I Romani

La dominazione romana, che durò da noi circa otto secoli, lasciò nella Valcuvia sufficienti tracce.
   La nostra regione, abitata dapprima dai Liguri, ai quali si erano poi imposti qua e là gli Umbri e gli Etruschi, era stata verso il 400 a.C. invasa dai Galli, che gli diedero il nome di Gallia Cisalpina. Fu verso l'anno 241 a.C., dopo la prima guerra punica, che vi comparvero per la prima volta le aquile romane. Solo nell’anno 8 a.C. però i romani ebbero la completa sottomissione di tutti i popoli alpini, per opera di Augusto e dei suoi figli Druso e Tiberio.


San Biagio - Fasi edificatorie

  Era consuetudine dei romani, allorché si impadronivano di una regione, d’inviarvi dei coloni, che si insediavano nei paesi già esistenti o ne formavano dei nuovi. A questi coloni venivano assegnate parte delle terre conquistate, e parte anche ai veterani delle armate, che i Romani solevano ricompensare in questo modo per i servizi prestati alla patria.
   Molti dei nostri paesi vennero formati in questo modo, come indicano i loro nomi: da un romano Sovinnus venne Zuigno, da un Vercobius venne Vergobbio, da un Attius venne Azzio, da un Cassanius venne Cassano, da un Gemonius venne Gemonio e da un Septilius Cittiglio.
   Il ritrovamento di un insediamento romano, seppure di modesta entità, in località S. Biagio fa risalire Cittiglio a quel periodo, anche se i vari agglomerati rurali, dai quali è formato il paese, potevano già essersi formati qualche tempo prima, specialmente sulla via che percorreva la Valcuvia ai piedi dei Pizzoni di Laveno in prossimità dei corsi d’acqua. Cittiglio nasce quindi come centro agricolo e si sviluppa poco lontano dal fondo-valle, principalmente lungo il corso d’acqua secondario del torrente S. Giulio (o Rio Val Fareda) o di altri affluenti del Boesio, come le località Cascine, S. Biagio o la più distaccata Vararo.
   In Valcuvia non si sono ritrovati resti di luoghi di culto, ma solo un paio di are votive (iscrizioni romane), una di queste si trovava a S. Biagio, l’altra era innalzata sul San Martino, mentre a Laveno fu ritrovato invece un busto decifrato come quello di Titus Labienus, generale di Cesare.
   Delle due lapidi romane trovate a S. Biagio una serviva da soglia all’antichissima chiesa ed aveva la seguente iscrizione:
D. M.
T. STATI.    T. F. PRISCI
IIII  VIR  I.  H. COMO
F. C. B.
L’altra, trovata nel muro di una stalla, riportava:
....................
... IVIR  I.  D. COMO
   Queste iscrizioni, purtroppo non complete e non ancora decifrate, richiamano un’altra, che può servire per loro interpretazione, trovata a Masnago, in una lapide infissa nel muro esterno della chiesa dell’Immacolata.
   Scavando intorno alla suddetta chiesa si trovarono reliquie di un cimitero antico, nonché grosse pietre e avanzi di un muro in direzione est, indizio certo che, come si usava nei primi secoli del cristianesimo, quella chiesa aveva la facciata, come quella di S. Biagio, rivolta al detto punto cardinale.
   Questa lapide porta l’iscrizione:
I O M
T VALERIUS
CRESCENS
IIII I - D - COMO
V S L M
cioè:
I (ovi) O (ptimo) M (aximo)
T (itus) VALERIUS
CRESCENS
IIII (VIR) I (ure) D (icundo) COMO
V (otum) S (olvit) L (ibens) M (erito)
Tradotto:
A Giove ottimo massimo
Tito Valerio Crescente
uno dei quattro giusdicenti a Como
scioglie il voto di buon grado e con ragione

   Il cognome della famiglia Crescente ricorda l’epigrafe di S. Martino sopra Duno. Da notare l’ablativo Como invece del locativo, o può essere anche dativo retto da ias dicere, come nelle iscrizioni di S. Biagio. Probabilmente anche queste iscrizioni ricordano due are di quadrumviri romani, giusdicenti (magistrati) a Como, e forse Cittiglio era luogo di loro villeggiatura.

Da:
Per i titolari di magistrature civiche o di cariche e dignità equiparabili…
… Juppiter Optimo Maximo
Epigrafia e territorio, politica e società: temi di antichità romane, Volume 4
 Di Mario Pani

L VALERIUS CRESCENS, Vercelli, inizi II sec d.C.
Les élites et leurs facettes
 Di Mireille Cébeillac-Gervasoni,Laurent Lamoine

LA LAPIDE ROMANA DI VARESE

L’antichità “romana” del sito – si tratterebbe di insediamenti o di semplici consolidamenti di stazioni di galli celti forse già esistenti – è tuttora documentata ‘in loco’ da un’ara votiva dedicata a Giove infissa nella parete esterna orientale della chiesetta dell’Immacolata, quella che dà su via Bolchini. L’iscrizione, oggi illeggibile, fu decrittata sul finire dell’Ottocento da Teodoro Mommsen in occasione di un suo giro nel Varesotto. Pare si dovesse leggere così: A DIO OTTIMO MASSIMO / TITO VALERIO / CON LA MOGLIE / CINGENDO QUEST’ARA / CON ANIMO LIBERO E COME DOVEVA / SCIOGLIE IL VOTO.
Si dice, ancora, che reperti d’epoca romana (o tardo romana) esistessero a Calcinate degli Orrigoni: una lapide devozionale intitolata a Mercurio di cui però non v’è più traccia. Altri reperti – un’urna cineraria e una coppa in vetro decorata a gocce blu disposte su un’unica fila –, invece, furono trovati nel 1964 durante gli scavi per la costruzione dell’attuale chiesa parrocchiale, e sono custoditi al Museo civico di Varese. Chi fosse il Tito Valerio promotore dell’ara votiva dedicata a Giove e pervenuta fino a noi non è dato sapere. Si è ipotizzato si potesse trattare di un magistrato romano di stanza a Como. Un’altra ipotesi fatta è quella secondo la quale nella piccola area in cui oggi si eleva la chiesetta dell’Immacolata, dove un tempo fu costruita la prima chiesa di Masnago, si trovasse in tempi più antichi un tempio dedicato a Giove, che insomma si trattasse di una ‘zona sacra’. Tutto è possibile, facendo riferimento a situazioni di più di millecinquecento anni fa e di cui non esistono altre tracce documentali; l’uso di murare reperti romani nelle pareti delle chiese cristiane è del resto piuttosto ricorrente, senza che ciò rappresenti un effettivo legame consequenziale.

http://www.masnago.it/masnago.php