel 1791, soppresse le intendenze politiche, la Valcuvia fu inserita nel distretto censuario XXXVIII della provincia di Milano (Compartimento Lombardia, 1791).
Legislazione
editto 10 giugno 1757
Editto portante il comparto territoriale dello Stato di Milano, 10 giugno 1757, ASMi, Codice Censuario, Milano, 1760.
editto 26 settembre 1786 c
Editto portante il compartimento territoriale della Lombardia austriaca, 26 settembre 1786, ASMi.

VARARO (Cittiglio, VA)

comune di Vararo
1798 - 1809

Per effetto della legge 26 marzo 1798 di organizzazione del dipartimento del Verbano (legge 6 germinale anno VI b) il comune di Vararo venne inserito nel distretto di Cuvio. Soppresso il dipartimento del Verbano (legge 15 fruttidoro anno VI c), con la successiva legge 26 settembre 1798 di ripartizione territoriale dei dipartimenti d’Olona, Alto Po, Serio e Mincio (legge 5 vendemmiale anno VII), Vararo fu spostato nel distretto XV di Laveno, del dipartimento dell’Olona. Con il compartimento territoriale del 1801 il comune fu collocato nel distretto II di Varese del dipartimento del Lario (legge 23 fiorile anno IX). Nel 1805 il comune di Vararo venne inserito nel cantone V di Cuvio, del distretto II di Varese, del dipartimento del Lario. Il comune, di III classe, aveva 179 abitanti (decreto 8 giugno 1805 a).
Il progetto per la concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario prevedeva l’aggregazione di Vararo al comune denominativo di Cittiglio nel cantone III di Cuvio del distretto II di Varese (progetto di concentrazione 1807, Lario). Dopo la soppressione del cantone di Cuvio, decisa nel biennio seguente, Vararo venne unito al comune di Brenta, nel cantone II di Gavirate del distretto II di Varese (decreto 4 novembre 1809 b).
Nel successivo progetto di rettificazione e concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario, venne proposta l’aggregazione di Varano a Laveno “per la maggior vicinanze e per la comodità delle comunicazioni” (Rettificazioni dipartimento del Lario, 1812). Con il successivo compartimento territoriale del dipartimento del Lario, Vararo era tra gli aggregati del comune di Laveno, sempre nel cantone II di Gavirate del distretto II di Varese (decreto 30 luglio 1812).

Archivi
Progetto di concentrazione 1807, Lario
“Progetto per la concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario, ritornato dal Prefetto il 30 novembre 1807”, ASMi, Censo p.m., cart. 754.
Rettificazioni dipartimento del Lario, 1812
“Progetto di rettificazione, e concentrazione dei comuni del dipartimento del Lario”, 1812, ASMi, Censo p.m., cart. 754.
Legislazione
legge 15 fruttidoro anno VI b
Organizzazione e funzioni dei Corpi amministrativi , 1 settembre 1798, Direttorio esecutivo, "Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano nell'anno VI Repubblicano", Milano, 1798, tomo V, pp. 308-312.

VARARO (Cittiglio, VA)

comune di Vararo
1816 - 1859

Con l’attivazione dei comuni della provincia di Como, in base alla compartimentazione territoriale del regno lombardo-veneto (notificazione 12 febbraio 1816), il comune di Vararo fu inserito nel distretto XVIII di Cuvio.
Vararo, comune con convocato, fu confermato nel distretto XVIII di Cuvio in forza del successivo compartimento territoriale delle province lombarde (notificazione 1 luglio 1844).
Nel 1853 (notificazione 23 giugno 1853), Vararo, comune con convocato generale e con una popolazione di 235 abitanti, fu inserito nel distretto XIX di Gavirate.

Legislazione
notificazione 12 febbraio 1816
"Compartimento territoriale della Lombardia da attivarsi col 1° maggio", 12 febbraio 1816, Imperiale regio governo di Milano, "Atti del governo di Lombardia. Parte prima. Dal 1° gennaio al 30 giugno 1816", Milano, [1816], pp. 62-176.
notificazione 1 luglio 1844
"Pubblicazione del compartimento territoriale delle provincie lombarde rettificato a seconda delle variazioni sopravvenute dopo il febbraio 1816", 1 luglio 1844, Imperiale Regio Governo, "Raccolta degli atti dei Governi di Milano e di Venezia e delle disposizioni generali emanate dalle diverse autorità in oggetti sì amministrativi che giudiziari divisa in due parti. Volume II. Parte prima. Patenti e notificazioni pubblicate dal 1° luglio al 31 dicembre 1844", Milano,1844, pp. 83-127.
notificazione 23 giugno 1853
"Compartimento territoriale della Lombardia", 23 giugno 1853, Luogotenenza Lombarda , "Bollettino provinciale degli atti di Governo per la Lombardia. Parte II. Volume unico=puntata 1-16. Anno 1853", Milano, 1853, pp. 207-293.

VARARO (Cittiglio, VA)

comune di Vararo
1859 - 1927

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Vararo con 252 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento III di Cuvio, circondario II di Varese, provincia di Como. Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 268 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867).
Popolazione residente nel comune: abitanti 293 (Censimento 1871); abitanti 294 (Censimento 1881); abitanti 259 (Censimento 1901); abitanti 245 (Censimento 1911); abitanti 222 (Censimento 1921). Nel 1924 il comune risultava incluso nel circondario di Varese della provincia di Como. In seguito alla riforma dell’ordinamento comunale disposta nel 1926 il comune veniva amministrato da un podestà. Nel 1927 il comune venne aggregato alla provincia di Varese. Nel 1927 il comune di Vararo venne aggregato al comune di Cittiglio
(R.D. 12 agosto 1927, n. 2443).


VARARO (Cittiglio, VA)

parrocchia di San Bernardo
sec. XVIII - 1986

Parrocchia della diocesi di Como. Nel 1592, al tempo della visita pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda in Valcuvia, la comunità di Vararo contava 17 fuochi, per un totale di 135 anime, di cui 70 comunicate. Nel paese sorgeva la "ecclesia seu capella" dedicata a San Bernardo, dotata di un beneficio, di cui era titolare un presbitero. Gli abitanti di Vararo procurarono di avere un cappellano residente, mantenuto in parte dagli stessi abitanti, in parte dal detto beneficiato. Tuttavia la comunità dipendeva dalla "parochia" di San Giulio di Cittiglio (Visita Ninguarda 1589-1593). Nel 1755, all'epoca della visita pastorale del vescovo Agostino Maria Neuroni, la chiesa di San Bernardo di Vararo era ancora filiale della chiesa parrocchiale di Cittiglio (Visita Neuroni, Cuvio). Nel 1769 risultava già eretta parrocchia (Visita Mugiasca, Cuvio).
Nello stato di tutte le chiese parrocchiali della città e diocesi di Como, spedito nel 1773 dal vescovo Giambattista Mugiasca al governo di Milano, i redditi del parroco risultavano derivare da fondi per lire 300; da primizie e dalla cassa comunale per lire 95; da emolumenti di stola per lire 450. La parrocchia contava 137 anime (Nota parrocchie diocesi di Como, 1773). Nel 1788, nella pieve di Cuvio, la parrocchia di San Bernardo di Vararo era di patronato della comunità. Essa contava circa 160 anime (Sistemazione parrocchie diocesi di Como, 1788). Alla fine del XVIII secolo la chiesa di San Bernardo di Vararo è attestata come parrocchiale sempre nella pieve e vicariato di Cuvio (Ecclesiae collegiatae 1794).
Nel 1892, all'epoca della visita pastorale del vescovo Andrea Ferrari, la rendita del beneficio parrocchiale comprendeva una cartella di lire 30.38 e le offerte. Entro i confini della parrocchia di Vararo, di nomina comunitativa, non esistevano né chiese né oratori. Nella chiesa parrocchiale di San Bernardo si aveva la confraternita del Santissimo Sacramento, sia maschile che femminile. Il numero dei parrocchiani era 305 (Visita Ferrari, Vicariato di Cuvio).
La parrocchia di San Bernardo dottore di Vararo fu unita aeque principaliter in perpetuum alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio con decreto 12 maggio 1956 del vescovo Felice Bonomini (decreto 12 maggio 1956) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1956).
Nel corso del XX secolo la parrocchia di San Bernardo di Vararo è sempre stata compresa nel vicariato foraneo di Cuvio, fino al decreto 29 gennaio 1968 per l'istituzione delle zone pastorali nella diocesi di Como, in seguito al quale fu assegnata alla zona pastorale XVI delle Valli Varesine e al vicariato di Canonica (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968); con decreto 10 aprile 1984 è stata inclusa nel vicariato B delle Valli Varesine (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984). Con decreto 16 luglio 1986 del vescovo Teresio Ferraroni venne accorpata definitivamente a Cittiglio (decreto 16 luglio 1986/32) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1986).

Archivi
Nota parrocchie diocesi di Como, 1773
“Censimento di tutte le parrocchie della diocesi e loro rendite”, 1773, ASDCo, sez. Miscellanea, cart. 5.
Sistemazione parrocchie diocesi di Como, 1788
“Sistemazione parrocchie”, 1788, ASDCo, Titolo VIII, cart. 1.
Visita Ferrari, Vicariato di Cuvio
Atti della visita pastorale del vescovo Andrea Ferrari, ASDCo, Visite pastorali, Cuvio - Marchirolo - Lavena - Isola - Lenno, cart. 218, 1892-1894.
Visita Mugiasca, Cuvio
Atti della visita pastorale del vescovo Giambattista Mugiasca, ASDCo, Visite pastorali, Cuvio, cart. 165, 1769-1787.
Visita Neuroni, Cuvio
Atti della visita pastorale del vescovo Agostino Maria Neuroni, ASDCo, Visite pastorali, Cuvio, cart. 134, 1755.
Legislazione
decreto 12 maggio 1956
Unione aeque principaliter in perpetuum della parrocchia di San Bernardo di Vararo alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio, 12 maggio 1956, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1956.
decreto 29 gennaio 1968
Istituzione delle zone pastorali, 29 gennaio 1968, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1968.
decreto 10 aprile 1984
Costituzione dei nuovi vicariati foranei, 10 aprile 1984, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1984.
decreto 16 luglio 1986/32
Accorpamento della parrocchia di San Bernardo di Vararo alla parrocchia di San Giulio di Cittiglio, 16 luglio 1986, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1986.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.
Ecclesiae collegiatae 1794
Ecclesiae collegiatae, praepositurales, parochiales, et vice parochiales urbis et suburbiorum ac dioecesis comensis, Como, 1794.
Visita Ninguarda 1589-1593
Atti della visita pastorale diocesana di F. Feliciano Ninguarda vescovo di Como (1589-1593), ordinati e annotati dal Sac. Dott. Santo Monti e pubblicati per cura della Società Storica Comense negli anni 1892-1898, Como, Edizioni New Press, 1992, 2 v..

 

CANONICA (Cuveglio, VA)

pieve di San Lorenzo
sec. XII - sec. XVIII

Pieve della diocesi di Como. In base alle note di Santo Monti alla relazione della visita pastorale compiuta dal vescovo Feliciano Ninguarda in Valcuvia nel 1592, l'"oppidum" di Cuvio, sede del pretore della Valcuvia, dava il nome alla valle (Visita Ninguarda 1589-1593, note). Essa si estendeva dal "pagus" di Cunardo, al confine della Val Marchirolo, appartenente alla pieve di Agno, sempre della diocesi comasca, al territorio di Caravate, ai confini della pieve di Leggiuno della diocesi milanese. Al centro di questa valle sorgeva Canonica, sede della collegiata plebana di San Lorenzo (Visita Ninguarda 1589-1593).
Il più antico documento che fa riferimento alla pieve di Cuvio è datato 27 giugno 1167. Si tratta di un atto, conservato tra le carte di San Fedele in Como, riguardante un giudizio contro la chiesa di San Fedele. Fra i presenti alla stesura dell’atto si trova citato, dopo l'arciprete di Monza, il prevosto di Cuvio. E' ipotizzabile che l'organizzazione plebana in Valcuvia fosse tuttavia anteriore alla prima attestazione documentaria citata. La formazione nella pieve di un capitolo di canonici, viventi accanto alla chiesa principale, con a capo un prevosto, dovette essere abbastanza precoce. L'edificio di culto più importante nella pieve era la chiesa di San Lorenzo, che diede il nome alla pieve. La centralità della chiesa di Canonica fu dettata da motivi di ordine geografico e di ordine strategico, costituendo essa un punto di passaggio obbligato fino al termine del XVIII secolo. Non sempre ci fu per la Valcuvia coincidenza tra la giurisdizione civile e quella ecclesiastica: soggetta alla diocesi comense sul piano ecclesiastico, non sempre lo fu nel civile. Quando, al tempo dei longobardi, il regno fu diviso in ducati, la Valcuvia entrò a far parte del ducato di Milano. In quest'epoca sembra che numerosi paesi della Valcuvia divenissero possesso del monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia. Con la divisione della Lombardia in contadi attuata in epoca carolingia, la Valcuvia, a eccezione di Caravate, che fu corte regia sotto il monastero di San Pietro in Ciel d'Oro almeno fino al XIII secolo, fece parte del contado del Seprio. Gli altri paesi della Valcuvia si sottrassero alla soggezione del monastero di Pavia (Il romanico dietro l’angolo).
Al tempo della nascita dei comuni la Valcuvia, sempre soggetta sul piano spirituale a Como, nell'ambito della giurisdizione temporale fu sotto il dominio di Milano. Nel 1176 Como dovette rinunciare alla pieve di Cuvio in seguito alla disfatta del Barbarossa a Legnano. Con la pace del 1196 la Valcuvia, unitamente alla Val Marchirolo, a Doneda e a Lavena, rimase in mano ai milanesi. Alla fine del XIII secolo, quando fu indetta l'esazione delle decime da parte del papa Urbano VIII, pur essendo troppo scarsi i dati offerti dalle “Rationes decimarum” per ricostruire l'estensione dei confini delle singole pievi, tuttavia è probabile, come afferma Roberto Perelli Cippo, che essi fossero, nella maggior parte dei casi, quelli riscontrati tre secoli più tardi dal vescovo Feliciano Ninguarda nella sua visita.pastorale. Le annotazioni delle “Rationes decimarum” del 1295 sembrerebbero registrare il momento di maggior estensione della pieve di Cuvio, in quanto vi erano inclusi paesi come Cugliate e Cunardo da una parte e Caravate, Cittiglio e Gemonio dall'altra. In questo periodo si trova incorporata nella pieve di Cuvio la chiesa di Cugliate che, secondo il "Liber notitiae sanctorum Mediolani" attribuito a Goffredo da Bussero, dovette far parte, insieme a Fabiasco e Cunardo, della pieve di Bedero Valtravaglia fin oltre il XIII secolo. Nell'anno 1398 le tre località non figurano più incorporate nella pieve di Valtravaglia, bensì inserite nella pieve di Agno, nell’attuale Canton Ticino (Cugliate e Fabiasco) e nella pieve di Cuvio (Cunardo). Dal registro delle "Rationes decimarum" risulta che, oltre ai canonici della collegiata, fossero presenti nel territorio della pieve dei cappellani presso i centri di Cugliate, Cittiglio, Rancio Valcuvia e Gemonio (vacante in quegli anni). Accanto ai cappellani, sia a Caravate che a Cittiglio, si trovavano anche dei chierici. I cappellani dovevano vivere in loco e, avendo pagato la decima, dovevano godere di benefici, presupposto per la futura erezione delle chiese stesse in rettorie e successivamente in parrocchie. Le “Rationes decimarum”, che testimoniano la presenza di chiese e di clero in determinate località, non escludono l'esistenza di altre chiese in Valcuvia: l'attestano singoli documenti, come nel caso di Vararo (da un atto dell'agosto 1178 risulta costituita in paese una decima in favore della collegiata), oppure fonti generali, come l'obituario di San Lorenzo dal quale risulta chiaro che nei secoli XIII-XIV ogni paese della valle aveva ormai la propria chiesa. Nell'obituario si trovano menzionate le chiese di Sant'Eusebio di Azzio, San Quirico di Brenta, Santa Maria di Cuveglio, San Martino in Culmine, San Martino di Rancio e San Michele e le “ecclesiae” di Cavona, Cassiano (Cassano), Duno. La fisionomia della pieve e delle chiese a essa collegate in tale periodo è pertanto ben definita. A partire da questo periodo si avvia quel moto di frammentazione della pieve che si concluse solo nel XIX secolo, quando le ultime chiese dipendenti da San Lorenzo di Canonica furono erette in parrocchia. Una delle prime separazioni dalla plebana potrebbe essere stata quella di Cittiglio: da un atto conservato nell’inventario dell’archivio della collegiata, datato 2 giugno 1235, risulta infatti che a Cittiglio esisteva già un curato con un beneficio; alla parrocchia di Cittiglio fu unita la chiesa di San Bernardo di Vararo fino al 1755, anno in cui questa fu eretta a sua volta in parrocchia (Il romanico dietro l'angolo).
Al tempo della visita pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda in Valcuvia, dipendevano ancora da San Lorenzo, come chiesa matrice e plebana, le comunità di Cuvio, Cavona, Cuveglio, Arcumeggia, Duno, Vergobbio e Zuigno con Casale. A queste chiese bisognava aggiungere Orino e Azzio, alle cui chiese provvedevano gli abitanti del posto. Le altre chiese, che non dipendevano più da San Lorenzo erano dette “matrice separatae” (parrocchie), secondo l'espressione del Ninguarda stesso. Le chiese separate erano Rancio, Masciago, Ferrera, Bedero (Valcuvia), Brinzio, Cabiaglio, Cassano, Cunardo, Brenta, Cittiglio, Gemonio, Caravate. Il collegio canonicale della prepositura di San Lorenzo era composto da dieci canonici, tutti residenti, eccetto uno; il preposito aveva alle sue dipendenze anche un cappellano "in subsidium curae animarum"; il capitolo teneva presso di sé un chierico edituo (Visita Ninguarda 1589-1593).
Alla fine del XVI secolo l’ambito territoriale dipendente dai canonici di San Lorenzo si era dunque notevolmente ristretto. Altri distacchi si verificarono al tempo del vescovo Lazzaro Carafino, che resse la diocesi dal 1626 al 1665; risultano da lui erette in parrocchia le chiese di Sant’Ilario di Bedero e San Lorenzo di Orino. Risultano invece nella condizione di vice parrocchia San Michele di Cavona, San Sebastiano di Rancio e San Pietro di Brinzio. Sempre in questo periodo, precisamente nel 1633, Cunardo passò alla pieve di Marchirolo, quando la chiesa di questo paese fu eretta in prepositura. Anteriormente a questa data tutti i paesi della Val Marchirolo avevano fatto parte della pieve di Agno. Alcuni distacchi si verificarono nel corso del XVIII secolo: Casalzuigno nel 1749 e Arcumeggia nel 1759.
Con decreto 6 luglio 1798 (18 messidoro anno sesto repubblicano) venne soppresso il capitolo di San Lorenzo e ne vennero venduti i beni (Il romanico dietro l'angolo). Alla plebana rimasero soltanto il preposito e un coadiutore titolare (Visita Ninguarda 1589-1593, note). Il collegio canonicale venne ricostituito nel corso del XIX secolo e la chiesa di San Lorenzo conservò il titolo di prepositura fino al 1955 quando, con bolla vescovile 4 novembre 1955, venne elevata alla dignità di arcipretura. Il parroco pro tempore venne a godere del titolo di arciprete (bolla 4 novembre 1955) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1955).
A partire dalla metà del XVII secolo Canonica è attestata stabilmente come sede di un vicariato comprendente le parrocchie della pieve (Ecclesiae collegiatae 1758; Ecclesiae collegiatae 1794).

Legislazione
bolla 4 novembre 1955
Elevazione alla dignità di arcipretura della parrocchia di San Lorenzo in Canonica di Cuvio. Il parroco pro tempore viene a godere del titolo di arciprete, 4 novembre 1955, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1955.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.
Ecclesiae collegiatae 1758
Ecclesiae collegiatae, praepositurales, parochiales et vice parochiales urbis et suburbiorum ac dioecesis comensis, Como, 1758.
Ecclesiae collegiatae 1794
Ecclesiae collegiatae, praepositurales, parochiales, et vice parochiales urbis et suburbiorum ac dioecesis comensis, Como, 1794.
Il romanico dietro l'angolo
Il romanico dietro l'angolo. Elementi di conoscenza dell'arte romanica. La pieve di Cuvio. Canonica di Cuveglio: la chiesa di Santa Maria. Caravate: la chiesa di Sant'Agostino. Aga di Casalzuigno: la chiesa di San Bernardino, Varese, La Tipografica, s.d.
Visita Ninguarda 1589-1593
Atti della visita pastorale diocesana di F. Feliciano Ninguarda vescovo di Como (1589-1593), ordinati e annotati dal Sac. Dott. Santo Monti e pubblicati per cura della Società Storica Comense negli anni 1892-1898, Como, Edizioni New Press, 1992, 2 v..

 

CANONICA (Cuveglio, VA)

vicariato foraneo di Canonica
sec. XVII - 1968

Il vicariato foraneo di Cuvio, antica sede plebana, è attestato stabilmente a partire dal XVII secolo. Nel 1651 esso comprendeva le parrocchie della pieve, cioè Bedero (Valcuvia); Brenta; Cabiaglio; Caravate; Cassano (Valcuvia); Cavona; Cittiglio; Cuvio (Canonica); Gemonio; Masciago (Primo); Orino, e le viceparrocchie di Brinzio; Ferrera; Rancio (Ecclesiae collegiatae 1651). Nel 1749 fu eretta la parrocchia di Casalzuigno; tra il 1755 e il 1769 fu eretta la parrocchia di Vararo. Nel 1758 esso comprendeva le parrocchie di Bedero (Valcuvia); Brenta; Cabiaglio; Casalzuigno; Cassano (Valcuvia); Caravate; Cavona; Cittiglio; Cuvio (Canonica di Cuvio); Gemonio; Masciago (Primo); Orino; Vararo, e le viceparrocchie di Brinzio; Rancio; Ferrera (Ecclesiae collegiatae 1758). Nel 1794 il vicariato era sostanziamente immutato; si era aggiunta la parrocchia di Arcumeggia. Secondo quanto si desume dal confronto con la “nuova divisione dei distretti compresi nel regno d’Italia e spettanti alla diocesi di Como per le scuole normali”, compilata nel 1816, la “pieve o vicariato” di Cuvio comprendeva le parrocchie di Arcumeggia; Bedero; Brenta; Brinzio (designata parrocchia, ma priva di erezione canonica); Cabiaglio; Caravate; Casalzuigno; Cassano; Cavona; Ferrera (designata parrocchia, ma priva di erezione canonica); Gemonio; Masciago; Orino; Rancio (designata parrocchia, ma priva di erezione canonica); Vararo (Distrettuazione pievana diocesi di Como, 1816). Nel 1877 fu eretta la parrocchia di Azzio. Brinzio, Ferrera e Rancio furono erette ufficialmente parrocchie con decreto 17 novembre 1886 del vescovo Pietro Carsana (decreto 17 novembre 1886) (Registri protocollo diocesi di Como 1886).
Nell'elenco delle parrocchie distribuite per vicariati, collocato in appendice agli atti del sinodo celebrato nel 1904, sono indicate come appartenenti al vicariato di Cuvio le parrocchie di Arcumeggia; Azzio; Bedero; Brenta; Brinzio; Cabiaglio; Cuvio (Canonica); Caravate; Casalzuigno; Cassano; Cavona; Cittiglio; Ferrera; Gemonio; Masciago; Orino; Rancio; Vararo (Elenco delle parrocchie, 1905). Nel corso del XX secolo furono erette le parrocchie di Cuvio (1910), Duno (1944) e Comacchio (1948). Nel 1967 il vicariato foraneo di Cuvio comprendeva le parrocchie di Arcumeggia; Azzio; Bedero; Brenta; Brinzio; Cabiaglio; Canonica; Caravate; Casalzuigno; Cassano; Cavona; Cittiglio; Comacchio; Cuvio; Duno; Ferrera; Gemonio; Masciago; Orino; Rancio; Vararo (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1967).
Il vicariato foraneo di Cuvio cessò di esistere solo con la revisione della struttura territoriale della diocesi di Como attuata nel 1968. Con decreto 29 gennaio 1968 del vescovo Felice Bonomini, mediante il quale vennero abolite le vicarie fino ad allora esistenti, il territorio della diocesi di Como venne diviso in zone pastorali comprendenti uno o più vicariati foranei; le parrocchie dell’antico vicariato di Cuvio furono comprese nella zona pastorale XVI delle Valli Varesine e nel vicariato di Canonica (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968).

Archivi
Distrettuazione pievana diocesi di Como, 1816
“Sulla nuova divisione dei distretti compresi nel Regno d'Italia e spettanti alla diocesi di Como per le scuole normali”, 1816, ASDCo, Titolo VIII, Carteggio con il governo, cart. 4.
Elenco delle parrocchie, 1905
Elenco delle parrocchie distribuite per vicariati e prescrizioni circa le Congregazioni Foranee, 1905, ASDCo, Atti Sinodali, cart. 3.
Registri protocollo diocesi di Como
Registri di protocollo della curia vescovile di Como, ASDCo.
Legislazione
decreto 17 novembre 1886
Conferimento del titolo di parrocchiali alle chiese i cui rettori erano in legittimo possesso ed esercizio dei diritti parrocchiali, 17 novembre 1886, Pietro Carsana, vescovo di Como, ASDCo, Registro di protocollo 1886.
decreto 29 gennaio 1968
Istituzione delle zone pastorali, 29 gennaio 1968, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1968.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.
Ecclesiae collegiatae 1651
Ecclesiae Collegiatae, et Parochiales, et Viceparochiales Urbis, et Suburbiorum, ac Dioecesis Comensis in Congregationes distinctae, Como, 1651, Il testo è compreso in "Ordo habendi congregationes urbanas et plebanas decretis et monitis a vicariis foraneis & aliis observandis. Nonnullisque ad Cleri utilitatem pertinentibus additis. Illustrissimi, & Reverendissimi D.D. Lazari Carafini Episcopi Comensis, et Comitis &c. Iussu Editus. Comi, Tipographia Nicolai Caprani MDCLI" (Allegato al Sinodo I, conservato in ASDCo, Atti sinodali, cart. I).
Ecclesiae collegiatae 1758
Ecclesiae collegiatae, praepositurales, parochiales et vice parochiales urbis et suburbiorum ac dioecesis comensis, Como, 1758.

COMO (Como, CO)

vicariato di Canonica
1968 - 1984

Con decreto 29 gennaio 1968 del vescovo Felice Bonomini, mediante il quale vennero abolite le vicarie fino ad allora esistenti, il territorio della diocesi di Como venne diviso in zone pastorali, comprendenti uno o più vicariati. Il vicariato di Canonica, incluso nella zona pastorale XVI delle Valli Varesine, comprendeva le parrocchie di Arcumeggia; Azzio; Bedero; Brenta; Brinzio; Cabiaglio; Canonica; Caravate; Casalzuigno; Cassano; Cavona; Cittiglio; Comacchio; Cuvio; Duno; Ferrera; Gemonio; Masciago; Orino; Rancio; Vararo (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968). La struttura vicariale così delineata venne adeguata con decreto 10 aprile 1984 del vescovo Teresio Ferraroni (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).
Legislazione
decreto 29 gennaio 1968
Istituzione delle zone pastorali, 29 gennaio 1968, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1968.
decreto 10 aprile 1984
Costituzione dei nuovi vicariati foranei, 10 aprile 1984, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1984.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.

COMO (Como, CO)

zona pastorale delle Valli Varesine
1968 - [1989]

Con decreto 29 gennaio 1968 del vescovo Felice Bonomini, mediante il quale vennero abolite le vicarie fino ad allora esistenti, il territorio della diocesi di Como venne diviso in zone pastorali, comprendenti uno o più vicariati. La zona pastorale XVI delle Valli Varesine comprendeva i vicariati di Canonica e Marchirolo (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968).
Con decreto 10 aprile 1984 del vescovo Teresio Ferraroni, le parrocchie del vicariato di Marchirolo vennero raggruppate nel vicariato A delle Valli Varesine, quelle del vicariato di Canonica nel vicariato B delle Valli Varesine (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).

Legislazione
decreto 29 gennaio 1968
Istituzione delle zone pastorali, 29 gennaio 1968, Felice Bonomini, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1968.
decreto 10 aprile 1984
Costituzione dei nuovi vicariati foranei, 10 aprile 1984, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1984.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.

COMO (Como, CO)

vicariato delle Valli Varesine B
1984 - [1989]

Con decreto 10 aprile 1984 del vescovo Teresio Ferraroni, al fine di rendere piu adeguato e meno oneroso l'adempimento dei compiti assegnati ai vicari foranei, vennero costituiti i nuovi vicari foranei e indicati i raggruppamenti di parrocchie assegnati ai rispettivi vicariati. Nel vicariato delle Valli Varesine B, compreso nella zona pastorale XVI delle Valli Varesine, erano elencate le parrocchie di Arcumeggia; Azzio; Bedero; Brenta; Brinzio; Cabiaglio; Canonica; Cavona; Caravate; Casalzuigno; Cassano; Cittiglio; Comacchio; Cuvio; Duno; Ferrera; Gemonio; Masciago; Orino; Rancio; Vararo (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).
Legislazione
decreto 10 aprile 1984
Costituzione dei nuovi vicariati foranei, 10 aprile 1984, Teresio Ferraroni, vescovo di Como, Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, 1984.
Bibliografia
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como
Bollettino Ecclesiastico Ufficiale della Diocesi di Como, Como, 1921-.



       Theo – Repertorio toponomastico italiano



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*Breve* concessionis

1156 ottobre 2, Milano.

I consoli del comune di Milano e quelli delle cause concedono alla chiesa di San Giorgio al Palazzo, rappresentata dal maestro Gibuino, preposito, che due dei rustici da essa dipendenti che coltivano i fondi di Rossate presso Lavagna siano esentati per il futuro dall'onere di condurre un carro alla guerra o dalla guardia.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 417, [A]. Copia della fine del sec. XVIII, DELLA CROCE, Codex diplomaticus Mediolanensis, I 8, c. 123 [B]. Regesto: Catalogo, III, fasc. 60. Sul verso data, regesto e collocazione settecenteschi; di mano del sec. XIII: Sicut consules Mediolani absolverunt massarios Sancti Georgii habitantes in loco Roxate a plaustro uno.

Edizioni: GIULINI, Memorie, vol. VII, p. 122; Liber consuetudinum, col. 927 (parziale); MANARESI, Gli atti del Comune, p. 57, n. XXXVII.
Regesto: GRECO, Note storiche, p. 72.

La pergamena è rigata a secco.
(ST) Die martis, secundo die mensis octubris, in brolietto consularie. Ugo de Citilli et Petrus de Monasterio et Azo Ciceranus et Iohannes Scancius, consules comunis Mediolani atque Heriprandus Iudex | et Ardericus qui dicitur de Bonate, consules causarum, compuncti timore Dei et amore beati martyris Georgii militis, concesserunt domno magistro Gibuino, preposito canonice in honore iam|dicti martyris edificate ibi ubi dicitur in Palatium, ad utilitatem ipsius ecclesie, ut duo ex rusticis illis qui pro tempore colent terram suprascripte ecclesie in loco Roxxate qui est prope Levagniam sint de cetero | inmunes ab honere unius plaustri in hostem vel guardam ducendi, et insuper constituerunt ut, donec prefate ecclesie terram tenuerint, a septimanariis deinceps nullo modo inquietentur. | Quia sic constituerunt prefati consules. Anno dominice incarnacionis millesimo centesimo quinquagesimo sexto, suprascripto die, indicione quinta.
Interfuerunt Guilielmus Mantegacius et Robertus Pingeluccus et Oldradus qui dicitur de Basilicapetri et Cigniamaccus.
(SM) Ego Azo iudex et missus domni secundi Chunradi regis interfui et subscripsi.
(SM) Ego Heriprandus iudex ac missus domni secundi Chunradi regis interfui et subscripsi.
(SM) Ego Ardericus iudex ac missus domini Frederici imperatoris subscripsi.
(ST) Ego Rogerius iudex ac missus domni secundi Chunradi regis scripsi.
Edizione a cura di Luisa Zagni
Codifica a cura di Ada Grossi
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Carta venditionis

1145 febbraio, Bogno.

Arnolfo del fu Vuibello, chierico di San Pietro, di Bogno, di legge romana, vende ad eAnrico e Viviano fratelli, detti Spiringoni, dello stesso luogo, sei appezzamenti di campo in località a Spanela, a Fontaliela, a Pradale, a Pradariolo, a Scrovi, , per ventisei soldi e due denari di denari buoni milanesi d'argento.
Originale, ASMi, AD, pergg., n. 524 [A]. Regesto: ASMi, Catalogo, IV, fasc. 89. Sul verso annotazione coeva illeggibile; annotazione di mano del sec. XIV: De Bonio; annotazioni tarde. Pergamena con corrosioni dei margini laterali, lacerazione degli stessi e piccoli fori in corrispondenza delle antiche linee di piegatura, macchie diffuse. Tracce di rigatura a secco.
Il notaio usa spesso o finale per us, la forma Alexandris per Alexandri.
(ST) Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo quadrageximo quinto, mense februarii, indicione octava. Constat me (a) Arnulfum | filium quondam Vuibelli, clericus (a) Sancti Petri, de loco Bunio, qui professus sum lege vivere (b) Romana, accepisse, sicuti et in presentia testium manifestus | sum quod accepi (c), insimul a vos (a) Enrico et Viviano germanos (a) qui dicimini Spiringoni de suprascripto loco argenti denariorum bonorum Mediolanensium solidos viginti et sex | et denarios duos finito pretio, sicut inter nos convenit, pro campis(a) petiis sex. Primo campo iacet ad locum ubi dicitur a Spanela, coheret a mane Sancti Petri, a meridie Ot| tonis de Citili , a monte Sancti Petri. Secunda petia dicitur a Fontaliela, coheret ei a mane Ugonis, a meridie Sancti (d) Alexandris, a sero et a monte Sancti Petri. Tertia petia iacet | ubi dicitur a Pradale, coheret ei a mane Sancti Petri, a meridie et a sero (e) Sancti Alexandris, a monte Sancti Petri. Quarta petia dicitur a Pradariolo, coheret ei a mane Ugonis, a meridie Sancti | Petri , a sero et a monte Stratiacani. Quinta petia dicitur a Scrovi, coheret ei a mane Sancti Alexandris, a meridie Sancti Petri, a sero Otonis. Sexta | [. . . . . . . . . . . .] dicta [. .] de petia cum duosa arbores, coheret ei a mane Ugonis,a meridie Vualfredi, a sero et a monte Sancti Alexandris, | omnes iuris mei qui supra Arnulfo clerico, et quanta (b) ipsa terra infra ipsas coherentias (b) inveniri potuerit in integrum. Que autem vendi| ta superius dicta cum superioribus et inferioribus suis in integrum ab hac die vobis (f) qui supra germanos (a) per hanc cartam et pro suprascripto pretio vendo, trado, ema| ncipo, ut fatias (a) exinde a presenti die vos et cui vos dederitis vestrique heredes iuris proprietarii nomine quicquid volueritis sine | omni nostra et heredum nostrorum contraditione. Quidem et spondeo atque promitto me ego Arnulfo clerico una cum meis suc| cessoribus suprascripta vendita ut supra legitur in integrum ab omni homine defensare. Quod si defendere non potuerimus aut si contra hanc cartam per | quodvis ingenium agere aut causari presumserimus, tunc in duplum vobis suprascripta vendita restituamus sicut pro tempore fue|rit aut valuerit sub estimatione in eodem loco. Quia sic inter nos convenit. Et nec nobis liceat amodo ullo | tempore nolle quod voluimus, set quod a nobis hic semel factum vel conscriptum est sub iureiurando inviolabiliter conser|vare promittimus, cum stipulatione subnixa. Actum suprascripto loco Bunio, intus curtem suprascripto (a) Otonis.
+ Ego Arnufus (a) clericus a me facta subscripsi.
Signa + + + + + (g) manuum (h) Alberti de Vila et Ambroxi (a) Bogioni et Alegri et Bruni Spiringoni et Vuilitioni et Alberti, testium.
(ST) Ego Guido notarius ac iudes (a) sacri palatii scripsi, post traditum complevi et dedi.

(a) Così A.
(b) II segno abbreviativo manca.
(c) Segue a te cancellato.
(d) Sancti in interlineo.
(e) et a sero in interlineo.
(f) v corretta su altre lettere.
(g) Segno grafico continuo, formato da una serie varia di aste intersecate da righe oblique.
(h) Le croci e manuum nell 'interlineo.
Edizione a cura di Luisa Zagni
Codifica a cura di Valeria Leoni
18

Carta venditionis

1159 novembre, Bogno.

Rodolfo del fu Daiberto, Giovanni e Lafranco, suoi figli minori, e Richilda, sua moglie, di Bogno, avendo ottenuta licenza i predetti minori da Alberto de Cedrate messo regio, vendono per venti lire e tre soldi di denari buoni milanesi d'argento a Lafranco, prete e preposito della chiesa di San Pietro di Brebbia, rappresentante della stessa, molti beni in Bogno e nel suo territorio, ossia un sedime con edificio in muratura, vigna e campo in località ad Clausum de la Muragna, di duecentoundici tavole e mezza, sei appczzamenti di campo - il primo, detto Sute Curte, di trentasei tavole, il secondo lì presso, di tavole dieci e mezza, il terzo, detto in Cagalli, di diciotto tavole, il quarto lì presso, di venticinque tavole, il quinto, detto a Rovina, di tavole trentadue, il sesto con selva, detto a Brustillo - nonché una vigna ad Fontanam et Folliarono, due prati ad Stradam e lì presso, sedici appezzamenti di selva in Bedesco, a Saxo, ogulusa, in Monte, Silva Despatia e lì presso, a Figo, ad Platiam, ad Folliaroni e lì presso, a Rio, ad Planexolam, in Plano de Rovoleda, ad Portam Castri, ad Rovoledam, ad Bancorellam, e ancora otto boschi in località ad Pertusum, ad Saxellum, ad Rianam de Canzello, a Pla, ad Fontana de Caldiriola, ad Fontanam Ve, e dieci brughiere e selve in località ad la Roxinam, ad Rianam Maiorem, in Cinistrina, in Oro de Binda, in Costa de Binda. Il predetto Rodolfo da poi guadia di difendere i beni venduti, pone come fideiussore Corrado de Besuzo del fu Rodolfo e giura con i propri figli e la moglie di rispettare il dispositivo di detta vendita. Investe causa pignoris et nomine consulti la suddetta Richilda di un appczzamento di sedime, vigna e campo detto ad Morina per quattro lire della dote della stessa e i figli del medesimo sedime per res dotales della madre. Padre e figli investono infine Corrado di tutti i loro beni come pegno della sua fideiussione.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 524 [A]. Regesto: ASMi, Catalogo, IV, fasc. 89. Sul verso, di mano coeva: Carta de Bunio; di altra mano, pure coeva: Rodulfi filii Daiberti ; di mani del sec. XIV: De Bonio e Venditionem ; annotazioni tarde.

Pergamena in discreto stato di conservazione, con corrosione degli angoli superiore sinistro e inferiori, lacerazioni dei margini laterali, piccoli fori e macchie.
Il rogatario usa indifferentemente le semplici e le doppie (eclesiam, maternna, conssimili, Rodulfus/Rodulffus).
(ST) Anno ab incarnacione domini nostri Iesu Christi millesimo centesimo quinquagesimo nono, mense novembris, indicione octava. Constat nos Rodulffum filium quondam Daiberti | et Iohannem atque Lafrancum iermanos et puberes filios eius, patrem et filios, atque Richildam coniugem ipsius Rodulffi, de loco Bugnio, nobis iamdictis iermanis consentiente ipso Rodulffo patre | nostro et insuper per datam licentiam Alberti de Cedrate regis missi ibi extantis et nobis licentiam, causa cognita ex parte publica, dantis ob debitum adsolvendum, ob manumissionem | nostrarum personarum et nostrarum rerum emptionem, et mihi suprascripte Richilde consentiente eodem Rodulffo viro meo et subter confirmante, et, iuxta legem, una cum notitia propinquiorum parentum meorum, hii sunt | Albertonus frater meus et Petrus consubrinus meus, in quorum presentia ac testium hanc cartulam vendicionis mea bona voluntate facere visa sum, accepisse, sicuti et in pre-sentia testium manifesti sumus | nos quod accepimus, a te domino presbitero Lafranco et prepoxito eclesie Sancti Petri de Brebia et ab (a) parte eiusdem eclesie argenti denariorum bonorum Mediolanensium libras viginti et solidos tres finito pretio, sicut inter nos | convenit, pro petia una sediminis cum area eius et cum edifitio muri desuper habente et vinea et campo insimul se tenente et cum omni viganale pertinente ad ipsum sedimen et camporum petiis sex et item petia una vinee | et petiis duabus de prato et silvarum petiis sedecim et de buscis (a) petiis octo et iterum inter brugarios et silvas petiis decem iuris nostri quas habere visi sumus nos in suprascripto loco et fundo Bugnio vel eius territorio. | Predicta petia sediminis et vinee (b) et campi simul se tenente iacet ad locum qui dicitur Clausum de la Muragnia, coheret ei a mane Sancti Petri, a meridie via, a sero Alberti, a monte Sancte Marie de Lentate et Sancti Alexandri, | et est ipsa petia insimul per mensuram iustam tabule duocentum (a) et undecim et dimidia. Primus campus dicitur Sute Curte, coheret ei a mane via, a meridie Ardizionis, a sero Ugonis de Citilli , et est per mensuram iustam tabule tre|ginta et sex. Secundus campus est ibi prope, a mane via et terra Otonis, a meridie Bollagii, a sero Straciadi, et est tabule decem et dimidia. Tertius campus dicitur in Cagalli, a mane Ugonis de Citilli , a meridie via, a sero Ardizionis, | a monte via, et est tabule decem et octo. Quartus campus dicitur ibi prope et est tabule viginti et quinque, coheret ei a mane Viviani, a meridie Alberti, a sero Girardi, a monte via. Quintus campus dicitur a Rovina, a mane Sancti Petri, | a meridie Zukecti, a sero et a monte Girardi, et est tabule treginta et due. Sextus campus cum silva se tenente dicitur a Brustillo (c) inter vallem de Masi et ibi sedimen et silva ad Brustillio. Predicta vinea dicitur | ad Fontanam et Folliarono, a mane Girardi, a sero Sancti Alexandri, a monte Alberti. Primum pratum dicitur ad Stradam, a mane Sancti Petri, a meridie et a monte via. Secundum pratum dicitur ibi prope, a mane Sancte Marie de Lentate, [. . . . . .] | Sancti Petri, a monte Sancti Alexandri. Prima silva dicitur in Bedesco, a mane Girardi, a meridie Sancti Petri, a sero Zuketi. Secunda silva dicitur a Saxo, a mane Sabadini, a meridie et a sero Alberti, a monte via. Tertia silva dicitur [. . . .] | [.]ogulusa, a mane et a monte Girardi, a meridie Alberti. Quarta silva dicitur in Monte, a mane Sancti Petri, a meridie Sancti Alexandri, a sero Valentini, a monte via. Quinta silva dicitur Silva Despatia, a mane in se retinent, | a sero Valentini, a monte via. Sexta silva dicitur ibi prope, a sero in se retinent, a monte via (d), a mane Alberti. Septima silva dicitur a Figo, a mane Sancti Alexandri, a monte Sancti Petri, a sero [. . . . . .].| Octava silva dicitur ad Platiam, a sero Guibelli, a mane Bollagii, a meridie Girardi. Nona silva dicitur ad Folliaroni, a sero Sancti Alexandri, a monte item, a mane Girardi. Decima silva dicitur ibi, a mane | Girardi, a monte et sero Alberti. Undecima silva dicitur a Rio. Duodecima silva dicitur ad Planexolam. Tertiadecima silva dicitur in Plano de Rovoleda. Quartadecima silva dicitur ad Portam | Castri. Quintadecima silva dicitur ad Rovoledam. Sextadecima silva dicitur ad Bancorellam. Primum buscum dicitur ad Pertusum. Secundum dicitur ad Saxellum. Tertium dicitur ad Rianam de Canzello. Quartum | dicitur a Pla[. . .]. Quintum dicitur ad Fontana (a) de Caldiriola. Sextum buscum dicitur ibi prope. Septimum buscum dicitur ibi. Octavum buscum dicitur ad Fontanam Ve[. . . .] . Prima petia brugarii et silve dicitur ad la R[. .] | [.]oxinam. Secunda petia (e) dicitur ad Rianam Maiorem. Tertia petia est ibi prope. Quarta similiter ibi. Quinta petia dicitur in Cinistrina. Sesta petia dicitur ibi. Septima petia dicitur ibi. Octava petia dicitur | in Oro de Binda. Nona petia dicitur ibi, in capite prati de Sabadino. Decima petia dicitur in Costa de Binda. Omne quantum de nostro iure fuerit inventum in ipsis petiis, per hanc cartam vendicionis et | pro suprascripto pretio in hac presenti maneat vendicione una cum finibus et accessionibus sive cum superioribus et inferioribus eorum in integrum hab (a) ac (a) die tibi cui supra domino presbitero Lofranco (a) prepoxito et | ad partem eclesie Sancti Petri pro suprascripto pretio vendimus, tradimus et mancipamus, et (a) fatias exinde a presenti die tu et tui succesores et cui vos dederitis ad partem predicte eclesie iure proprie|tario nomine quicquid volueritis sine omni nostra, heredum nostrorum contradicione. Quidem expondemus atque promittimus nos qui supra venditores una cum nostris heredibus tibi cui supra prepoxito | tuisque successoribus ad partem eiusdem eclesie Sancti Petri et cui vos dederitis suprascripta vendita qualiter superius legitur in integrum ab omni homine defensare. Quod si defendere non potuerimus aut si per | quodvix (f) agere aut causari presumpserimus, tunc in duplum tibi eandem vendita (a) ut supra legitur restituamus, sicut pro tempore fuerit meliorata aut valuerit sub estimacione in conssimili loco. | Quia sic inter eos convenit. Actum ad (g) eclesiam Sancti Vidi de Bugnio.
Signa + + + + manuum suprascriptorum Rodulffi et Iohannis atque Lafranci patris et filiorum atque Richilde qui hanc cartam vendicionis ut supra fieri rogaverunt.
Signa + + manuum suprascriptorum Albertoni atque Petri qui ipsam Richildam ut supra interrogaverunt.
Signa + + + (h) manuum Coradi de Besuzo atque Mainfredi de Logodena et Protaxii fratris eius et Viviani de Sabadina et item Viviani de Spiringono et Gratiani atque Gardi|aia (a) et Alberti Bollagii atque Otonis Guibelli et Iohannis Guibelli et Straciani et Guilielmi filii Otonis et Lafranci de Cillina, testium.
(ST) Ego Albertus iudex et regis missus interfui et scripssi, postraditam complevi et dedi, et suprascriptis iermanis, causa cognita, licentiam dedi.
Et ibi statim suprascriptus Rodulfus dedit guadiam suprascripto domino presbitero Lafranco prepoxito defendendi atque guarentandi suprascriptas res si ei vel suis successoribus aparuerit aliqua | discordia vel intentio de suprascriptis rebus. Et inde posuit fideiusorem Coradum de Besuzo (i) filium quondam Rodulffi, qui obligavit sua pignora sub pena dupli sine calomnia. | Et ibi, coram ipsis testibus, suprascriptus Rodulfus per parabolam suprascriptorum Iohannis et Lafranci filiorum suorum et Richilde coniugis eius iuravit ad evangelia quod nec ipse nec ipsi | amodo in antea non infringent suprascriptam cartam vendicionis et firmam et stabilem omni tempore(j) detinebunt.
Et ibi statim ipse Rodulffus investivit causa pignoris et nomine consulti suprascriptam (k) Richildam coniugem suam nominative de petia una sediminis et vinee et campi simul | se tenente, dicitur ad Morina, per libras quadtuor de dote suprascripte Richilde coniugis sue, et iterum investivit suprascriptos Iohannem et Lafrancum filios suos de eadem petia sediminis | et vinee et campi per res dotales matris eorum, si quas mater eorum habuit, ut sint pignori eis si qua iura marternna habent. Et ibi statim ipsi Rodulffus et Iohannes et | Lafrancus pater et filii investiverunt suprascriptum Coradum nominative de omnibus illorum rebus ut sint pignori eidem Corado per illam fideiusoriam, unde exivit eis prepo[. . . . . . .] | ita ut ipse Coradus, si in aliquo dampno inde veniret (l), faceret ex illis rebus iure pignoris quicquid eius utilitas foret.

(a) Così A.
(b) II primo tratto di n corretto su altra lettera.
(c) Segue a mane cancellato.
(d) Segue a meridie cancellato.
(e) In A petitta corretto in petia per espunzione delle due t
(f) Si sottintenda ingenium
(g) a corretta su altra lettera.
(h) Non c'è corrispondenza tra il numero delle croci e quello delle persone citate.
(i) Segue la u una s espunta.
(j) Precede a espunto.
(k) II segno abbreviato sulla a finale manca.
(l) Segue ut indebitamente ripetuto.
Edizione a cura di Luisa Zagni
Codifica a cura di Valeria Leoni
21

Carta commutationis

1170 marzo

Lanfranco, prete e proposito della chiesa e canonica di San Pietro di Brebbia, con il prete Lanfranco detto de Cardana, il prete Giovanni detto de Blandrono, Anrico, chierico, detto de Bodio, e Guido, pure chierico, detto de Arzago, officiali della stessa, consenziente Alberto giudice detto de Cedrate, avvocato scelto per questo negozio, dà ad Ottone e Giovanni, fratelli e figli del fu Guibello, ed a Guglielmaccio, figlio del predetto Ottone, di Bogno, un appezzamento di terreno in detto luogo, in località a Binda di duecentoquaranta tavole, ricevendo in cambio dieci appezzamenti di terra - nove campi ed un prato - pure in Bogno, il primo, detto a Ponte di cinquantasei tavole, il secondo, a Brebiasca, di dodici tavole e dieci piedi, il terzo, lì presso, di otto tavole, il quarto, detto a Perzego, di tavole ventidue e mezzo, il quinto, detto a Planeza, di tavole dodici e mezzo, il sesto, lì presso, di tavole e otto piedi, il settimo, detto a Planeza de Co, di ventidue tavole, l'ottavo, detto a Molino de Crota, di cinquantotto tavole, il nono, detto a Bixi di ventun tavole, il decimo, detto a Prato Donico, di quaranta tavole, con l'approvazione di Lanfranco de Cillina e Vivano Spiringoni, estimatori, fideiussore lo stesso Viviano.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 524 [A]. Regesto: ASMi, Catalogo, IV, fasc. 89. Sul verso, di mano del sec. XIV: De Bonio; annotazioni tarde. Il rogatario è scorretto.

Pergamena in discreto stato di conservazione, nonostante la corrosione degli angoli superiore sinistro e inferiore destro, lacerazioni dei margini laterali e qualche macchia.
Rigatura a secco fino all'altezza del diciannovesimo rigo.
(ST) Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo septuageximo, mense martii, indicione tertia. Comutatio bone fidei noscitur esse contractus ut ad vicem emtionis obtineat | firmitatem eodemque necxu (a) obligat contraentes. Placuit itaque bona convenit voluntate inter Lanfrancum presbiterum ac prepositum et Lanfrancum presbiterum | qui dicitur de Cardana et presbiterum Iohannem qui dicitur de Blandrono et Anricum clericum qui dicitur de Bodio et Vuidotum clericum qui dicitur de Arzago, ofitiales ecclesie et canonice Sancti Petri scita in lo|co Brebia , ibi astante et laudante Albertus iudex qui dicitur de Cedrate avocatus electus in hoc negotio, necnon (b) et inter Ottonem et Iohannem germanos, filios quondam Vuibelli, et Vuili|elmatium filium suprascripti Ottonis de loco Bunio. In primis dederunt ipsi prepositus et presbiteri et canonici eisdem Ottoni et Iohanni germanis et Vuilielmatio in causa comutationis presen|ti die eorum iure ex parte Sancti Petri petia una de terra, campo (c) et prato et silva insimul se tenente, reiacente in suprascripto loco, ad locum ubi dicitur a Binda, coheret ei a mane Vui| [. . . . .] , a sero similiter, a meridie Sancti Ambroxii, a monte similiter, et est tabule duocentum (a) quadraginta. Unde ad invicem receperunt ipsi prepositus et presbiteri et canonici | a suprascriptis Ottone et Iohanne et Vuilielmatio hoc est petias decem de terra, novem de campis et una de prato iuris eorum, quas habere visi sunt in suprascripto loco Bunio. Prima petia de campo dicitur | a Ponte, coheret ei a monte (d) vinieto, a mane finili, a sero Sancti Petri, a meridie finili, et est tabule quinquaginta et sex. Secunda petia de campo dicitur a Brebiasca, coheret ei a mane Sancti Viti, a meridie | via, a monte (e) et a sero Sancti Petri, et est tabule duodecim et pedes decem. Tertia petia de campo (c) dicitur ibi prope, coheret ei a mane et a meridie et a sero Sancti Petri, a monte via, et est tabule octo. Quarta petia de cam| po dicitur a Perzego, coheret ei a mane Sancti Petri, a sero et a monte Sancti Viti, a meridie Cesa de Callario, et est tabule viginti et duo et dimidia (f). Quinta petia de campo dicitur a Planeza, coheret | ei a mane via, a meridie et a sero et a monte Sancti Petri, et est tabule duodecim et dimidia (f). Sesta petia dicitur ibi prope, coheret ei a mane et a sero via, a meridie Sancti Petri, a monte illorum de Citilli , et est | tabule . . . . . .] et pedes octo. Septima petia dicitur a Planeza de Co, coheret ei a mane et a sero Sancti Petri, a meridie (g) finili, a monte via, et est tabule viginti et duo. Octava petia de cam|po dicitur a Molino de Crota, coheret ei a mane via, a monte Ferrarii (h), et est tabule quinquaginta et octo. Nona petia de terra dicitur a Bixi, coheret ei a meridie flumen, a mane (i) | Ferrandi, a sero Stratiani (j), a monte Sancti Petri, et est tabule viginti et una. Decima petia est pratus et dicitur a Prato Donico, coheret ei a mane et a meridie et a sero Sancti Petri, | a monte Gratiani, et est tabule quadraginta, vel si amplius infra ipsas coherentias inveniri potuerit in integrum, in presenti maneat comutatione. His autem rebus su|perius dictis et comutatis cum superioribus et inferioribus seu cum finibus et accessionibus suis in integrum taliter ipsi comutatores sibi invicem unus alteri in causa | comutationis tradiderunt, fatiendum exinde unaquamque (a) pars cum eorum heredibus et successoribus et cui dederint iuris proprietarii nomine quicquid volueritis (a) sine omni | unius eorum alterius eorumque heredum et successorum contradicione. Et spoponderunt se ipsi comutatores invicem unus alteri hoc quod supra in comutatione dederunt cum eorum heredibus et successo |ribus ab omni homine defensare iusta legem et usum. De quibus inter se penam posuerunt ut quis ex ipsis aut eorum heredibus vel successoribus se de ac comutatione restit |uere presumserit et non permanserit in his omnibus ut supra legitur, tunc componat illa pars que hoc non servaverit partem (a) fidem servanti pene nomine | suprascriptas res quas in comutatione dederunt in duplum, sicut pro tempore fuerit aut valuerit sub estimatione in eodem loco. Quia sic inter eos convenit. | Unde due carte uno tenore scripte sunt, et ibi astante et confirmante Lanfrancus de Cillina et Vivianus Spiringoni de ipso loco, qui estimaverunt et dixerunt quod | hec comutatio legibus fieri posit et quod predicta ecclesia meliorem reciperet rem quam daret.
Signa + + (k) manuum suprascriptorum Viviani et Lanfranci qui estimatores fuerunt ut supra. Signa + + + manuum suprascriptorum Ottonis et Iohannis et Vuilielmatii | qui hanc cartam (l) comutationis fieri rogaverunt (m).
Signa + + + + + + manuum Alberti filii Adi de Aria de Stationa et Valentini Aritio de Bolzerate et Gotefredi Fabrico de Cadrezate et Cavalco de Berrgano (a) et Vace de Bratioforte de Mediolano filii quondam Truxi et Otonis Cavalero de Domo de Brebia , testium.
+ Ego Lanfrancus preppositus (a) a me facta subscripsi.
Ibi statim, presentibus ipsi (a) testibus, dederunt guadiam ipsi comutatores vicem unus alter hoc quod supra dederunt in comutatione guarentare iure, fideiussorem (n) Vivia|num Spiringoni de Bunio | in pena dupli.
(ST) Ego Guido iudex, filius quondam Iohannis de Ripa de loco Ispira , ac missus domini Friderici imperatoris scripsi, post traditam complevi et dedi.

(a) Così A.
(b) In A necenon
(c) II segno abbreviativo manca.
(d) Corretto in a mane
(e) In A a meridie per evidente svista del rogatario.
(f) a finale con segno abbreviativo.
(g) r corretto su altra lettera.
(h) In A Ferrararii
(i) Segue et tironiano.
(j) Segue a meridie filumen (sic) ripetuto.
(k) Segno grafico, continuo, formato da più aste intersecate da una linea obliqua.
(l) Segue cartam ripetuto.
(m) Da qui a rogaverunt in interlineo.
(n) Si sottintenda posuerunt
Edizione a cura di Luisa Zagni
Codifica a cura di Valeria Leoni

Ottonis III preceptum confirmationis

1001 novembre 21, Ravenna.

Ottone III imperatore conferma a Geppa, badessa del monastero di S. Felice e S. Salvatore, detto della Regina, i beni che gli erano stati donati da Liutefredo, vescovo di Tortona, in seguito ad un suo retto giudizio nella controversia che opponeva il predetto Liutefredo ai coniugi Riccardo e Vualdrada per il possesso degli stessi beni.
Falso coevo in forma di originale, ASMi, MD, cart. 11, n. 4 [A].Nel verso, di mano del sec. XI: Preceptum domni Ottonis imperatoris tercii | de omnibus bonis Sancti Felicis coperta da mani posteriori; annotazioni moderne, fra cui: sigla A iterata, n. 8.

MURATORI Antiquitates Italicae, IV, col. 197; MURATORI Antichità Estensi, I, p. 110 (riprodotto parzialmente ed inserito nel placito 1014 maggio 7); CAPPELLETTI, Chiese d'Italia, XII, p. 416; MGH, D O III, n. 414, p. 848; GABOTTO, Per la storia di Tortona, II, pp. 207-208; MANARESI, I placiti, II, parte II, inserito in n. 283, p. 530.

La pergamena, usurata lungo le antiche piegature ed in prossimità dei margini, presenta numerose lacerazioni. Macchie di umidità diffuse. Rigatura a secco. L'anno di impero di Ottone III è il sesto. Stile della natività, indizione bedana. Il diploma è definito di dubbio valore dagli MGH, in quanto scritto da un ingrossatore estraneo alla cancelleria imperiale e in quanto modellato, sia da un punto di vista contenutistico che formale e calligrafico, sul doc. n. 4. Dal momento che anche il diploma di cui al doc. n. 6, datato Pavia 1014, mediante il quale Enrico II imperatore conferma a S. Felice i beni qui menzionati, è stato scritto dalla medesima, sconosciuta mano, il presente praeceptum, esibito per la prima volta in un placito del 1014 maggio 7 (doc. n. 5), potrebbe essere stato redatto nel monastero proprio nel 1014, allo scopo di ottenere con esso la vittoria nel placito e la conferma di Enrico II, vergata anch'essa dallo stesso falsario sopra un blanquet, nel quale il funzionario della cancelleria si era limitato a scrivere la riga del signum, lasciando che il testo venisse riempito a cura del monastero. (MANARESI, I Placiti, II, parte II, p. 530). Nonostante tali congetture, il dubbio che si potesse trattare di un originale permaneva, perché si poteva ancora ipotizzare che una mano attiva nel 1014 avesse già lavorato per la cancelleria imperiale nel 1001. Il Manaresi adduce come testimonianza decisiva della falsità del diploma l'esistenza in ASMi di un secondo supposto originale, datato 1001 novembre 20, che avrebbe costituito la prova, il primo tentativo sul quale poi venne costruito il falso. In realtà tale diploma, con il quale Ottone III elargisce alcuni beni alla pieve di S. Lorenzo di Voghera, è un originale la cui autenticità è attestata dagli MGH, (DO III, n. 413). Anche se l'esistenza della testimonianza definitiva addotta dal Manaresi è da escludere, vi sono tuttavia prove, legate all'aspetto contenutistico della donazione ottoniana, che possono avallare l'ipotesi del falso. Innanzitutto, come sarebbero pervenuti ad Ottone III i beni menzionati nella presente concessione? Tutti gli storici che si sono occupati della vicenda, dando per scontata la genuinità del praeceptum, concordano nel sostenere, sulla scia di Muratori e di Giulini, che Liutefredo, avendo vinto la causa contro Riccardo e Vualdrada grazie ad una collusione con Ottone III, premiò il giudizio dell'imperatore donandogli la metà di due parti di numerosi beni, prima di vendere (come attestato dal doc. n. 1) l'altra metà ad Ottone duca. La fonte di tali informazioni viene unanimemente ed esclusivamente identificata dagli storici con il nostro diploma. Si tratta dunque di dati ricavati da un documento già sospettato di falsità per motivi formali, e non avallati da alcuna carta sicuramente genuina, dal momento che nel doc. del 998 leggiamo solamente che i beni erano stati venduti da Liutefredo ad Ottone duca, dopo che l'imperatore ne aveva confermato il possesso al vescovo. Nessun accenno ad una elargizione della seconda metà di due porzioni dei suddetti beni in favore di Ottone III. Non è possibile escludere categoricamente l'eventualità che il documento attestante una siffatta donazione, attualmente deperdito, sia realmente esistito; tuttavia diversi fattori mi inducono a negare tale possibilità. In primo luogo, sul verso del doc. del gennaio 998, esiste un regesto, di mano dell'XI secolo, che altera i dati fondamentali del negozio riportato sul recto, travisando sia la natura dell'atto giuridico, trasformato da vendita in donazione, sia il destinatario dei beni: non più Ottone duca bensì Ottone imperatore. Così la vendita ad Ottone duca è mutata, del tutto arbitrariamente, in donatio quam fecit Liutfredus Terdonensis episcopus Ottoni imperatori in manu Ottonis ducis et advocati imperialis. L'ipotesi di una donazione nei confronti dell'imperatore, che non trova giustificazione nella documentazione a noi pervenuta, è accreditata per la prima volta in questo luogo e sembra dunque nascere da un'errata interpretazione del contenuto del doc. n. 1. E' inoltre degno di nota il fatto che il regesto si conclude con le parole que postea donatio Otto imperator monasterio Sancti Felicis tum concessit. Da ciò si desume che l'annotazione non venne compilata per caso e in buona fede, bensì con il preciso scopo di fornire un presupposto alla concessione di Ottone III. Lo stretto legame che intercorre fra il regesto mistificatore e la presente donazione imperiale è accentuato dalla presenza sul verso del nostro diploma, e solo di esso fra tutti i documenti dell'archivio di S. Felice, della medesima mano che aveva vergato il regesto. Una mano dunque interessata esclusivamente a stabilire un legame plausibile fra le due carte, anche a costo di distorcerne o inventarne i contenuti. Anche la vicenda della collusione in giudizio fra Ottone e Liutefredo ai danni di Riccardo e Vualdrada sembra derivare da un'interpretazione arbitraria del testo del doc. n. 1: dove questo recita: [...] ipsa intencio difinita fuit per pugna inter meus avocatus et predictus Richardus, presencia predicto domni Ottoni imperatori, il diploma aggiunge [...] omnia dedit et concessit nobis Liutefredus Terdonensis episcopus [...] nec non et propter rectum iudicium quod fecimus inter eum et Ricardum et Vualdradam. Un altro dato che avvalora la mia tesi è la stessa presenza nel tabularium di S. Felice del doc. n. 1, attestante la vendita dei beni di Liutefredo: la carta, in caso di avvenuta donazione di una seconda quota da parte del vescovo all'imperatore, non avrebbe avuto ragione di essere custodita nell'archivio del cenobio pavese, in quanto elencante una parte di beni non attinente alle vicende successive del monastero. Avrebbe invece dovuto essere conservato l'atto relativo alla donazione. Infine, un'ulteriore prova dell'inconsistenza della donazione è deducibile ex silentio dal documento n. 2. Qui, infatti, Lanfranco avvocato del Regno rivendica i diritti di Ottone III sul monastero di S. Felice contro le pretese della contessa Rolinda, e tuttavia non cita mai Liutefredo né la sua ipotetica elargizione. E' pur vero che Rolinda dichiara di rinunciare alle sue richieste in quanto nullum scriptum, nullam firmitatem nullamque racione abemus, il che lascerebbe supporre che la controparte possedesse invece almeno uno di questi requisiti, tuttavia non compare nel placito la seppur minima menzione di documenti confermanti le dichiarazioni imperiali. La somma di tali argomentazioni mi induce a ritenere che la donazione di Liutefredo non ebbe mai luogo. Da ciò consegue che il diploma qui esaminato è falso, dal momento che utilizza come presupposto proprio tale donazione. Noi effettivamente non sappiamo quando e perché i beni elencati nel doc. n. 1 pervennero al monastero di S. Felice: l'unico dato sicuro è costituito dal fatto che nel 1014 tali beni furono oggetto di una controversia che oppose il cenobio sia all'imperatore, rappresentato dall'avvocato Lanfranco, sia ai conti Berengario e Ugo, fautori di Arduino. In tale occasione venne creato il falso che servì a comprovare i diritti del monastero sui beni elencati e venne poi utilizzato come modello per il diploma di conferma elargito da Enrico II. Possiamo dunque supporre che i possedimenti di Liutefredo, venduti a Ottone duca insieme a una quota dello stesso S. Felice, con il trascorrere del tempo passarono automaticamente sotto il dominio del monastero, senza che alcuna carta sancisse tale transizione. Quando questa proprietà venne messa in dubbio, il cenobio si preoccupò di creare i presupposti per garantirsela giuridicamente e fabbricò il falso. Alcune osservazioni sono ancora da aggiungere a proposito dei beni elencati nel diploma. Essi non coincidono completamente con quelli venduti da Liutefredo ad Ottone duca: compare qui un Castronovo, menzionato dopo Quoronate, che potrebbe però essere identificato con il castro uno, citato nel doc. n. 1, sito nella corte di Cornate. Al contrario non vengono più menzionati: Bolgare e Quintano, siti nella bergamasca orientale, Concorezzo, nel milanese, Casale Vigari nel vogherese, nonché Sale, Bassignana e Berterassi nell'alessandrino. Si tratta probabilmente di possedimenti che nel 1014 non rientravano più nel patrimonio di S. Felice. Si segnalano in nota le varianti degli MGH, segnalate con la sigla S, ma non quelle del MANARESI in quanto questi pubblica l'inserto B contenuto nel doc. n. 5 anziché l'originale.
(C) In nomine sanctae et individue (a) Trinitatis. Otto tercius (1) servus apostulorum. Omnium fidelium nostrorum tam presentium (b) quam (c) et futurorum (d) noverit universitas quod nos,| ob Dei omnipotentis amorem et anime nostre remedium atque (e) ut a peccatorum nexibus absoluti veniam mereamur aeternam (f) monasterio domini et sancti Salvatoris qui dicitur Regine, in quo habetur (g) preciosum lignum sancte crucis quod temporibus | gloriosi atque victoriosi imperatoris secundi Ottonis (2) a bone memorie Benedicto (3) episcopo aeterne urbis Hierosolimis (h) inventum est, dedimus et confirmamus medietatem de duabus partibus ex castellis vel curtis seu villis | cum aldiis utriusque sexus (i) atque cum omnibus pertinenciis, nomina quorum vel quarum hec sunt: Quoronate, Castronovo, Rocca item Coronate, et castro insula que nominatur (j) Maiore infra lacum Maiore, Lexa, Valle, | Summovico, Mezanuga, Villa Bulgari, Colonaco (k), Sebiate, Passeriano, Verderio, Vedusclo (l), Salliinputeo, Tricio, Concisa, Ambreciaco, Ambeciaco, Bugenaco, Bosonaco, Curunasco, | Terrentissi, Viqueria, Pinioli, Morenise, Fanigasce, Bibliano, Sparoaria, Strisxia (m), Bavena, Cariciano, Leocarni (n), verum etiam (o) de duabus porcionis (p) medietatem, scilicet de casis et tribus capellis (q) | que sunt consecrate una in honore dei et domini Salvatoris, allia in honore sancte Dei genitricis (r) Marie (s), tercia in honore sancti Romani (t) cum curtibus vel ortibus seu pudteis ibi habentibus, que videntur | esse in civitate Papia (u) tam ad locum ubi dicitur monasterio Bernardi quamque (v) in reliquis (w) locis infra predictam civitatem; item alia curte que dicitur Stazona seu Cistelli (x) et Paniano cum servis et aldiis | utriusque sexu (y), que omnia dedit et concessit nobis Liutefredus Terdonensis episcopus (4) ob hoc quod omnipotens Deus sibi concessit victoriam nec non et propter rectum iudicium quod fecimus inter eum et Richardum atque Vualdradam (z)| ex iam (aa) prenominatis rebus. Unde hec (bb) omnia in omnibus ad utilitatem donamus, ad victum scilicet et usum monacharum Deo militantum (cc) in loco ubi ipsius crucis Domini (dd) patroci|nia haberi (ee) videntur, in quo abbaptissa domna Geppa vel sibi successure preesse dinoscuntur. Si quis igitur hoc preceptum (ff) violare aut cor|rumpere sine legali (gg) iudicio temptaverit, componat centum libras auri cocti, medietatem camere nostre (hh) et medietatem predicte | abbaptisse (ii) domne Geppe suisque successuris, ipseque violator et huius (jj) precepti contemptor (kk) anathemate perhemni sit constrictus et cum omni | maledictione (ll) que in novo aut in veteri testamento habetur perhenniter interemptus. Et ut traditio firma permaneat (mm) | hac (nn) paginam manu propria roborantes (oo) insigniri precepimus.
Signum domni Ottonis (M) cesaris invicti.
Heribertus (pp) cancellarius vice Vuiligisi archiepiscopi recognovit (qq).
Data .XI. (rr) kalendas decembris (ss), anno dominice incarnacionis .M. primo, indictione .XV., anno tercii Ottonis regnantis (tt) .XVII., imperii .V. Feliciter. Actum (uu) Ravenne.

(a) A indue.
(b) B presencium.
(c) A qam.
(d) B fucturorum, con -t- corr. da altra lettera.
(e) B adque qui e nei casi seguenti.
(f) B eternam qui e nei casi seguenti.
(g) B abetur qui e nei casi seguenti.
(h) B Gerosolimis.
(i) cum --- sexus su rasura.
(j) -o- nel sopralineo.
(k) B Quolonaco.
(l) B Vedussclo.
(m) B Strissxia.
(n) B Leucarni.
(o) verum su rasura, come pare.
(p) Così AB.
(q) scilicet --- capellis su rasura.
(r) B genetricis.
(s) B Marie, omettendo la e qui ed in tutti i casi seguenti.
(t) -o- corr. da e.
(u) -a corr. da e.
(v) La prima u corr. da a.
(w) -s corr. da i.
(x) S Castelli.
(y) utriusque sexu su rasura.
(z) eum --- Vualdradam su rasura.
(aa) B eciam al posto di ex iam.
(bb) B ec qui e nei casi seguenti.
(cc) Così A.
(dd) -o- corr. da n.
(ee) B -nia aberi su rasura.
(ff) A prereceptum.
(gg) B -i corr. su e.
(hh) Segno abbr. superfluo su -re.
(ii) A abbaptis.
(jj) In B la prima u nel sopralineo.
(kk) B contentor.
(ll) B maledicione.
(mm) B permanead.
(nn) Così.
(oo) B roboramtes.
(pp) B Eribertus.
(qq) -n- aggiunta in corsivo fra g ed o.
(rr) B undecimo, così come tutti i numeri seguenti, scritti in lettere anziché in cifre romane.
(ss) B december.
(tt) B regnante con -e nel sopralineo.
(uu) Segue rasura di una lettera.

(1) Ottone III di Sassonia (983-1002).
(2) Ottone II di Sassonia (973-983).
(3) Benedetto VII (974-83).
(4) Cf. doc. n. 1.
Edizione a cura di Marina Milani
Codifica a cura di Andrea Bedina
6

Preceptum concessionis et confirmationis

1014, Pavia.

Enrico II imperatore conferma al monastero di S. Felice e S. Salvatore, detto della Regina, i beni appartenuti a Liutefredo, vescovo di Tortona, e concessi al monastero da Ottone III: tali beni, usurpati da Berengario ed Ugo conte, solo recentemente sono stati riconquistati dal monastero tramite duello avvenuto in presenza dell'imperatore stesso. Inoltre Enrico concede al monastero i seguenti possedimenti: cascina Melone, V i l l a R e g i n e, P a v a r i a n a, Costa Caroliana, S u a i c h o, Zinasco, L u l i a c o, una cappella consacrata a S. Salvatore sita in Piacenza, C i m i l i a n o, M e r o g i a, M a n o n a t e, Ghislarengo con una cappella dedicata a s. Desiderio, Calliano, Moncalvo, Pogliano, Z u r r i n g o, B e l b a, V u i d a, L i c i a n o, V e d o r i, Q i n t i n a r i, Cercenasco, R o v a g l o, Soave, P e t r o n i a t e, V i s i a s c a, V a l c i n a s c a, C a l v o n i g o, Fenile, Druento, T r i d i d o, Senna Lodigiana, una cappella consacrata a s. Pietro sita in Castellazzo di Lambrinia.
Originale, ASMi, MD, cart. 12, n. 77 [A].Nel verso solo annotazioni moderne, fra cui: sigla A, sigla B, segnature archivistiche n. 3, n. 1 e regesto del 1708.

MURATORI, Antiquitates Italicae, III, col. 639; MGH, D He II , n. 302, p. 375.

La pergamena, usurata lungo le antiche piegature, presenta alcune lacerazioni lungo le stesse. Macchie di umidità diffuse soprattutto in prossimità dei margini destro e sinistro. Rigatura a secco. Lungo la plica inferiore è fissato il laccio di cuoio cui era assicurato il sigillo ora deperdito. Benché nel diploma si parli di un duello avvenuto in presenza dell'imperatore e vinto dal monastero, nel placito del 1014 maggio 7 (doc. n. 5), in cui si dirime la questione fra Eufrasia, badessa di S. Felice, ed i germani Berengario ed Ugo, non esiste alcun accenno a tale duello che dunque dovette svolgersi in altra data. Ritengo che Villa Regine, Suaichum, Pavariana e Luliacum fossero località situate nel pavese, dal momento che gli altri tre toponimi identificati in questo primo gruppo di beni elencati appartengono a tale area. Fra questi Meroni identificabile, alla luce delle carte posteriori, con cascina Melone, nel comune di Rognano, viene erroneamente collocato dagli MGH presso Como. In TOSCANI-MILANI, Regesto degli atti, p. 21, viene menzionata una Pavarana sita nel territorio di Gambarana. Successivamente il diploma menziona una cappella sita in Piacenza, quindi tre luoghi (Cimilianum, Merogia e Manonate)di dubbia collocazione: potrebbero situarsi nel piacentino, ma anche in Piemonte, dal momento che ad essi segue una lunga lista di toponimi di area pedemontana. Fra questi, alcuni sono stati identificati con relativa facilità, per altri invece è stata necessaria una ricerca più approfondita. E' questo il caso di Polianum, identificabile con quel Pogliano, citato da SETTIA, Chiese, strade e fortezze, passim, e situato presso Moncucco, nell'astigiano. Zurringo, cf. SETTIA, Monferrato, pp. 18-19, è luogo non più esistente, attestato in altri documenti, ed anticamente sito presso Scandeluzza (At). Sempre in SETTIA, Monferrato, p. 44, è menzionato un "richo qui dicitur Belba", l'odierno torrente Belbo: il toponimo Belba qui citato probabilmente indicava una località sita presso il corso d'acqua. Vuida può forse coincidere con Vauda Canavese, in provincia di Torino (cf. OLIVIERI, Dizionario di toponomastica piemontese, p. 360). Vicosuave è invece da identificare con Soave presso Barge, Cuneo (cf. SERRA, Continuità nel medioevo, pp. 99, 125). Gli ultimi toponimi citati, Senna e Montemalum, ci riconducono ai confini fra Lombardia ed Emilia, presso il Lambro. Sull'identificazione di Montemalum con Castellazzo di Lambrinia cf. CASTAGNETTI-LUZZATI-PASQUALI-VASINA, Inventari altomedievali, p. 33, nota 3.
(C) In nomine sancte (a) et individue Trinitatis. HEINRICUS (b) divina favente gratia Romanorum imperator (1) augustus. Omnium fidelium nostrorum tam presentium quam et (c) futurorum noscat industria quod concedimus atque confirmamus pro anime nostre remedio | monasterio Sancti Salvatoris qui (d) dicitur Regine medietatem (e) de duabus partibus tam de castellis quam de curtis seu villis cum aldiis utriusque sexus atque cum omnibus pertinentiis, nomina quorum hec sunt: Coronate, Castronovo (f), Rocca (g) item Coronate et castro insula (h) que (i) nominatur Maiore infra lacum | Maiorem (j), Lexa, Valle, Summovico, Mezanuga, Villa Bulgari, Colonaco, Sebiate, Passeriano, Verderio, Vedusclo, Salliinpudteo, Tricio, Concisa, Ambreciaco, Ambeciaco, Bugenaco (k), Bosonaco, Curunas, Terrentissi, Viqueria, Pinioli, Morenise (l), | Fanigasce (m), Bibliano, Sparoaria, Strixia, Bavena, Cariciano, Leocarni, verum etiam (n) de duabus (o) porcionis medietatem, scilicet de casis (p) et tribus capellis que sunt consecrate una in honore dei et domini Salvatoris, alia (q) in honore sancte Dei genitricis Marie, tercia | in honore sancti Romani, cum curtibus vel ortibus seu pudteis ibi habentibus que videntur esse in civitate Papia tam ad locum ubi dicitur monasterio Bernardi quamque (r) in reliquis locis infra predictam civitatem; item alia curte que dicitur Staszona (s) seu Cistelli et Paniano (t) | cum servis et aldiis utriusque sexu (u). Que omnia dedit domno OTTONI (v) tercio imperatori Liutefredus Terdonensis episcopus et idem domnus Otto pro anime sue remedio concessit preceptum (w) prefato monasterio (2), sed, eo defuncto, omnia (x) invaserunt Berengarius (y) et Hugo comes, que etiam (z) | ante nostri presentiam per pugnam devicit (aa) divina auxiliante gratia in Papiensi palacio prefatum monasterium, Eufraxia abbaptissa (bb) eius (cc) studente Providentie. Nec non etiam cum his concedimus illi (dd) et alias cortes et villas quas a nostris precessoribus preceptali securitate (3) | vel alico modo adquisivit (ee), videlicet: Meroni, Villa Regine, Pavariana, Caluliani, Suaicho (ff), Ginasco, Luliaco, in Placencia (gg) capella que est consecrata (hh) in honore Dei et domini Salvatoris cum omnibus suis pertinentiis, Cimiliano, Merogia, Manonate, | Gislaringo cum capella que est consecrata in honore sancti Desiderii (ii), Cliano, Montecalvo, Poliano, Zurringo, Belba, Vuida, Liciano, Vedori, Qintinari (jj), Circinasco, Rovaglo, Vicosuave, Petroniate, Visiasca, | Valcinasca, Calvonigo, Fenile, Durvento, Trisdido, Senna, in Montemalo capella (kk) una que est consecra ta in honore sancti Petri cum omnibus rebus suis. Quapropter notum sit catholicorum (ll) fidelium quod si quis violator huius precepti estiterit, quod | minime credimus (mm), prenoscat se compositurum auri purissimi libras centum, medietatem (nn) regie camere et medietatem monasterio iamdicto, et insuper anathematis iaculo damnandum veteri ac novi testamenti. Et ut huius | precepti pagina inconvulsa permaneat, manu propria roborantes nostri sigilli eam insigniri precepimus.
Signum domni Heinrici serenissimi (M) et invictissimi imperatoris augusti.
Heinricus cancellarius vice Everardi episcopi (oo) et archicapellani (pp) recognovit.
Datum anno dominice incarnationis .M°XIIII°., indictione .XIIa., anno vero domni Heinrici imperatoris augusti regnantis .XII°., imperii eius .I°. Actum Papiae (qq). Feliciter amen.

(a) B sancte con e priva di cediglia qui e in tutti i casi successivi.
(b) B HNRICUS.
(c) A qam e.
(d) B quod.
(e) Fra la seconda e e la prima t una lettera erasa.
(f) A Cstronovo.
(g) B Rucca.
(h) B insule.
(i) B quod.
(j) B Maiore.
(k) -c- corr. da t.
(l) B Morenissi.
(m) -c- corr. da v. B Fanigase.
(n) A eiam qui e nel caso seguente. B Verveia anziché verum etiam.
(o) -b- corr. da d.
(p) A: -a- nel sopralineo. B certis.
(q) -i- corr. da altra lettera.
(r) B: -a- corr. da q.
(s) B Stasçona.
(t) In B de Pomario al posto di et Paniano.
(u) B sexus.
(v) Dopo la prima t segue o espunta. In B Ottoni è scritto in lettere allungate.
(w) B preceptu.
(x) B om. defuncto omnia, lasciando uno spazio di nove lettere.
(y) B Berengerius.
(z) In B qui ea al posto di que etiam.
(aa) B devincit.
(bb) B abbatissa.
(cc) B ei.
(dd) B illis, omettendo il successivo et.
(ee) B acquisivit.
(ff) In B -h- corr. da l.
(gg) B Placentia.
(hh) A csecrata senza segno abbr.
(ii) Segue rasura dell'estensione di quindici lettere.
(jj) B Quitinari.
(kk) Tra c- ed -a- asta verticale, abbozzo erroneo del successivo p. In B cape- ripassato da altra mano.
(ll) -a- corr. su i.
(mm) B credivimus.
(nn) Segue c, anticipazione erronea del successivo camere, espunto. In B segue c.
(oo) B Ever archiepiscopi.
(pp) B archicancellarii.
(qq) B Papie.

(1) Enrico II di Sassonia (1014-1024).
(2) Cf. doc. n. 3.
(3) Non si sono reperiti i documenti relativi.
Edizione a cura di Marina Milani
Codifica a cura di Andrea Bedina
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Notitia pro securitate

1014 maggio 7, Pavia.

Nel placito tenuto in presenza di Enrico II imperatore da Ottone, conte di palazzo e conte del comitato di Pavia, Eufrasia, badessa del monastero di S. Salvatore, S. Giorgio e S. Felice, detto della Regina, insieme a Pietro, detto anche Sicherio, notaio e suo avvocato, ottiene che Lanfranco, giudice ed avvocato dell'imperatore e del Regno, riconosca la validità di un diploma concesso al monastero da Ottone III, rinunciando a qualsiasi pretesa sui beni elencati in tale diploma. Inoltre Eufrasia ottiene che anche i germani Berengario prete ed Ugo conte, del fu Sigefredo conte, riconoscano tale possesso e rinuncino alle loro rivendicazioni sopra i detti beni.
Originale, ASMi, MD, cart. 12, n. 73 [A].Nel verso, annotazione dell'XI secolo, forse della stessa mano che ha apposto le correzioni nel testo (cf. note (h), (k), (l)) Noticia quod refudaverunt Ugo comes et Berengarius presbiter | germanis; annotazioni moderne, fra cui: sigla G, segnature archivistiche n. 7 e n. 33 e regesto del 1708.

MURATORI, Antichità Estensi, I, p. 110; MORIONDO, Monumenta Aquensia, II, col. 294, n. 9, (parziale); MULETTI, Memorie storico-diplomatiche, I, p. 344; MGH, D He II, n. 299, p. 369; MANARESI, I placiti, II, parte II, n. 283, p. 530.

La pergamena, usurata lungo le antiche piegature, presenta profonde rosicature lungo la piega mediana, nonché lungo i margini destro e sinistro. Alcune leggere macchie di umidità. Le sottoscrizioni dei giudici Ebbo ed Amizone sono seguite da note tachigrafiche identificate sulla base di SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, rispettivamente nn. 33 p. 46 e 13 p. 43. Il giudice Sigefredo sottoscrive anche in greco. Sulla sua sottoscrizione e sul significato dell'uso di lettere greche cf. SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, pp. 15-16. Circa il contenuto cf. nota introduttiva al doc. n. 3. Su Ugo e Berengario, figli del conte Sigefredo, cf. MURATORI, Antichità Estensi, I, p. 113. Si forniscono in nota le varianti dell'edizione Manaresi (M) e non quelle degli MGH in quanto questi, non avendo reperito l'originale, presentano la trascrizione che di esso fornì il MURATORI nelle Antichità Estensi.
(SN) Dum domnus Einricus (1) serenisimus imperator ad inperialem dignitatem preeset in laubia publica noviter edificata iusta palacio uius Regni (a) da (b) parte aquilone (c), ibique in eius presencia in iudicio adesse domnus Otto comes palacii et comes uius comitatu Ticinensis iusticiam faci|endam ac deliberamdam, adesse cum eo Arnaldus Ravanensis archiepiscopus (2), Rainaldus uius Ticinensis (3), Petrus Novariensis (4) episscopi, Otbertus et Anselmus germanis marchionibus, Albericus iudex et missus ipsius domni imperatoris, Armannus, Lanfrancus, Ebbo, Gisufus, Sigefredus, Geronimus, Adel|bertus, Vualpertus, Tado, Bonusfilius, Giselbertus et Amizo iudices sacri palacii et reliqui plures. Ibique eorum veniens presencia Eufrasia, abatissa monesterio domini Salvatoris et Sanctorum Gerorgii et Felici (d), qui nucupatur Regine, una cum Petrus qui et Sikerius, notarius avocato suo et ipsius (e) monesterii, | et ostenserunt ibi preceptum unum ubi continebatur in ea ab ordine sicut ic subter legitur: ...(5). Erat preceptum ipsum manum propria predicto quondam (f) Ottoni imperatoris firmatum et ab | eo annullo sigilatum. Preceptum ipsum ostensum et ab ordine lectum, interrogati sunt ipsi domna Eufraxia (g) abbatissa et Petrus qui et Sikerius, notarius avocato suo et ipsius monesterio, pro quit preceptum ipsum ibi ostenderent, quit dixerunt: 'Vere ideo preceptum istum ic vestri ostensimus presencia ut ne silens aparead et nunc medieta|tem de duas porciones de cumtas cortes, castras, capellis, adque rebus omnibus quibus sunt poxitis in locas et fundas Coronate, Castronovo, Rocca item Coronate, castro insula que nominatur Maiorem infra lacum Maiore, Lexa, Valle, Summovico, Mezanuga, Villa Bulgari, Colonaco, Sebiate, Paseriano, Verderio, | Vedussclo, Salliinputeo, Tricio, Concisa, Ambreciaco, Ambeciaco, Bugenaco, Bosonaco, Curunassco, Terentixi, Viqueria, Pinioli, Morenise, Fanigasce, Bibliano, Sparoaria, Strisxia, Bavena, Cariciano, Leucarni et infra anc civitate Papia casis et tribus capellis que sunt consecrate una in onore dei et | domini Salvatoris, alia in onore sancte Dei genitricis Marie, tercia in onore sancti Romani, cum curtibus, ortis, puteis, que iacent tam ad locus ubi monesterio Bernardi dicitur quamque in (h) reliquas locas infra ista civitate seu foris anc urbem in locas et fundas curte qui dicitur Stazona, Cisstelli et in Paniano, cum medietatem de duas porcio|nes de servis et aldiis utriusque xexu ad ipsis rebus pertinentibus que in istum legitur preceptum, a parte ipsius monesterii abemus et detinemus ad usu et victu moneharum sicuti in istum legitur preceptum (i). Et si quislibet omo adversus nos aut (j) pars ipsius monesterii exinde aliquit dicere vult, parati sumus cum eo exinde in racione standum et legitime fini|endum et, quod plus est, querimus ut dicat iste Lanfrancus, iudex avocati predicti domni imperatoris et uius Regni, qui ic a presens est, si preceptum istum quam ic ostensimus bonum et verum (k) est, aut si predictus bone memorie tercius Otto imperator eum fieri rogavit et firmavit vel si nobis aut pars ipsius monesterii da pars publica iam|dicta medietas de suprascriptas duas porciones de iamfactas cortes, castras, capellis adque rebus omnibus, servis, aldiis utriusque sexu contradicere aut subtraere querit, aut (l) si ita permanere vult sicut in eo legitur preceptum a non.' Cum ipsa domna Eufrasia abatissa cum eundem avocato suo et ipsius monesterii taliter retullisent, ad ec | respondens (m) ipse Lanfrancus iudex et avocatus suprascripto domni imperatoris et uius Regni disit et professus est: 'Vere preceptum ipsum quam tu Eufraxia abbatissa cum avocato tuo et ipsius monesterii ic ostensistis bonum et verum est et quondam (n) Otto tercius qui fuit imperator eum fieri rogavit et firmavit et vobis nec pars (o) ipsius | monesterio ipsa medietas de suprascriptas duas porciones ex ipsas cortes, castras, capellis, villis adque rebus omnibus ad ipsas cortes et castra seu capellis adque rebus pertinentibus que in ipsum legitur preceptum servis et aldiis utriusque sexu da mea nec pars publica non contradico nec contradicere quero, quia cum lege non posum, eo quod ad utilita|tem, usu et victu moneharum ipsius monesterio pertinent et pertinere debent cum legem et mihi nec pars publice ad abendum nec requirendum nihil pertinent nec pertinere debent cum legem, pro eo quod exinde ullum scriptum, nullam firmitatem nec scripcionem nullamque racione inde non abeo nec abere posum pro quam vobis aut pars ipsius monesterii | predicta medietas de iamfactas duas porciones de prelibatas cortes, castras, capellis adque rebus omnibus, servis, aldiis utriusque secxu contradicere aut subtraere posam, set, ut disi, ad utilitatem, usu et victu moneharum ipsius monesterio pertinent et pertinere debent cum legem iusta ipsum preceptum.' Oc actum ibi locum in eodem iu|dicio, dum ibi presens esse Berengarius presbiter et Ugo comes germanis, filii bone memorie Sigefredi qui fuit similique comes, retulit ipsa Eufraxia abbatissa cum eundem avocato suo et ipsius monesterio: 'Abemus et detinemus predicta medietas de suprascriptas duas porciones de prelibatas cortes, castras, capellis adque rebus omnibus tam ic intra hanc | urbem quamque et foris in easdem locas et fundas ut supra legitur et servis et aldiis utriusque secxu a parte ipsius monesterii, sicut supra disimus, set querimus ut dicant isti Berengarius presbiter et Ugo comes germanis si iamdicta medietas de suprascriptas duas porciones de iamfactas cortes, castras (p), capellis adque rebus omnibus, servis, aldiis utriusque | secxu que (q) in istum legitur preceptum aliquit dicere vult adversus nos aut pars ipsius monesterii aut si nobis aut pars ipsius monesterio contradicere aut subtraere querunt, a non.' Cum ipsa Eufraxia abbatissa cum eundem Petrus avocato suo et ipsius monesterii taliter retullisent ad ec ressponderunt ipsi Berengarius presbiter et Ugo comes germanis, qui et ipse Ugo | eidem Berengarii presbiter germano suo avocatus exstitit, dixerunt et professi sunt: 'Vere iamdicta medietas de suprascriptas duas porciones ex predictas cortes, castras, capellis adque rebus omnibus, servis, aldiis utriusque secxu que in suprascriptum legitur preceptum et sicuti vos ic denominastis vobis nec pars ipsius monesterii non contradicimus nec contradicere querimus quia cum le|gem non posumus, eo quod ad utilitatem, usu et victu moneharum ipsius monesterio pertinent et pertinere debent cum legem et nobis ad abendum nec requirendum nihil pertinent nec pertinere debent cum legem, pro eo quod exinde ullum scriptum, nullam firmitatem nec scripcionem, nullamque racionem inde non abemus nec abere posumus pro quam (r) vobis aut pars ipsius mo|nesterii iamdicta medietas ex predictas duas porciones de prefactas cortes, castras, capellas adque rebus omnibus, servis, aldiis utriusque secxu contradicere aut subtraere posamus, set, ut disimus, ad utilitatem, usu et victu moneharum ipsius monesterio pertinent et pertinere debent cum legem.' Et taliter se exinde ipsi germanis a parte | ipsius monesterii advuarpierunt et oblicaverunt se ipsi Berengarius presbiter et Ugo comes germanis ut, si umquam in tempore ipsi suorumque eredes ac proeredes aut eorum sumitantes personas adversus eandem Eufraxia abbatissa aut adversus pars ipsius monesterii de iamdicta medietas de suprascriptas duas porciones de iam nominatas cortes, castras, capel|las, villis adque rebus omnibus servis, aldiis utriusque secxu ad ipsam medietas de suprascripta duas porcione de iamfactas cortes, castras, villis, capellis adque rebus omnibus pertinentibus agere aut causare vel removere presumserint et taciti exinde omni tempore non permanserint, vel si aparuerit ullum datum aut factum vel colibet scriptum | quod ipsi exinde in aliam partem fecisent et claruerit, tunc oblicaverunt conponere ipsi germanis suorumque eredes ac proeredes pars ipsius monesterio aut (s) cui pars ipsius monesterio dederit dublis ipsis casis et omnibus rebus sicut pro tempore fuerint melioratis aut valuerint sub estimacione in consimilibus locis simul cum eisdem servis et aldiis, | insuper pena stipulacionis nomine, quod est multa, auro optimo uncias mille, argenti ponderas duo milia. Oc actum, ibi locum in eodem iudicio, per fusste (t) quam ipse Otto comes palacii suam tenebat manum mixit bannum ipsius domni imperatoris super eandem Eufraxia abbatissa et super eundem Petrus | notarius avocato suo et ipsius monesterio et super ipsis rebus in mancosos aurei quattuor milia, ut nullus quislibet omo eandem Eufraxia abbatissa nec pars ipsius monesterio de ipsis rebus nec familiis desvestire audead sine legale iudicio et (u) qui vero fecerit predictos quattuor milia mancosos aurei | se conpoxiturus (v) agnoscat: medietatem parte camare domni imperatoris et medietatem pars ipsius monesterii. Hic actis et manifestacio ut supra facta, rectum eorum iudicum et auditoribus paruit esse et (w) iudicaverunt ut iusta eorum altercapcione et eorum Lanfranki iudici et | avocatori et Berengarii presbiter seu Ugoni comiti germanis professione et manifesstacione ut ipsa Eufraxia abbatissa cum eundem avocato suo iamdicta medieta de suprascriptas duas porciones de iamnominatas cortes, castras, villis, capellis adque rebus omnibus, servis et aldiis utriusque sexu a parte | ipsius monesterii abere et detinere deberent ad usum et victum moneharum ipsius monesterio, et ipsi Lanfrancus iudex et avocatus seu pars publice adque Berengarius presbiter et Ugo comes germanis manerent exinde taciti et contenti. Et finita est causa et anc noticia pro securitatem pars ipsius monesterii fieri amonuerunt. Quidem et ego Ansaldus notarius sacri palacii ex iusione suprascripto comiti palacii et iudicum amunicionem scripsi. Hanno imperii predicti domni Einrici Deo propicio primo, septimo die mensis madii, indicione duodecima.
(C) Otto comes palacii subscripsi (x).
(SN) Albericus iudex et missus domni imperatoris interfui.
(SN) Armannus iudex sacri palacii interfui.
(SN) Ebbo iudex sacri palacii interfui (y).
(SN) Sigefredus iudex sacri palacii interfuit.
(SN) Geronimus iudex sacri palacii interfui.
(SN) Bonusfilius iudex sacri palacii interfui.
(SN) Amizo iudex sacri palacii interfui (z).

(a) re- nel sopralineo.
(b) -a corr. da d.
(c) -ne nel sopralineo.
(d) -l- corr. da c.
(e) A psius. M predicti.
(f) q- corr. da d parzialm. erasa.
(g) M Eufrasia.
(h) L'integrazione è attuata sulla base di M.
(i) L'integrazione è attuata sulla base di M.
(j) A au.
(k) L'integrazione è attuata sulla base di M.
(l) L'integrazione è attuata sulla base di M.
(m) A respodes.
(n) -a- nel sopralineo, di mano e inchiostro diversi.
(o) -a- corr. da altra lettera.
(p) -s corr. su c.
(q) M quod.
(r) M qua.
(s) -t nel sopralineo, di mano e inchiostro diversi.
(t) M fuste.
(u) et espunto da mano posteriore.
(v) Fra -u- ed -r- lettera erasa.
(w) Segue d erasa.
(x) La sottoscrizione è autografa.
(y) Segue in note tachigrafiche Eb-bo iu-dex.
(z) Segue in note tachigrafiche A-mi-zo iu-dex.

(1) Enrico II di Sassonia (1002-1024).
(2) Arnaldus (1014-1018), cf. SCHWARTZ, Die Besetzung, pp. 154-155. 1014-1019, cf. GAS, Series episcoporum, p. 717.
(3) Raynaldus (1008-1056), cf. HOFF, Pavia und seine Bischöfe, p. 5. 1014-1046, cf. SCHWARTZ, Die Besetzung, pp. 142-43. 1014-1046, cf. GAMS, Series episcoporum, p. 800.
1008-1046, cf. SAVIO, Gli antichi vescovi, La Lombardia, II, p. 408.
(4) Petrus III (996-1028), cf. SCHWARTZ, Die Besetzung, p. 123. 999-1025, cf. GAMS, Series episcoporum, p. 819. 999-1028, cf. SAVIO, Gli antichi vescovi, Piemonte, p. 262.
(5) Cf. doc. n. 3.
Edizione a cura di Marina Milani
Codifica a cura di Andrea Bedina
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Carta venditionis

998 gennaio 15, Pavia.

Liutefredo, vescovo di Tortona, di legge longobarda, vende al duca Ottone del fu Conone, al prezzo di trecento lire d'argento, la metà di due porzioni della c u r t i s d o m u i c o l t i l i s di Cornate, del c a s t r u m e della chiesa di S. Giorgio, nonchè di altro c a s t r u m detto R a u c a i t e m C o r o n a t e presso il fiume Adda, unitamente ai beni spettanti ai predetti c a s t r a e alla predetta chiesa, siti in Cornate, V a l l e, S u m m o v i c u m, Mezzanuga, V i l l a B u l g a r i, Colnago, Sulbiate, Passirano, Verderio, Bellusco, S a l i i n p u t e u m, Trezzo, Concesa, Imbersago, Busnago; la metà di due porzioni di beni in Curnasco, T e r r e n t i x i, Bolgare e Quintano; la metà di due porzioni di beni in C a s a l e V i g a r i, Voghera, Pignolo, M o r e n i s e, F a n i g a s i, Sale, B i b i a n u m, S p a r o a r i a, Bassignana, B e r t e r a s s i; la metà di due porzioni di beni nel c a s t r u m dell'isola Madre sul lago Maggiore, in Stresa, Baveno, Carciano, nel c a s t r u m di Lesa e nella c u r t i s L e o c a r n i; la metà di due porzioni delle chiese pavesi dedicate al Salvatore, a S. Maria e a S. Romano, nonché di altri beni all'interno della città; ed infine la metà di due porzioni di una c u r t i s in Angera e di un'altra in Cittiglio, e di altri beni in P a n i a n u m: beni tutti appartenuti alla defunta Betana, madre di Liutefredo, intorno ai quali era sorta lite fra il vescovo ed i coniugi Riccardo e Vualdrada, composta alla presenza dell'imperatore Ottone III nel p a l a t i u m di Pavia, con un duello tra l'avvocato del vescovo e il predetto Riccardo.
Copia autentica coeva alla stesura del documento, ASMi, MD, cart. 10, n. 191 [B]. Nel verso di B, di mano coeva: Donatio quam fecit Liutfredus Terdonens|is episcopus Ottoni imperatori in manu | Ottonis ducis et advocati | imperialis, que postea donatio | Otto imperator monasterio Sancti Felicis | [...] tum concessit.; numerose annotazioni moderne fra cui segnature archivistiche: E E, n. 6 n. 34. Annotazione del 1708.

MURATORI, Antiquitates Italicae, III, col. 741; DOZIO, Cartolario Briantino, p. 48, n. 39 (parziale); PORRO-LAMBERTENGHI Codex Diplomaticus Langobardiae, n. 940, col. 1652; CAVAGNA SANGIULIANI, Documenti vogheresi, p. 18, n. 3; MORONI STAMPA, Codex Helvetiae, n. 43. Regesto: Indices Muratoriani, n. 1325.
GIULINI, Memorie, II, p. 448; ROBOLINI, Notizie, II, pp. 88-89 e 291; NESSI, Memorie storiche di Locarno, p. 43; DE VIT, Il Lago Maggiore, I, parte I, passim.; MAZZI, Corografia bergomense, p. 372; LODI, Sommario della storia di Voghera, pp. 68-69; DARMSTÄDTER, Das Reichsgut, pp. 91, 148, 233; MANFREDI, Storia di Voghera, p. 80; SCHWARTZ, Die Besetzung, p. 127; GABOTTO, Per la storia del novarese, p. 32 ss.; GABOTTO, Per la storia di Tortona, pp. 74 ss.; CASALIS, Dizionario geografico, pp. 133-134; SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 481 n. 152, 482, 489; SCHNEIDER, Le origini dei comuni, p. 29 nota 109, p. 34 nota 134, 232; PAULER, Das Regnum Italiae, p. 52; SETTIA, Monferrato, p. 66; AMBROSIONI-LUSUARDI SIENA, Trezzo e le terre, pp. 179-181; MERLONE, Cronotassi dei vescovi, pp. 524-525; RADDING, The origins, passim; SERRA, Continuità nel medioevo, passim.

La pergamena, profondamente usurata lungo le antiche piegature, presenta una lacerazione nella parte centrale che rende impossibile la lettura di alcune lettere. Macchie di umidità e piccole lacerazioni diffuse. La datazione della copia si basa, oltre che su dati paleografici, sul fatto che alcuni fra i giudici che sottoscrissero la carta furono i medesimi che poi ne autenticarono l'exemplum: si tratta di Gerolimo, Ebbo, Lanfranco e Tado (l'estensore materiale dei due atti). Sui primi tre e sul periodo, a cavallo fra X e XI secolo, in cui furono attivi, cf. anche RADDING, The origins, rispettivamente p. 219 n. 263, p. 230 n. 350, pp. 218-219 n. 258. Sulle note tachigrafiche che seguono la sottoscrizione del notaio Tado cf. SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, p. 30, n. 93. Su quelle che seguono la sottoscrizione di Ebbo giudice cf. SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, p. 22, n. 33. Circa Liutefredo vescovo di Tortona (997-1001) cf. MERLONE, Cronotassi dei vescovi, pp. 524-525, il quale, rifacendosi a SERGI, Il declino del potere marchionale, pp. 486 ss., ipotizza che la famiglia di Liutefredo appartenesse a quei gruppi di potere alternativo all'interno dei distretti tradizionali dipendenti dagli Anscarici. Cf. anche SCHWARTZ, Die Besetzung, pp. 127-128, benché numerose informazioni da esso fornite risultino fondate su luoghi comuni ormai smentiti. Il MURATORI, Antiquitates Italicae, III, col. 743 ss., identifica Ottone duca, destinatario della vendita, con Ottone, figlio di Corrado duca di Lorena, duca di Carinzia e marchese di Verona, padre di Bruno, papa con il nome di Gregorio V, e zio di Ottone III. Tale identificazione è invece confutata da SERGI, Movimento signorile, p. 157 ss., il quale ritiene che Ottone duca sia figlio di Corrado Conone, a sua volta figlio di Berengario II e marchese anscarico della marca d'Ivrea. Considero questa identificazione molto più attendibile della precedente, in quanto le motivazioni addotte dal MURATORI sono piuttosto vaghe, e, soprattutto, i beni alienati sono localizzati in un'area lombardo-piemontese in cui la famiglia anscarica sembra meglio inserita di quella lorenese. Il GABOTTO, Per la storia del novarese, pp. 32 ss., ritiene Riccardo, qui citato come contendente di Liutefredo, figlio di Ildeprando di Lumellogno, e gli attribuisce il titolo di conte d'Ossola, dal momento che in un documento del 1015, edito in GABOTTO-LIZIER-LEONE-MORANDI-SCARZELLO, Le carte di S. Maria di Novara, p. 235, n. 140, egli viene definito commite Richardo. Più cauto nell'attribuirgli tale titolo è il SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 488-489, il quale definisce Riccardo un ricco possidente che, insieme alla moglie Vualdrada, della famiglia longobarda dei conti di Seprio, cadrà successivamente in disgrazia presso Enrico II per essersi schierato con Arduino. Il SERGI aggiunge che non esistono comunque prove sufficienti per ritenere Riccardo titolare di qualche comitato, né per assegnarlo ad una famiglia di detentori del comitato di Lomello o di quello di Vercelli. Secondo quanto afferma il GABOTTO, Per la storia di Tortona, pp. 75-76, i beni qui menzionati sarebbero pervenuti alla famiglia di Liutefredo in seguito all'estinzione di un ramo dei discendenti di Ermenefredo, conte di Lodi, figlio di Eremberto de comitatu Hastensi. Il conte Riccardo avrebbe partecipato alla successione a motivo della sua discendenza da Aimone conte di Vercelli; tuttavia, come affermato in precedenza, non esistono prove per sostenere l'esistenza di una simile parentela, né tantomeno di un legame di consanguineità fra Liutefredo ed i discendenti di Eremberto. I problemi di toponomastica che il documento pone non sono pochi né di poco conto. Una volta preso atto che i beni oggetto della donazione sono elencati secondo una scansione territoriale puntualmente riferita ad aree omogenee, corre l'obbligo di un esame ordinato di ciascuna di esse, sia per delimitarne i confini sia per discutere la controversa collocazione di alcuni toponimi, in particolare di quelli indicati nel regesto con il carattere spaziato.
1. Il primo nucleo di beni facenti capo al castrum di Coronate, alla chiesa di S. Giorgio (cf. Liber notitiae sanctorum, col. 142 B) e all'altro castrum qui nominatur Rauca item Coronate si estende lungo l'Adda, in grande maggioranza al di qua del fiume, in area milanese, tra Brivio (a nord) e Pozzo (a sud). Non facilmente superabili sono le difficoltà riguardanti la fisionomia di alcune località qui menzionate. Innanzitutto conviene specificare che il nome completo del castrum qui nominatur Rauca, identificato da AMBROSIONI-LUSUARDI, Trezzo e le terre, pp. 203 ss., con il castello di Trezzo, è in realtà, come risulta evidente esaminando il formulario e la sintassi del testo, castrum qui nominatur Rauca item Coronate: tale specificazione, pur non invalidando l'ipotesi di Ambrosioni-Lusuardi, la rende più problematica in quanto sembrerebbe individuare un castrum situato nelle vicinanze di Cornate. Valle è toponimo così largamente diffuso da rendere possibile, ma tutt'altro che sicura l'identificazione con Valle, nel comune di Villa d'Adda. Peraltro le ragioni geografiche che giocano a favore di tale accostamento (Imbersago è località citata nel documento, Villa d'Adda si colloca nelle vicinanze degli altri toponimi) sono le stesse che ci portano ad escludere sia Valle Averte in comune di Casatenovo sia Valle Guidino in comune di Besana (per quest'ultima segnalazione, cf. MORONI-STAMPA, Codex Helvetiae, doc. 43, nota 4). Summovico va probabilmente identificato con Sumvicum, ora scomparso, sito oltre l'Adda, nel territorio di Carvico, ancora largamente attestato nella documentazione del sec. XII (cf. MENANT, Entre Milan, p. 471, nota 1). Parrebbe da escludere, perché spostato troppo ad occidente rispetto alla zona qui considerata, l'assimilazione all'attuale Sovico, presso Seregno (MORONI-STAMPA cit. nota 5). Il toponimo Bulgari (Villa), ben presente seppure con diverse accezioni nella Padania (sulla vexata quaestio intorno alla sua origine, cf. CAVANNA, Fara, sala, arimannia, pp. 98 ss.), va certamente situato nel territorio brianzolo, e forse accostato a Villa d'Adda come suggerisce AMBROSIONI cit., p. 202; è comunque priva di fondamento la sua collocazione nel vogherese (CAVANNA cit., pp. 101-102, nota 85). Il toponimo Saliinputeum allude (cf. AMBROSIONI cit., p. 201, e p. 202, nota 182) alla presenza di un pozzo salato o a fosse collocate lungo le direttrici fluviali padane e riservate all'ammasso del sale: la sua sistemazione in una zona assai prossima a Trezzo e Cornate è credibile; il MORONI STAMPA cit., nota 13, lo identifica con Pozzo d'Adda. La sequenza delle località si chiude con i seguenti toponimi: Ambreciacum, Ambeciacum, Bugenacum, Bosonacum. Che si tratti di due località soltanto (Imbersago, frazione di Robbiate, e Busnago) sembra emergere dalla stretta parentela linguistica tra i nomi della prima coppia e quelli della seconda. Già il MORONI-STAMPA (cit., note f, g) ha sostenuto che in ambedue i casi si tratta della ripetizione in altra forma del medesimo toponimo, voluta dallo scrittore, forse già anche nell'originale, per determinare con maggiore sicurezza il sito . Ma tale prassi non trova riscontri nella documentazione. Forse, più verosimilmente, dobbiamo supporre che il rogatario pavese Tado abbia recuperato da antigrafi diversi l'elenco dei possessi del vescovo; in tal caso, essendo del tutto estraneo alla toponomastica dell'area in questione, avrebbe potuto accreditare a differenti località toponimi attestati con semplici varianti. Non si può tuttavia escludere con sicurezza, tenuto conto della larghezza con cui il suffisso -asco frequenta la toponomastica padana, che i quattro nomi, e in particolar modo gli ultimi due, si riferiscano ad altrettante località, due delle quali oggi scomparse.
2. Per quanto attiene al secondo elenco di località oggetto della donazione, nessuna ragione plausibile pare opporsi alla collocazione della prima nel circondario di Bergamo (Curunassco = Curnasco, frazione di Treviolo, cf. DEL BELLO, Indice toponomastico, p. 68) e delle ultime due nella bergamasca orientale (Bulgaro = Bolgare, cf. DEL BELLO cit. pp. 37-38; Quintanum = Quintano, frazione di Castelli Calepio, cf. MAZZI, Corografia, p. 372). Non persuade del tutto l'identificazione di Terrentixi con Terno d'Isola (cf. MORONI-STAMPA cit., nota 19), poiché la lezione attestata nel documento qui edito non trova riscontri nella pur variegata storia documentaria del toponimo fra VIII e XII secolo (cf. MAZZI cit., p. 429).
3. Del successivo elenco di località, tutte o quasi (qualche dubbio sussiste per Sparoaria) sulla destra del Po, individuate da oriente a occidente tra il territorio di Voghera e quello di Bassignana (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53), sono riconducibili ad agglomerati tuttora esistenti: Viqueria = Voghera, Pinioli = cascina Pignolo, nel territorio di Voghera a sud-est della città, Sale Roderadi = Sale: CAVANNA, Fara, sala arimannia, pp. 480 ss.; SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53) e Baseniana Grassa = Bassignana. La scelta di accreditare a Baseniana l'appellativo Grassa, invece di considerare quest'ultimo come indicatore di un sito autonomo (così MORONI STAMPA, Codex Helvetiae, n. 43, note 30 e 31), trova conforto nella menzione di una Vassinaria Grassa, quasi certamente da identificare con la nostra, in un breve nonantolano pervenutoci in copia della fine del sec. XII (Cf. TIRABOSCHI, Storia e Codice Diplomatico di Nonantola, p. 129). L'aggettivo era probabilmente usato per distinguere la località da altra omonima, situata in Val di Lemme (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53). Casale Vigari, pure menzionato nel breve di Nonantola, è località scomparsa, già collocata sulla sponda destra del Po, in prossimità dell'odierna Pinarolo (SETTIA, Il distretto pavese, nota 48). Non rimane traccia del toponimo Morenise nella documentazione superstite dell'area oltrepadana; il MANFREDI, Storia di Voghera, p. 83, lo segnala in territorio vogherese, nei contorni di Medassino: l'indicazione del valoroso storico locale trova conferma nell'inserimento del toponimo tra Pignolo (Voghera) e Fanigasi. Il sito ubi dicitur Fanigassium, pure scomparso, era in terratorio Viquerie et plebatu dicte plebis (doc. 1282 marzo 20, Voghera, in ACV, pergg., n. 9; ediz. LEGE', Le carte della cattedrale di Voghera, n. 10, p. 339). In tale luogo, che la storiografia vogherese colloca nella zona settentrionale della città, fuori porta Pareto (cf. MANFREDI, Storia di Voghera, p. 83), sorgeva la ecclesia Sancte Marie de Fanigaxio: cf. ad esempio, estimo del 1273, ACV, Registro A, (TALLONE, Le carte dell'archivio comunale di Voghera, n. 117, p. 243). Tutto lascia credere che Bibianum vada identificato con il toponimo omonimo anticamente attestato nel tortonese, nei pressi di Viguzzolo e della cascina Bedolla (Casalnoceto), (cf. LEGE'-GABOTTO, Documenti degli archivi tortonesi, n. 54, p. 95: doc. 1218 settembre 16, Tortona). Sparoaria è senza dubbio l'antica pieve della diocesi tortonese dedicata a S. Marziano, già situata nei pressi di Cambio (Gambarana), non sappiamo se sulla sponda destra o sinistra del Po che la distrusse in epoca moderna (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, note 53 e 55). La collocazione di Berterassi va individuata nella zona di Bassignana come suggeriscono i toponimi ad essa accostati qui ed in altri documenti (cf. ad esempio, SCHIAPARELLI, I diplomi di Lodovico III e di Rodolfo II, n. 4, p. 105, doc. 924 agosto 18, Pavia; cf. SETTIA, Monferrato, p. 66). Non abbiamo trovato alcuna ragione atta a corroborare la sua collocazione presso Voghera (cf. SERRA, Continuità nel medioevo, p. 177).
4. Alla sponda occidentale del lago maggiore, intorno a Stresa, rinviano i toponimi successivi: Isola Madre (castro insula que nominatur Maiore, cf. DE VIT, Il lago Maggiore, vol I, parte I, pp. 217-223 e ANDENNA, Per un censimento dei castelli, p. 315), Stresa, Baveno, Carciano (frazione di Stresa), Lesa (cf. ANDENNA cit., p. 315) Segue da ultimo il toponimo Leocarni che la storiografia più recente identifica senz'altro con la Locarno svizzera. Tuttavia le riserve a suo tempo avanzate da DE VIT a proposito di tale identificazione, anche se rigettate da SERGI, Declino del potere, p. 480, nota 146, trovano qualche conforto nello sviluppo formulare del testo che, pur nella sua tortuosità, sembra attestare una concomitanza territoriale tra Lexa Leocarni, rispettivamente qualificati come castrum e curtis. Se così fosse dovremmo per forza di cose supporre l'esistenza di una località omonima, ora scomparsa, già situata nei pressi del castrum di Lesa. Le incertezze che comunque permangono mi hanno persuaso a riportare il nome nel regesto con il carattere spaziato.
5. L'identificazione delle tre chiese, dedicate al Salvatore, a S. Maria e S. Romano, è problema tutt'altro che semplice: neppure sfiorato da HUDSON nel suo pur ampio saggio sulle chiese pavesi di fondazione longobarda e franca, fornisce elementi nuovi riguardanti gli edifici religiosi della Pavia altomedievale. L'unico dato topico fornitoci dal testo che ci permetta di localizzare con una certa approssimazione le chiese ed i beni menzionati è il riferimento al monasterium Bernardi: tale istituzione, fondata nel 976 dal conte Bernardo e dalla moglie Rolinda, conosciuta in seguito con il nome di chiesa di S. Trinità, (cf. CAPSONI, Notizie riguardanti Pavia, pp. 336-337; ROBOLINI, Notizie, II, p. 243 ss.), era situata a pochi metri di distanza dal luogo ove sorgeva S. Felice. Le tre chiese sembrerebbero dunque essere state ubicate nelle vicinanze del monastero, e ricollegabili ad esso, o forse da esso dipendenti, come attesterebbe la documentazione successiva (docc. nn. 3, 5, 6), per ragioni di contiguità. La prima chiesa menzionata dal testo, quella dedicata al Salvatore, pone un problema più complesso rispetto alle due successive, poiché la sua intitolazione la rende potenzialmente passibile di identificazione con lo stesso monastero di S. Felice, anticamente chiamato anche di S. Salvatore. Opicino de Canistris cita infatti, oltre a S. Felice, due edifici intitolati al Salvatore, ma nessuno di essi corrisponde alla chiesa menzionata dal documento: il monastero di S. Salvatore fuori le mura, fondato da re Ariperto nel VII secolo, proprio per il fatto di essere situato fuori dalla città non può essere preso in considerazione ai fini dell'indagine; la chiesa di S. Salvatore que dicitur Lianum è attestata solamente a partire dal XIII secolo (cf. GIANANI, Opicino de Canistris, p. 168). Tuttavia l'identificazione con S. Felice, anche se dal testo di Opicino non emergono altre alternative valide, è alquanto improbabile per due ragioni: innanzitutto perché i documenti parlano di una ecclesia/capella dedicata al Salvatore, e mai di un monasterium; in secondo luogo perché nei diplomi successivi (cf. docc. poco sopra cit.) questa chiesa/cappella è menzionata in qualità di dipendenza di S. Felice. Mi sembra invece più realistico ipotizzare l'esistenza di una cappella di S. Salvatore, mai citata da altre fonti, sita probabilmente nelle vicinanze del monastero e forse da esso dipendente. Per quanto riguarda la chiesa di S. Romano, Opicino de Canistris ricorda l'esistenza di due istituzioni pavesi così denominate (cf. GIANANI, Opicino de Canistris, pp. 167, 170): S. Romano Maggiore, situata nelle vicinanze dell'attuale corso Mazzini, e pertanto lontano dalla zona del monasterium Bernardi, e S. Romano Minore, di ubicazione incerta. Nell'individuazione di quest'ultimo ci soccorrono però le informazioni del PESSANI, Dei palazzi, p. 159, che collocano l'ente in porta Marenga, e per conseguenza non molto lontano da S. Felice. L'identificazione della chiesa in onore s. Romani con S. Romano Minore sembra dunque la più plausibile, anche se sono d'obbligo alcune riserve: il documento infatti localizza le tre chiese e gli altri beni pavesi tam ad locus ubi monasterio Bernardi dicitur quamque reliquas locas intra anc urbem, non permettendo di inferire con sicurezza quali edifici si trovassero effettivamente presso il monasterium Bernardi e quali invece in altri luoghi. Infine, a proposito dell'ultima chiesa, quella dedicata a s. Maria, i dati forniti dalle fonti documentarie sembrerebbero avallare un'identificazione con lo xenodochio di S. Maria Britonum: due diplomi attestano infatti la contiguità di tale xenodochio rispetto a S. Felice, nonché l'originaria, comune dipendenza dei due enti dal S. Salvatore di Brescia (diploma di Desiderio del 760 ottobre 4, in BRÜHL, CDL, vol. III, 1, n. 33, p.208; diploma di Ludovico II dell'868 aprile 28, in BENASSI, CDP, n. X, p.120.).
6. Alla sponda orientale del Lago Maggiore conduce la curtis de Stazona, sicuramente identificabile con Angera (cf. DE VIT, Il lago Maggiore, pp. 112 ss., 215, 332; BOGNETTI, S. Maria di Castelseprio, p. 396, nota 140; SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 479-482). La località, capoluogo dell'omonimo contado, non esiste più in quanto tale, essendo stata distrutta da un terremoto nel 1117 (GABOTTO, Per la storia del novarese, p. 7). L'accostamento, proposto da MORONI-STAMPA cit., nota 7, tra Cistellum e l'attuale Cittiglio, poco distante da Angera, trova conforto nelle varianti con le quali il toponimo risulta tradito nella documentazione posteriore. Dunque un Ulricus ambaxator comunis Mediolani, in due documenti del 1246 aprile 24 e 1246 aprile 28 è attestato rispettivamente come Ulricus de Cistello e come Ulricus de Citilio, (cf. BARONI, Gli atti, docc. n. 472, p. 6949 e n. 473, p. 6951). Ragioni geografiche sembrano escludere l'accostamento di Panianum a centri in provincia di Como: Pagnano, frazione di Merate, e Pagnano, frazione di Asso. Ha forse ragione il MORONI STAMPA cit., nota 8, nel supporre che si tratti di località scomparsa, sita nei pressi di Angera e di Cittiglio.
Le varianti del MORONI STAMPA sono indicate con la sigla MS.
(SN) In nomine domini dei et salvatoris nostri Iesu Christi. Tercius Otto (1), gratia Dei imperator augustus, anno imperii eius Deo propicio secundo, quinto decimo die mensis genuarii, indicione undecima. Constad me Liutefredus, episcopus sancte Terdonensis Ecclesie, qui professo sum ex nacione mea legem vivere Langobardorum, accepisem, sicuti et in presencia testium accepi, ad te domnus Otto dux, filius (a) bone memorie Cononi, argentum denarios bonos libras trecenti finitum precium pro medietatem de duas porciones de corte una domuicoltile que nominatur Coronate et de castro uno inibi abente et de ecclesia infra ipso castro constructa in onore sancti Georgii, seu et medietatem de duas porciones de casis et omnibus rebus illis seu capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas ad ipsam (b) cortem et ad eadem ecclesia pertinentibus; seu et medietatem de duas porciones de castrum qui nominatur Rauca item Coronate que est iusta fluvio Adua, et de casis et rebus seu capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas ibidem abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur ipsis casis et rebus ad ipso castro et ad predicta ecclesia Coronate seu ad iam dicto castro qui dicitur Rauca item Coronate pertinentibus tam in (c) ipsis locis et fundis Coronate et in Coronate seu in Valle, Summovico, Mezanuga, Villa Bulgari, Colonaco, Sebiate, Paseriano, Verderio, Belussclo, Saliinputeo, Trecio, Concisa, Ambreciaco, Ambeciaco, Bugenaco, Bosonaco; seu et medietatem de duas porciones de casis et rebus territoriis illis, quibus esse videntur in locis et fundis Curunassco ubi dicitur ******** (d), Cocorecio (e), Terrentixi, Bulgaro, Quintano, atque et medietatem de duas porciones de casis et rebus territoriis illis cum servis et ancillis, aldiones et aldianas seu capellis inibi abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur in locis et fundis Casale Vigari, Viqueria, Pinioli, Morenise, Fanigasi, Sale Roderadi, Bibiano, Sparoaria, Baseniana Grassa, Berterassi; verum eciam medietatem de duas porciones de casis et rebus illis et de servis et ancillis, aldiones et aldianas seu capellis inibi abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur in loco et fundo ubi dicitur Castro insola que nominatur Maiore, infra lacum Maiore, et de casis et rebus territoriis illis, servis et ancillis, aldiones et aldianas inibi abitantibus et exinde pertinentibus, quibus esse videntur in vicis et fundis Strixia, Bavena, Cariciano, et de castrum inibi constructum que (f) clamatur Lexa, Leocarni cum domuicoltilem, seu de casis et masariciis et omnibus rebus sive capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas per singolis locis ad ipsa corte et castro pertinentibus, omnia ipsa medietas de ipsas duas porciones inintegrum; seu et medietatem de duas porciones de casas illas cum areas suarum et de ecclesias tres cum areas suarum, una in onore domini Salvatoris, alia in onore sancte Dei genetricis virginis Marie, tercia in onore sancti Romani, et de curtes et ortoras seu puteis inibi abentibus quibus esse videntur intra anc Ticinense civitate tam ad locus ubi monasterio Bernardi dicitur quamque reliquas locas intra anc urbem; atque medietatem de duas porciones de corte una in loco et fundo Stazona et de alia corte in loco et fundo Cistelli, seu de castris et capellis sive de casis et rebus, servis et ancillis, aldiones et aldianas in eodem loco et fundo Paniano atque de predictis rebus per singolis locis sive casis, sediminibus seu (g) servis et ancillis inibi abitantibus et exinde pertinentibus et de castellis et ecclesiis seu capellis, sediminibus, ortis, pummiferis, clausuris, pratis, pascuis, gerbis, silvis, castaneis, stallareis, montibus, vallibus, alpibus et planiciebus, ripis, rupinis, pistregis, molandinis episcacionibus (h) in concilibis locis, que fuerunt iure et (i) proprietatem quondam Betani que fuit genetris mea, nominative ipsa medietate ex ipsas duas porciones de suprascriptas cortes et ecclesias seu capellas atque de casis et masariciis universisque rebus seu servis et ancillis, aldiones et aldianas inibi abitantibus et exinde (j) pertinentibus, umde inter me quem supra Liutefredus episcopus et Richardus seu Vualderada iugalibus intencio fuit et ipsa intencio difinita fuit per pugna inter meus avocatus et predictus Richardus, presencia predicto domni Ottoni imperatori in palacio uius Ticinensis, omnia ipsa medietas inintegrum. Que autem suprascriptam medietatem de iamdictas (k) duas porciones easdem cortes, ecclesias seu capellas atque casis, masariciis universisque rebus super (l) nominatis una cum accessionibus et ingressoras earum seu cum superioribus et inferioribus earum rerum qualiter super compreensis legitur, una cum ipsa medietatem ex ipsas duas porciones de ipsis familiis inintegrum ab ac die tibi cui supra, domni Ottoni duci, pro suprascripto argento vendo, trado et mancipo, nulli alii (m) venditis, donatis, alienatis, opnunsiatis vel traditis nixi tibi, et facias exinde a presemti die, tu et eredibus tuis aut cui vos dederitis, iure proprietario nomine, quidqui (n) volueritis sine omni mea et eredum meorum contradicione. Quidem et spondeo atque promitto me ego qui supra Liutefredus episcopus una cum meos eredes tibi cui supra Ottoni duci tuisque eredibus, aut cui vos dederitis, suprascriptam (o) medietatem (p) de iamdictas cortes et castris seu ecclesias et capellas atque casis et masariciis et omnibus rebus seu servis et ancillis, aldiones et aldianas in ipsis abitantibus vel exinde pertinentibus, qualiter super compreensis decernitur inintegrum, ab omni omine sint defensatis, quit si defendere non potuerimus aut si vobis exinde aliquit per covis genium subtraere quexierimus, tunc in dublum (q) suprascripta vendita vobis restituamus sicut pro tempore fuerint melioratis aut valuerint (r) sub estimacione ipsam medietatem de ipsis rebus in consimilibus locis cum predictis familiis et pro onore episcopati mei, nec mihi licead ullo tempore nolle quod volui set quod a me semel factum vel conscriptum est inviolabiliter conservare promitto cum stipulacione subnixa et nihil mihi ex ipsum precium aliquit redeberis disi. Actum civitate Ticinum feliciter.
Liutefredus Dei gracia episcopus in ac carta (s) vendicionis a me facta subscripsi et suprascripto precio accepi.
Gerolimus iudex sacri palacii rogatus subscripsi.
Vualtari (t) iudex domni inperatoris rogatus subscripsi.
Andreas iudex sacri palacii interfui et rogatus subscripsi.
Ebbo iudex domni imperatoris (u) rogatus subscripsi.
Lanfrancus iudex sacri palacii rogatus subscripsi.
Ego Tado notarius et iudex domni imperatoris [........] anc cartam vendicionis post tradita conplevi et dedi (v).

(a) MS filio.
(b) ipsam corr. su talem.
(c) in nel sopralineo.
(d) Nello spazio bianco si intravvedono tracce di scrittura erasa.
(e) Cocorecio depennato da mano posteriore.
(f) MS qui.
(g) seu nell'interlineo.
(h) MS e piscacionibus.
(i) et nel sopralineo.
(j) -i- corr. su altra lettera.
(k) iamdictas nell'interlineo.
(l) MS superius qui e nel caso seguente.
(m) -i corr. su a.
(n) Così.
(o) MS suprascripta.
(p) Primo gambo della seconda t corr. su l parzialm. erasa.
(q) -b- nel sopralineo.
(r) -t nel sopralineo.
(s) MS cartula qui e nel caso seguente.
(t) MS Vualto.
(u) -m- corr. da n.
(v) Seguono note tachigrafiche per Ta-do no-ta-rius.

(1) Ottone III di Sassonia (983-1002).
Edizione a cura di Marina Milani
Codifica a cura di Andrea Bedina
3

Carta commutacionis

1181 marzo 6, Brenta.

Alberto de Citilli, i fratelli Redulfo de Citilli e Guifredo, abitante nel castrum di Brenta, figli di Mezzolombardo de Citilli e nipoti di Alberto, anche a nome del loro fratello Ugo, abitante ad Azzio, danno a titolo di livello a Uberto, figlio del fu Filippo, di Clivio, metà della decima che Uberto aveva detenuto in feudo dai suddetti de Citilli e dai de Besoçallo in Ternate e Varano e in quei territori e dei diritti relativi alla decima - che insieme a quella che Uberto deteneva dai de Besoçallo corrisponde alla sesta parte della decima di Ternate - ricevendo in cambio a titolo di proprietà la metà pro indiviso di quattordici appezzamenti di terreno siti in Clivio e in quel territorio e nel territorio di Saltrio, dettagliatamente elencati e descritti, precedentemente appartenuti a Guifredo, figlio del fu Arderico de Clivi, e che Uberto aveva ottenuto da Litolfo de Viglu nella successione; Uberto pone come fideiussori Guglielmo e Armenulfo, figli del fu Masxus de Vighi, mentre Redulfo e Guifredo pongono come tale lo zio Alberto.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 195 [A]. Trascrizione del Bonomi, camicia di A. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 1011; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 27r.
Nel verso annotazione seicentesca di oggetto, data e segnatura n. 6; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCLXXXI; segnatura a matita 183.

Discreto stato di conservazione, macchie diffuse. Tracce di rigatura.
(SN) Anno dominice incarnationis millesimo centesimo octuagesimo primo, sexsto die mensis marcii, indicione quarta decima. Cartam commutacionis fecerunt dominus Albertus de Citilli et Redulfus de Citilli et Guifredus frater eius, qui abitat in loco et in castro | de Brenta, et filii quondam domini Mediilombardi de Citilli, ex eorum parte ac ex parte Ugonis fratris eorum, qui abitat in loco Aççelli, cum Uberto filio (a) cuiusdam Phillipi, de loco Clivi. In primis dederunt predicti Albertus et | Redulfus et Gufredus, ex eorum parte et ex parte suprascripti Ugonis, eidem Uberto commutatori suo, in causa commutacionis presenti die in suo iure habendum hoc est eorum partem, id est (b) medietatem pro indiviso, tocius illius decimme quam ipse Ubertus consueve|rat tenere in feudum de suprascriptis dominis de Citilli et de illis dominis de Besoçallo in loco et territorio de Trinate et de Varano et in pertinentia ipsorum locorum et cum toto illo iure quod ipsi habebant vel videtur eisdem dominis | pertinere in illis rebus quas pertinent vel pertinere debeant suprascripte decimmarie, et quam decimam suprascripti commutatores dicebant esse totam insimul (c) cum illa quam ipse Ubertus tenebat ex dominis de Besoçallo sextam partem tocius | decime de Trinate. Unde adinvicem ipsi domini receperunt ab ipso Uberto commutatore suo in eorum iure et istius Ugonis habendum hoc est medietatem pro indiviso tocius illius terre quam ipse Ubertus exscusserat per succesionem | a Litolfo de Viglu in loco et in territorio de Clivi et in illo territorio de Saltri et nominatim (d) medietatem pro indiviso de quadtuordecim petiis terre, que petie sunt de illa terra quam ipse Ubertus exigerat a suprascripto Litolfo, | et fuit hec terra (e) Guifredi filii quondam Arderici de Clivi. Prima petia iacet in territorio de Saltri et est vinea et dicitur super Sasxum, coehret ei a mane Sancti Petri, a meridie Alberici, a sero via, a monte Fomei; secunda petia | -------- et dicitur ad Saltrorum, a mane et a sero Prevosti, a meridie et a monte via; tercia pecia est ------- et dicitur ad Spadoram, a m------, a m--------; quarta pecia est ------ et dicitur ad Ronci ----------|----------; quinta est silva et dicitur ad Marencam, a mane et a meridie Sancti Petri, a sero Guifredi ser Tasxi; sexsta pecia est campus et pratum et dicitur subtus Villam, a mane Alberici, a meridie Ardicionis, a sero Prevosti; septimma pecia est pratum | et est scimiliter subtus Villam de Clivi, a mane suprascripti Uberti, a meridie Sancti Petri, a sero Lafranci; octava est campus cum arboribus et est supra Villam, a mane Uberti, a meridie Guifredi, a sero Sancti Petri; nona est campus et pratum et silva et dicitur inter Canale, | a mane Beltram, a meridie et a sero Sancti Petri; decimma petia est pratum et silva et iacet ibi prope, ab omnibus partibus est Sancti Petri; undecimma pecia est silva et dicitur ad Clericum, a mane heredum (f) Aldini, a meridie Sancti Petri, a sero Ingiçonis; duodecimma | petia est campus et dicitur ad Crucem, a mane Lafranci, a meridie via, a sero Sancti Petri; tercia decimma (g) petia est campus et dicitur ibi prope, a mane Lafranci, a meridie via, a sero Sancti Petri; quarta decimma petia est pratum et dicitur in Previgana, a mane et a sero (h) via, a meridie | heredum Aldini. His autem rebus superius dictis et commutatis, una cum superioribus et inferioribus seu cum finibus et accesionibus suis inintegrum, talliter tradiderunt inter se suprascripti commutatores adinvicem unus alteri, faciendum unaquaque pars cum eorum | heredibus et cui dederint de hoc quod supra in commutationem receperunt ipsi domini de Citilli, proprietario iure, et suprascriptus Ubertus, livellario more, quicquid volluerint sine unius alteriusque ac heredum eorum contradicione, et ad hoc tamen ut Ubertus | et eius heredes debeant tenere suprascriptam terram in feudum de suprascriptis dominis sicut tenebant (i) suprascriptam decimmam. Et ibi suprascriptus Ubertus dedit guadiam et promissit suprascriptis dominis, videlicet Alberto et Redulfo et Guifredo, ad eorum partem et ad partem istius Ugonis, | omni tempore eis et eorum heredibus et cui dederint hoc quod supra in commutacionem receperunt ab ipso Uberto ad modum emptionis defendere et guarentare ab omni contradicente persona, iure; et inde posuit fideiussores Guillielmum | et Armenulfum, filios quondam Masxi de Vighi, in pena dupli. Et predicti Redulfus et Guifredus dederunt guadiam predicto Uberto quod omni tempore suprascriptus Ugo et eius heredes semper erunt contenti in hac commutacione; et inde | posuerunt fideiussorem suprascriptum dominum Albertum, patruum suum, in obligo de solidis centum inperialium. Quia sic convenerunt inter se. Unde due carte unius tenoris tradite et scripte sunt (j). Actum intra villam de Brenta.
Signa + + manuum (k) suprascriptorum commutatorum, qui hanc cartam fieri rogaverunt ut supra.
Signa + + + + manuum (k) suprascriptorum Guillielmi et Hermenulfi, fideiussorum, et Mediolani et Iacobi Ferrarii et Dominici Vitallis de Brenta, testium.
(SN) Ego Bernardus de Varisio, iudex et missus domini Frederici inperatoris, hanc cartam tradidi et scripsi.

(a) Segue depennata h
(b) est - est nel sopralineo con segno di richiamo.
(c) Corretto da insilmul mediante espunzione della -l-
(d) Segue erasa p
(e) Segue depennato Arderici filii
(f) -dum nel sopralineo con segno di richiamo.
(g) Nel sopralineo con segno di richiamo.
(h) a sero nel sopralineo in luogo di a meridie depennato.
(i) tenebat in A.
(j) Segue espunto quia
(k) anuum in A.
Edizione a cura di Ada Grossi
Codifica a cura di Ada Grossi
21

Carta venditionis

1184 giugno 10, San Sepolcro di Ternate.

Martino detto de Puteo e Segnior de Puteo, figlio del fu Olivero Oxemascus, di Comabbio, entrambi di legge longobarda, vendono a Giovanni, monaco di S. Ambrogio e officiale della chiesa di S. Sepolcro di Ternate, un appezzamento di bosco sito nel territorio di Comabbio, ove dicesi ad Brugum, e precedentemente acquistato dai seniores di Cittiglio, al prezzo di sedici soldi di nuova moneta e pongono come fideiussore Ugo de Sado de Sancto Sepulcro.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 218 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 501; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 28r.
Nel recto tracce di una 'scriptio inferior'. Nel verso, di mano del notaio, Carta silve ad Brugum quam fecere Martinus et Seniorinus de Puteo; annotazione seicentesca di oggetto, data e segnatura n. 108; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCLXXXIV; segnatura a matita 205 2°.

Buono stato di conservazione. Tracce di rigatura.
(SN) Anno dominice incarnacionis millesimo centesimo octuagesimo quarto, decimo die iunii, indicione secunda. Carta vendicionis ad proprium | fecerunt Martinus qui dicitur de Puteo et Segnior de Puteo, filius quondam Oliveri Oxemasci, de loco Commabio, qui professi sunt | vivere lege Longobarda, in manu domni Iohannis, monachi Sancti Ambroxii et oficialis ecclesie Sancti Sepulcri site in finita | locorum Commabii et Trinate, pro precio solidorum sedecim nove monete quos ab eo confessi sunt accepisse, nominative de pe|cia una silve cum arboribus et omnibus desuper habente quam habent in territorio Commabii, ubi dicitur ad Brugum, et que fuit aquistata | a senioribus de Citilli, coheret ei a mane et a meridie et a monte ipsius ecclesie, a sero sibi reservatur; quantum ipsa silva infra | ipsas coherentias inveniri potuerit cum superiore et inferiore seu cum fine et accessione sua inintegrum in hac mane|at vendicione, ut faciat amodo ipse domnus Iohannes, ad partem ipsius ecclesie, et eius successores et cui dederit ad proprium quicquid | voluerit sine alicuius contradicione. Et promiserunt atque guadiam dederunt guarentandi ipsam silvam ab omni | persona, iure et racione; et ita posuerunt ei fideiussorem (a) Ugonem de Sado de Sancto Sepulcro, in pena dupli. Actum | loco Sancti Sepulcri.
Signa + + manuum suprascriptorum Martini et Senioris, qui hanc cartam vendicionis ut supra fieri | rogaverunt; et ipse Ugo fideiussorem extitit ut supra.
Signa + + + manuum Zanoni Otonis de Busco et Alberti Pasqualis de Oxemate et Ambroxii | Zaconis de Trinate, testium.
(SN) Ego Alkerius qui dicor Guaitamacus iudex tradidi et scripsi.

(a) fideissorem in A.
Edizione a cura di Ada Grossi
Codifica a cura di Ada Grossi
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Breve recordationis terre

1187 novembre 16.

Enrico de Domo, suo nipote Rolando, Castello de Loterio Braga e Guido figlio del fu Maggio de Laveno, massari, dichiarano quali sono i ventotto appezzamenti di terreno tra sedimi, campi, vigne e prati siti nel territorio di Cittiglio, dettagliatamente elencati e descritti, per complessivi sei iugeri, undici pertiche, sette tavole e dieci piedi, oltre a una caneva nel castello di Cittiglio, un campo e sei appezzamenti di selva e bosco, sui quali la chiesa di S. Sepolcro di Ternate percepisce il fitto.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 245 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 653; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 29r.
Nel verso, di mano del XIV secolo, Breve recordationis (recordatiis) terrarum | que fatiunt fictum ecclesia (così) Sancti | Sepulcri iacenti penes Comabio; annotazione seicentesca di oggetto, data e segnatura n. 175; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCLXXXVII; segnatura a matita 224.

Discreto stato di conservazione, modeste rosicature, lievi macchie e dilavamento dell'inchiostro. Tracce di rigatura.
(SN) In nomine Domini. Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo octuageximo septimo, .XVI. die mensis novembris, indicione sesta. Breve re|cordationis terre que reddit fictum eclesie Sancti Sepulchi reiacente (a) iusta locum Comabio, et iacet ipsa terra in loco Citi|lio et in eius territorio: prima petia est sediminis et dicitur a Domo (b) et est (c) pertica una et tabule .XIII., coheret ei a mane Marchisius | Capia, a meridie Alberti de Varixio, a sero via, a monte Sozo; secunda petia est ibidem, coheret ei a mane via, a sero flumen sive | riale, a monte via, et est per iusta mensura (d) perticas novem et dimidiam et dicitur ipsa petia in Cantono de (e) Domo (f); | tercia ibidem, a mane riale, a sero via et a monte, a meridie Rudulfi, et pertica .I. (g); quarta ibidem, a mane (h) ser Rudulfi, a meridie | terra de Cantavria, a sero Rogerii, et dicitur in Gera de Domo et est pertica .I. et tabule .XIII. (i) et est vinea; quinta est campus | et dicitur a Nove Funtane, coheret ei a mane Sancte Marie de Ca' Deserta, a meridie terra de Montebelo et (j) a sero sim|iliter, a monte Roçe de Laveno, et perticas sex et tabulas .XV.; sesta est pratum et dicitur subtus Verego, cui est a mane | Nazarii de Orto, a meridie Nuvironis, a sero Bonomati, a monte via, est pertice tres et tabule quinque; septima est | pratum ibi subtus Vergo, coheret ei a mane illorum de Vergo et (j) a meridie similiter, a monte Nuvironis (k) et (j) a sero, et est pertice | due (l) et tabule .XIIII.; octava (m) est campus et dicitur inter Duas Vias, a monte (n) et a meridie via, a mane ser Rudulfi, a sero ser | Bonifacii et est tabule .XXIII. et pedes .VII.; nona est campus et dicitur a Puteo, coheret ei a mane via de Campo Longo, a meridie | ser Bonifacii, a monte ser Rudulfi, et est pertice sex et tabula una; decima est campus et dicitur a Campo Longo, cui est | a mane et a sero via, a meridie ser Rudulfi, a monte ser Bonifacii, et est pertice due et tabule .XVI.; .XI. est (c) campus et dicitur | in Rotondo, cui est a mane ser Rudulfi, a meridie ser Mafei, a monte via, et est pertica una et tabule .II.; .XII. est | campus et dicitur ad Orbi, cui est a mane Alberti de Cani, a meridie via, a sero Sabadi de Rio, a monte bussco, et est pertica | una et tabule .XVII. et pedes octo; .XIII. dicitur ad Aira, coheret a mane via, a meridie Lafranci de Ture, a sero Guiberti, | a monte Cirioli, et est pertice tres tabula una minus; .XIIII. ibidem, a sero via, a mane Dominici de Nanto, | a meridie Rudulfi, a monte (n) Alberti Buto, et est pertica una et dimidia; .XV. ibi ad Aira, a mane Alberti (o), a meridie | Dominici de Nanto, a sero Petri, et est tabule .XX.; .XVI. est pratum et dicitur Prato de Folla, coheret ei a meridie roza Mo|rindino, a mane et a monte (p) Iohannis Marinono, a sero Iohannis de Carezo, et (q) pertice sex pedes tres minus; .XVII. est pratum de Gam|enella, coheret ei a meridie flumen et monte (r), a sero Guidonis de Roncairo, a monte Ottonis Natiga, et est pertice | novem et plus inter campum et pratum insimul tenente; .XVIII. est vinea et dicitur a Merculi, coheret ei a mane et | a meridie via, a sero Adamini, a monte Iohannis, et est pertice due et tabula una et dimidia; .XVIIII. est campus ibidem, a sero | via Robiale, a meridie via, a mane Iohannis de Orto, a monte Guidonis, et est pertica una; .XX. est ibidem a Merculi | et est vinea, a mane Alberti Arcanini, a meridie via, a sero Arnaldi, et est tabule (s) .XIII.; .XXI. ibi prope, est ei a mane | Bastani, a meridie Anrici de Domo, a sero via, et est tabule .X. pedes duo minus; .XXII. est campus et dicitur a Crota, coheret ei | a mane Nazarii (t), a meridie via, a sero Alberti de Roncario, a monte Guerinci de Orto, et est pertica una et tab|ule .XVIII.; .XXIII. est campus de Rota, coheret a meridie Iohannis de Carezo, a monte Albertus Buto, et est tabule .XII.; .XXIIII. ibi prope, | coheret ei a mane Ottonis Natiga, a monte Martini Picto (u), a meridie Otte de Caregio, et est pertice due tabule | .IIII. minus; .XXV. petia est campus et dicitur ad Arbala (v), coheret ei a mane Lafranci de Carezo, a meridie via, a sero | Guidonis, a monte via, et est pertice tres et tabule .XII.; .XXVI. petia est campus et dicitur Luvaira, coheret ei a mane (u) | via, a meridie Martini de Saxo, a sero ------, a monte busscus et silva de eadem terra, et ipse campus tantum perti|ce sex et tabule .XVIII.; .XXVII. petia est campus, dicitur a Pradeli, coheret ei a mane et a meridie et a monte via, a sero Ansermi | de Sancto Iullio, et est pertice quattuor et tabule .X.; .XX.octava petia (c) est pratum et dicitur in Cornaredo, cui est | a meridie Bergonzi, a mane et a sero (x) et a monte ser Rudulfi de Citili, et est pertica una et tabule .XVIII. et dimidia; et | item caneva una in castello de Citilli, cui est a monte via, a mane Rudulfi de Amico et partionarii | sui, a meridie murus castelli, a sero Dominici (y) et Marcadi de Nanto; et campus unus in Monte Vare | iusta casam Guilielmi de Brena; prima petia silve et bussci dicitur in Salpina Magna et Longa, | cui est a mane Rudulfi de Amico et alliorum plurium, a sero Petri de Rovoledo et alliorum plurium; secunda | petia (c) bussci et silve et dicitur in Valle Ferariza, cui coheret terra illorum de Carezo, a mane, a meridie caput | vallis, a sero Volentere et partionariorum; tertia petia silve et bussci dicitur a Cerris, cui est a mane | bussci donegale ser Redulfi (z), a meridie Iohannis de Orto, a monte Contese de Urivedo; quarta petia bussci | et silve dicitur in Taxera, cui est a mane Rogerii de Urivedo, a meridie Cazaguera (aa), a sero illorum de Rio, | a monte Alberti (bb) Achanini; quinta petia silve et bussci dicitur in Carona, cui est a mane Bonizonis, | meridie riale et (j) a sero, a monte via; sesta ibi prope, a mane Ottonis Natiga, a meridie Iohannis de Silva, a monte Iohannis | Cazola. Anricus de Domo et Rolandus nepos eius et Castellus de Loterio Braga et Guido filius quondam Madii | de Laveno, omnes suprascripti sunt massarii suprascripte terre et suprascriptam terram consignaverunt comuniter et viscisim | coram infrascriptis testibus.
Interfuerunt ibi testes Presbiter Rivanus et ser Zanonus de Caravate et Lafrancus Sabadinus de loco Coco | et ser Teitus de loco Comabio et Ugo de Sado et Ottobellus de Sancto Sepulcho.
(SN) Ego Otto notarius de Cadrezate scripsi et complevi ut supra.

(a) Così A; -te nel sopralineo.
(b) Segue depennato nel sopralineo colto
(c) Nel sopralineo.
(d) per iusta mensura: così A.
(e) in Cantono de nel sopralineo in luogo di in eraso.
(f) Segue depennato colto
(g) et pertica .I. nel sopralineo.
(h) Segue depennato rial
(i) -II- corretto da V
(j) Aggiunto successivamente dalla stessa mano.
(k) Nuvirois in A.
(l) d- corretta da t
(m) octa in A.
(n) mot senza segno abbreviativo.
(o) -l- corretta su lettera precedente.
(p) et a monte nel sopralineo.
(q) Corretto da a
(r) Così A, forse per mane (m- corretta da a).
(s) -l- corretta da i
(t) Nel sopralineo in luogo di Alberti de Roncario (-rio nel sopralineo) depennato.
(u) -c- nel sopralineo.
(v) -a- nel sopralineo in luogo di o espunta.
(w) Segue lettera dilavata all'inizio del rigo successivo, parrebbe e
(x) ser senza segno abbreviativo.
(y) Dominci in A.
(z) R- corretta da inizio di altra lettera.
(aa) Nel sopralineo in luogo di illorum de Rio depennato.
(bb) -t- corretta su precedente lettera dilavata.
Edizione a cura di Ada Grossi
Codifica a cura di Ada Grossi
53

Venditio

1189 aprile 16, Comabbio.

Balgatius detto Bianconi, di Comabbio, vende sub dupla defensione a Gisolfo figlio del fu Lafranco Legeria, anch'egli di Comabbio, un appezzamento di campo sito in quel territorio, ove dicesi in Prada, al prezzo di sei soldi di denari buoni di nuova moneta e pone come fideiussore Pietro de Logiano dello stesso luogo.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 262 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 501; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 29v.
Nel verso, di mano del notaio, Carta Gisulfi de Puteo de campo de Prada pro solidis sex de novis quod (così) fecit Balgatius Biancono; di mano trecentesca, Venditio de Comabio; annotazioni seicentesche di oggetto e data; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCLXXXIX; segnatura a matita 238.

Discreto stato di conservazione, lievi macchie e rosicature. Tracce di rigatura.
(SN) Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo octuageximo nono a), sesto decimo die mensis aprilis, indicione septima. Vendicionem ad proprium | sub dupla defensione fecit Balgatius qui dicitur Bianconi, de loco Comabio, in Gisulfum filium quondam Lafranci Legeria, | de ipso loco Comabio, pro pretio de solidis sex denariorum bonorum nove monete, quos professus est ipse Balgatius se accepisse ab ipso | Gisulfo, nominative pro petia una campi reiacente in ipso loco et in eius territorio et iacet ad locum ubi dicitur in Prada, coheret ei a mane heredum quondam Ugonis Bianconi, a meridie emptoris, a sero ser Pinamontis, a monte seniorum de Citilli, | quantus ipse campus infra ipsas coherentias inventum fuerit cum superiore et inferiore seu cum fine et accessione | in hac permaneat vendicione, ut faciat exinde a presenti die ipse Gisulfus et suus heredis (b) et cui dede|rit ut supra legitur, proprii (c) nomine, quicquid voluerit sine contradicione ipsius venditoris et sui heredis. Et insuper pro|misit ac guadiam dedit ipse Balgatius eidem Gisulfo quod defendere et guarentare habet cum suis here|dibus ipsum campum ut supra legitur ab omni homine contradicente ei et suo heredi et cui dederit, omni tempore, iure et | racione et spetialiter a coniuge sua et a nuribus suis, suis exspensis; et sic posuit ei fideiussorem | Petrum de Logiano de suprascripto loco, qui sua bona pignori obligavit in duplum ut supra. Actum suprascripto loco.
Interfuerunt ibi testes Iohannes Corna et Iacobus filius quondam Ansermi et Carlevarius de Oxemate, de loco | Comabio.
(SN) Ego Otto iudex de Cadrezate tradidi et scripsi.

(a) Segue lettera erasa.
(b) hereds in A.
(c)
propriii in A.
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55

Carta venditionis

1189 agosto 9 e novembre 10, Comabbio.

Pinamonte figlio del fu Giovanni de Solario, di Comabbio, di legge longobarda, vende sub dupla defensione a Guglielmo, officiale e ministro della chiesa di S. Sepolcro di Ternate, a nome di quella chiesa e del monastero di S. Ambrogio, un appezzamento di campo, vigna e prato con un mulino e relative pertinenze siti a Comabbio e in quel territorio, ove dicesi in Prada e a Coiri e il mulino ove dicesi in Biaxi, al prezzo di cento lire e quaranta soldi di denari buoni milanesi nuovi - di cui settantasei lire derivanti dal prezzo della vendita fatta da Guglielmo all'abate di alcuni beni a Cittiglio -, e pone come fideiussori Eneberto de Bisutio di Comabbio e Ottatius de Bussco; il 10 novembre Guglielmo, figlio di Pinamonte, con il consenso paterno conferma la vendita e pone come fideiussore il padre stesso.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 264 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 501; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 30r.
Nel verso, di mano del notaio, Carta eclesie Sancti Sepulchi quam fecit Pinamont de Comabio de petia una terre que est pratum et vinea et campus, insimul tenente cum morindino uno, pro libris centum et solidis .XL. terciolorum; annotazioni sei-settecentesche di oggetto, data e segnatura n. 112; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCLXXXIX; segnatura a matita 240.

Buono stato di conservazione, una piccola rosicatura, macchie lievissime. Tracce di rigatura.
Il dettato non è sempre corretto. Negli scioglimenti si è tenuto conto delle abitudini del notaio.
Uso dell'indizione romana. Gli usi indizionali dei notai attivi nel territorio tra Varese e il Lago Maggiore sono variabili: Otto de Cadrezate, rogatario del presente documento, utilizza nel giro di pochi anni sia l'indizione settembrina tipica dell'area milanese e di quella varesina (cfr. n. 40 del 16 novembre 1187), sia la romana (in questo documento e nel n. 64 dell'8 novembre 1192). A questo proposito si vedano anche il n. 29 del 1185, rogato da Alcherio Guaitamacus, che fa uso della romana, e il n. 81 e il n. 84 rogati da Guglielmo de Lonnate, che utilizza invece la settembrina.
(SN) Anno dominice incarnacionis millessimo centessimo octuagessimo nono, nono die mensis agusti, indicione septima. CARtam vendicionis proprietario nomine, sub dupla defensione, fecit Pinamont filius quondam Iohannis | de Solario, de loco Comabio, qui lege Langobardorum professus est vivere, in ser donum Guilielmum, oficialis ac minister eclesie (a) Sancti Sepulchi constructa in territorio ipsius loci, nomine (b) ipsius eclesie et monasterii Sancti | Ambroxii de civitate Mediolani, pro pretio de libris centum et solidis quadraginta denariorum bonorum novorum Mediolaniensium, quos professus est accepisse ab ipso se dono Guilielmo, a parte et utillitate ipsarum eclesiarum, nominative pro | petia una terre que est campus et vinea et pratum et cum muro unius morindini (c) et cum aqua et flumine et cum riva et alveo (d) et clusa et rugia ad ipsum morindinum pertinenti et cum omnibus usibus aque | sicut habet et ei pertinet ullo (e) modo, et iacet ipsa petia in ipso loco Comabio et in eius territorio et dicitur in Prada et a Coiri, morindinum vero dicitur in Biaxi, in capite ipsius prati, coheret ei a mane | terra de Arzago et Gisulfi de Puteo et ser (f) Eneberti et ipsius eclesie, a meridie eclesie Sancte Marie de Comabio, a sero via ad supertotum, a monte -------------, quanta ipsa petia cum ipso morin|dino et cum omnibus usibus et utillitatibus aque ad ipsum morindinum et ad ipsam petiam terre pertinenti et cum omnibus claudendis et plantimine super se habente infra ipsas coherentias | inventum fuerit, cum superiore et inferiore seu cum fine et accessione et cum utillitate et integritate inintegrum in hac permaneat vendicione ad proprium, ita ut faciat exinde | a presenti die ipse ser donus Guilielmus et eius successor et cui dederit, a parte ipsarum eclesiarum, de suprascripta petia et murindino quicquid voluerit, proprii (g) nomine ut supra legitur, sine allicuius contra|dicione et ipsius Pinamontis suique heredis. Quidem promisit et convenit ac guadiam dedit, obligando sua bona pigori (h), ipse Pinamont eidem ser dono Guilielmo defendendi et guarentan|di cum suis heredibus suprascripta vendita qualiter superius legitur ab omni homine contradicente ei et suo sucessori et cui dederit, a parte ipsarum eclesiarum ut supra, omni tempore, iure et racione et proprie a | coniuge sua, suo dispendio, semper; et ita posuit ei fideiussores ser Enebertum de Bisutio de ipso loco Comabio et ser Ottatium de Bussco, qui inde sua bona pigori (h) obligaverunt | in duplum ut supra. Libras septuaginta et sex dantur in suprascripta emptione de vendita de Citillio quam fecit ipse ser donus Guilielmus cum abate monasterii suprascripti, secundum quod ipse dixit | mihi. Actum est hoc in ipso loco Comabio.
Signa + + manuum ipsius Pinamontis, qui hanc vendicionem ut supra fieri rogavit, et ipse Enebertus ac Ottatius, qui fideiussores estiterunt ut supra.
Signa + + + manuum ser Teiti et Guarini de Solario et Piperinis Done et Iohannis Verro et Guilielmi de Canova, de loco Comabio, et Tardivi de Sancto Sepul|cho et Ansermi de Pino, de loco Marcallo, testium. In eadem incarnacione et in suprascripto loco Comabio, decimo die novembris proximi, in presentia Rogerii de Solario, de ipso loco, | et Bertrami de Verda, de loco Trinate, Guilielmus filius ipsius Pinamontis, per suum consensum, confirmavit suprascriptam vendicionem sicut superius legitur in ser dono Guilielmo et dedit guadiam tenendi hanc cartam | firmam et idoneam omni tempore ut (i) supra eidem ser dono Guilielmo; et posuit ei fideiussorem ipsum Pinamontem patrem suum, qui sua bona pigori (h) obligavit in duplum.
(SN) EGO Otto iudex de Cadrezate et missus domini Frederici imperatoris tradidi, scripsi et complevi.

(a) ec- su rasura.
(b) nomi in A.
(c) -i corretta da o
(d) et alveo nel sopralineo.
(e) -ll- corretto su precedente scrittura erasa.
(f) Nel sopralineo.
(g) propriii in A.
(h) Così A.
(i) u in A.
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62

Cartula venditionis

1192 agosto 15, Comabbio.

Senior detto de Puteo di Comabbio, di legge longobarda, vende sub dupla defensione a Guglielmo, officiale e ministro della chiesa di S. Sepolcro di Ternate, tre appezzamenti di terreno siti nel luogo e territorio di Comabbio - un prato ove dicesi intus Polegiis, un altro appezzamento nello stesso luogo e un guastum con una noce ove dicesi a Vila - al prezzo di diciannove soldi di denari milanesi nuovi, somma derivante dalla vendita dei possedimenti della chiesa siti a Cocquio, e pone come fideiussore Gennaio detto Bosoni, di Comabbio.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 278 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 502; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 30v.
Nel verso annotazioni sei-settecentesche di oggetto, data e segnatura n. 113; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCXCII; segnatura a matita 254.

Discreto stato di conservazione, una macchia, modeste rosicature a destra. Tracce di rigatura.
La pergamena contiene nella parte inferiore il n. 63 in pari data.
Il dettato non è sempre corretto. Negli scioglimenti si è tenuto conto delle abitudini del notaio.
(SN) Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo nonageximo secundo, quinto decimo die mensis agusti, indicione decima. | Cartullam vendicionis proprietario nomine sub dupra defensione (a) fecit Senior qui dicitur de Puteo, de loco | Comabio, qui lege Longobardorum professus est vivere, in dominum Guilielmum, oficialis ac minister ecclesie | Sancti Sepulchi prope locum Comabio, a parte suprascripte ecclesie, nominative de petiis tribus terre iuris sui | iacentes in ipso loco et in eius teritorio: prima petia est pratum et dicitur intus Polegiis, coheret ei a mane | via, a meridie Petri de Logiano, a sero riale, a monte Iohannis de Solario; secunda petia iacet ibi intus Polegi|is, coheret ei a mane illorum de Bianconis, a meridie et a monte Sancti Sepulchi, a sero ecclesie Sancte Marie de loco | Comabio; tercia petia est guastum unum cum nuce una et dicitur a Vila, coheret ei a mane via, | a meridie et a monte ipsius ecclesie Sancti Sepulchi, a sero seniorum de Citillio; et propter hoc accepit ipse Senior | solidos decem et novem denariorum novorum Mediolanensium, ut professus est, ab ipso domino Guilielmo, a parte ipsius ecclesie Sancti | Sepulchi, quorum denariorum fuerunt de possesione terre ipsius ecclesie que fuit vendita in loco Coco, secundum quod ipse | dominus Guilielmus dixit; quante ipse tres petie infra ipsas coherentias inventum fuerit cum integritate | et utillitate inintegrum in hac permaneat vendicione ad proprium, ita ut faciat exinde a presenti die ipse dominus | Guilielmus et eius successor, a parte ipsius ecclesie, de suprascripta terra sicut superius legitur et cui dederit, proprii (b) nomine, quicquid volluerit | sine contradicione ipsius venditoris suique heredis. Et insuper promisit et convenit ac guadiam dedit et sua bona pignori ipse Senior eidem domino Guilielmo, a parte ipsius ecclesie Sancti Sepulchi, defendendi et guarentandi ab | omni homine contradicente ei et suo successori et cui dederit omni tempore, iure sicut supra legitur, et maxime | ab coniuge sua, suo dispendio; et ita posuit ei fideiussorem Ianuarium qui dicitur Bosoni, de ipso loco, qui | inde sua bona pignori obligavit ut supra. Actum suprascripto loco Comabio, ad ecclesiam.
Interfuerunt ibi testes ser Botus et ser Lanterius de Solario et Barza de Abiago et Balaxinus, de loco Comabio.
(SN) Ego Otto iudex de Cadrezate tradidi et scripsi.

(a) -e- nel sopralineo in luogo di precedente e che pare corretta, forse da o
(b) propriii in A.
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63

Venditio

1192 agosto 15, Comabbio.

Gisulfo de Puteo di Comabbio, figlio del fu Lanfranco Legerius, di legge longobarda, vende sub dupla defensione a Guglielmo, officiale e ministro della chiesa di S. Sepolcro di Ternate, un appezzamento di vigna sito nel territorio di Comabbio, ove dicesi in Pradale, al prezzo di quarantatré soldi di denari milanesi nuovi, somma derivante dalla vendita dei possedimenti della chiesa siti a Cocquio, e pone come fideiussore Senior detto de Puteo di Comabbio.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 313, n. 279 [A]. Regesto del 1738 in Giorgi, Registro, c. 502; del 1739 in Giorgi, Rubrica, c. 30v.
Nel verso annotazioni sei-settecentesche di oggetto, data e segnatura n. 113; riferimenti all'Exemplaria Diplomatum del Giorgi; data di mano del Bonomi MCXCII; segnatura a matita 254.

Discreto stato di conservazione, modeste rosicature a destra. Tracce di rigatura.
La pergamena contiene nella parte superiore il n. 62 in pari data.
Il dettato non è sempre corretto. Negli scioglimenti si è tenuto conto delle abitudini del notaio.
(SN) Anno dominice incarnacionis milleximo centeximo nonageximo secundo, quinto decimo die mense agusti, indicione decima. Vendicionem ad proprium | sub dupra defensione fecit Gisulfus de Puteo, de loco Comabio, filius quondam Lanfranci Legerii (a), qui lege Longobardorum professus est | vivere, in domino Guilielmo, oficialis ac minister ecclesie Sancti Sepulchi sita prope Comabium, a parte ipsius ecclesie, pro pretio | de solidis quadraginta et tres (b) denariorum novorum Mediolanensium, quos professus est accepisse ab ipso domino Guilielmo, a parte ipsius | ecclesie Sancti Sepulchi, qui fuerunt de possesione suprascripte ecclesie que fuit vendita in loco Coco et in eius teritorio, nominative | pro petia una vineę iuris sui iacente in teritorio de Comabio, ubi dicitur in Pradale, coheret ei a mane Sancti Petri de Bribia, | a meridie et sero ipsius ecclesie Sancti Sepulchi, a monte seniorum de Citillio, quanta ipsa vinea infra ipsas coherentias | inventum fuerit cum superiore et inferiore (c) seu cum fine et accessione et cum integritate et utillitate inintegrum in hac perma|neat vendicione ad proprium, sicut in carta aquisti continetur de accessio, ut faciat exinde a presenti die ipse dominus | Guilielmus, oficialis suprascripte ecclesie, et eius successor et cui dederit, proprii (d) nomine, quicquid volluerit sicut supra legitur sine contradicione | ipsius venditoris suique heredis. Quidem promisit et convenit ac guadiam dedit et sua bona pigori (b) obligavit ipse Gisulfus | venditor eidem domino Guilielmo, emptori a parte ipsius ecclesie, quod defendere et guarentare habet suprascripta vinea sicut sua | ab omni homine contradicente ei et suo successori et cui dederit a parte prefate ecclesie, omni tempore, iure ac racione, | et proprie a coniuge sua, suo dispendio, et ab alliis personis quibus foret obligata vel impilliata pro suo facto, suo dispen|dio; et sic posuit ei fideiussorem (e) Seniorem qui dicitur de Puteo, de ipso loco, qui inde sua bona pignori obligavit. Actum | loco Comabio. Interfuerunt ibi testes ser Botus et Teitus et Gisulfus eius filius ac Lanterius, qui omnes dicuntur de Solario, de loco Comabio.
(SN) Ego Otto de Cadrezate, domini Frederici imperatoris notarius, tradidi et scripsi.

(a) Corretto da Lanfrancus Legerius mediante rasura.
(b) Così A.
(c) infeiore in A.
(d) propriii in A.
(e) fideiussiussorem in A.
Edizione a cura di Ada Grossi
Codifica a cura di Ada Grossi


       Codice Diplomatico della Lombardia medievale